Capitolo 29. You are my way home

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Capitolo 29. You are my way home pt2

"You are my Destiny"

Credo di aver rischiato di svenire di nuovo mentre la mamma e il papà di Jungkook, camminando lentamente verso di lui, quasi temessero di svegliarsi all'improvviso da un sogno troppo bello per essere vero, rischiando una delusione che certo li avr...

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Credo di aver rischiato di svenire di nuovo mentre la mamma e il papà di Jungkook, camminando lentamente verso di lui, quasi temessero di svegliarsi all'improvviso da un sogno troppo bello per essere vero, rischiando una delusione che certo li avrebbe feriti ancora di più, ci guardavano con le lacrime agli occhi e i volti luminosi di gioia. Eravamo svegli, forse non in forze, ma svegli. Questo bastava a commuovere quei due, il fatto che Jungkook stesse bene e fosse stato ritrovato doveva aver riempito i loro cuori di gioia e felicità, che forse da troppo tempo non provavo più sulla loro pelle.
Le mie gambe non riuscivano più a reggere il mio peso, per cui dovetti aggrapparmi a mio padre con maggiore forza, perché sennò rischiavo di cadere per terra facendo preoccupare tutti quanti.
Ci fu un attimo di silenzio mentre Jungkook, con gli occhi lucidi e le labbra tremanti, fissava sua madre senza riuscire a dire una sola parola. Probabilmente era ancora strano per lui sapere di avere una famiglia che lo aspettava e lo cercava da tanto tempo, per cui un po' diffidava da quella nuova sensazione. Per lui era come se stesse appena conoscendo i suoi genitori, dopo tutto era molto piccolo quando fu strappato via da loro, e ricordarsene era molto difficile.
La signora Woo Young lo osservò minuziosamente, ancora a debita distanza, cercando quei dettagli di lui che lo rendevano unico al mondo, e quando rinvenne la cicatrice sulla guancia e il piccolo neo sotto il labbro, si portò una mano sulla bocca e iniziò a singhiozzare. Mentirei se dicessi di aver trattenuto le lacrime per non dovermi sentire di troppo, perché nonostante fossi a disagio, in mezzo a una situazione che non mi riguardava, fui travolto comunque da un pianto silenzioso che mi bagnò tutta la faccia. Jimin ci guardava in silenzio, passava lo sguardo da me, a Jungkook, ai suoi genitori, scossi e travolti ancora dai singhiozzi con la loro attenzione rivolta tutta al figlio, impauriti ancora di vederlo sparire di nuovo sotto ai loro occhi.
Koo piangeva, ma vidi in lui la volontà di provare a non farlo. Non so per quale motivo stesse cercando così ardentemente di sottrarsi alle sue emozioni, ma avrei tanto voluto prenderlo per mano, abbracciarlo fortissimo e dirgli che non c'era niente di male se tirava fuori da sé la commozione di aver finalmente incontrato sua madre e suo padre, ma mi mancava il coraggio e in ogni caso, se avessi fatto un solo passo, avrei ceduto.
Per tanto restammo tutti zitti, la nostra quiete era interrotta solamente dai singhiozzi della mamma di Jungkook e dei passi degli infermieri che lavoravano. A quel punto Jimin si schiarì la gola con un piccolo colpo di tosse; reggeva Jungkook tra le sue braccia piccole e calde.
«Sarebbe meglio continuare questa conversazione dentro la stanza di Jungkook. Si è appena svegliato ed è ancora in convalescenza. Deve stare quanto più a riposo.» Ruppe il silenzio il mio migliore amico.
Koo si portò una mano sul cuore, proprio il punto in cui il proiettile aveva perforato la sua pelle. Stringeva le palpebre come se provasse tanto dolore, ma cercava di nascondere anche questo. Eppure vidi le sue gambe tremare, e nonostante fossi messo male quanto lui mi preoccupai per la sua incolumità. Certo, c'era Jimin che lo sorreggeva, ma sembrava che Jungkook stesse per svenire.
«Sì, certo» riuscì a dire il signor Jeon.
Non toglieva gli occhi di dosso a Jungkook mai.
«Andiamo allora» Jimin si mosse lentamente verso l'interno della stanza.
Desideravo seguirli, ma era giusto che lasciassi loro il tempo di parlare ed emozionarsi senza doversi sentire a disagio per l'intrusione di qualcuno che era ancora esterno a quella situazione. Per tanto chiesi a mio padre di aiutarmi a tornare a letto, e stavo per allontanarmi quando sentii una stretta al polso. Mi voltai velocemente, ritrovandomi Jungkook davanti. Spalancai gli occhi constatando che si fosse liberato dalla presa del mio migliore amico per venire a fermarmi, e mi balzò il cuore in petto quando perse l'equilibrio, ma mio padre lo aiutò a rimettersi dritto aiutandolo con la mano libera.
«Resta con me» sussurrò debolmente.
Prese la mia mano e intrecciò le dita alle mie.
«Sono qui. Parla con i tuoi genitori, verrò appena avrete finito» risposi passandogli il pollice sulla guancia.
Lui scosse la testa, le sue iridi liquide mi provocarono una morsa al petto. «Tu fai parte di me. Sei parte della mia vita, e non voglio che mi stia lontano un solo attimo. Non riesco a stare tranquillo, se tu non ci sei. Persino il mio sonno è stato agitato per tutto il tempo durante queste settimane, sento la tua mancanza anche quando perdo i sensi» la sua voce tremava.
«Provo lo stesso anch'io, ma non vedi i tuoi genitori da molto tempo ed è giusto che vi lasci il tempo necessario per iniziare a vivervi.»
«No, non è così. Tu sei importante per me, e devi esserci sempre perché sennò… mi sembra di morire»
La mamma di Jungkook ci guardava con una strana emozione negli occhi. Certo, forse lei non sapeva ancora che il legame che univa me e il figlio fosse molto più grande di quanto potesse esserlo stato in passato, e scopriva solo adesso che l'amore che provavamo per l'altro superava di gran lunga la semplice amicizia, e un po' mi mise imbarazzo. Sapevo di Jungkook da un po' di tempo, in più ci eravamo anche fidanzati, e non le avevo fatto sapere nulla. E se mi odiava? Avrei dovuto dirle subito ogni cosa, senza nascondere per così tanto tempo la verità.
«Taehyung, ascoltalo.» S'intromise Jimin.
«Ma…»
«È una sua decisione» aggiunse il mio migliore amico.
Koo mi teneva stretta la mano, non la lasciò un attimo mentre ci dirigevamo in direzione della sua stanza. Jimin aiutò lui a mettersi a letto, per me ci pensò invece mio padre. Mi rivolse un'occhiata calorosa prima di lasciarmi da solo insieme a Jungkook e la sua famiglia, e con papà se ne andò anche Jimin.
Mentre le coperte mi conferivano una deliziosa sensazione di calore e relax, guardai distratto la scena che si stava presentando sotto ai miei occhi. I signori Jeon si trovavano vicino al lettino del figlio, seduti sugli sgabelli con le mani sul grembo e gli sguardi persi nel vuoto. Forse mi aspettavo un po' più festa ora che Jungkook faceva di nuovo parte delle nostre vita, ma in verità comprendevo i sentimenti di tutti, in quel momento. Kookie non riusciva a essere completamente felice per via della rivelazione che avrebbe dovuto sputare fuori riguardo il luogo da cui proveniva, e di rimando, quasi sicuramente, i suoi genitori temevano di farsi male sperando in qualcosa che forse non si era ancora del tutto realizzata. Era una situazione abbastanza particolare.
«Non so cosa dire» ruppe il ghiaccio Jungkook, parlava per la prima volta da quando i suoi erano arrivati in ospedale.
Sua madre allungò lentamente la mano verso la sua, e quando ebbe finalmente toccato la sua pelle l'emozione divenne più grande ancora, come se avesse appena constatato che non si trattava di un sogno ma della realtà.
«Non ci posso credere che sei qui e sei vivo» rispose tremando, appoggiò la testa sul grembo di Jungkook e lo abbracciò.
Lui in verità appariva abbastanza in imbarazzo e a disagio. Il suo corpo era rigido come un pezzo di legno e non ricambiò la stretta della mamma, ma lessi nei suoi occhi tanta euforia, come se si fosse appena completato il quadro e tutti i pezzi mancanti, che avevo perso durante il tragitto, erano stati ritrovati e sistemati al punto giusto, colmandone il vuoto.
Il padre gli accarezzò dolcemente i capelli, poi gli baciò la testa.
«Dove sei stato per tutto questo tempo? Chi ti ha portato via da me?» Domandò di fretta la signora WooYoung.
Gli teneva la mano tatuata sul materasso, passando dolcemente i pollici sulle nocche arrossate e sbucciate.
«Prima che io vi racconti tutto questo, c'è qualcos'altro che dovreste sapere. Riguarda la mia vita sentimentale.» Disse dal nulla.
Arrossii di colpo, nascondendomi il viso guardando da tutt'altra parte. Ma che gli prendeva? Non vedeva i suoi genitori da diciassette anni e la prima cosa di cui voleva parlare ero io? Per giunta mentre ci trovavamo nella stessa stanza?
«La tua vita sentimentale?» Domandò lei confusa.
Non la stavo guardando ma ero sicuro che si fosse voltata verso di me.
«Io non vi conosco, o almeno non mi ricordo per niente di voi. Non so che modi abbiate di ragionare, nè cosa ne pensate di certi argomenti ma è importante che voi sappiate, prima che tutto inizi, l'amore infinito che provo per il ragazzo sdraiato su quel lettino»
Sentii ulteriormente la loro attenzione su di me. Mi girai, in imbarazzo totale, e un colpo di tosse debole e fiacco mi scappò di bocca.
«Non ho alcuna voglia di litigare e discutere perché amo un ragazzo, per me la priorità è lui. Quindi prima che io parli di me, di quello che mi è accaduto e dove sono stato per tutto questo tempo… voglio che sappiate il mio orientamento e di chi sono follemente innamorato»
Il cuore rischiava di sfondarmi il petto.
«Yah, Jungkook. Non li vedi da diciassette anni e la prima cosa di cui vuoi parlare sono io?» Domandai con la faccia caldissima.
Non che non fossi felice di quello che aveva detto, ma mi sentivo veramente in imbarazzo.
«È tutto ok, Taehyung-sshi. Mi fa piacere che ci sia tu al suo fianco, ma perché non mi hai detto che l'avevi trovato? Pensavo che saresti venuto immediatamente a dirmelo» c'era una nota amara nella sua voce, sapeva di rammarico e delusione.
Abbassai lo sguardo, giocando a disagio con le mie dita senza sapere cosa dire per rimediare all'errore che avevo fatto. Era normale essere arrabbiati, avevano sofferto molto la scomparsa di loro figlio e di sicuro non doveva essere facile accettare che qualcuno di molto vicino, io in questo caso, fosse rimasto zitto riguardo alla verità.
«Volevo dirvelo, signora WooYoung ma…»
«Non è colpa sua, mamma» m'interruppe Jungkook.
Lei lo osservò minuziosamente, sembrava perdutamente innamorata di lui e sentirgli pronunciare quella parola, "mamma", le riempiva gli occhi di una nuova luce.
«Mi mancava il coraggio di venire da voi. Quando Taehyung è riuscito a convincermi non eravate in casa, poi è successo quello che è successo e non c'è stato il tempo.» Concluse.
Sua madre annuì e, anche se riluttante, fece un sospiro rassegnato. Ormai non poteva certamente cambiare il passato, l'importante era che tutti si fosse sistemato per il meglio.
«Insomma, non ci hai ancora detto che cosa hai fatto in questi diciassette anni, e soprattutto dove sei stato» cambiò discorso.
Jungkook si morse un labbro, poi si mise a massaggiarsi il petto.
«Prima ho una domanda da fare»
Sembrava che volesse perdere tempo perché non riusciva a dire di essere stato nel nord.
«Quale?»
«Taehyung mi ha raccontato che ho un fratello più piccolo. Dov'è adesso?» Chiese timidamente.
La signora WooYoung fece un sorriso molto dolce.
«Non potevo portarlo qui. L'ho lasciato a casa insieme a tua nonna. Non vede l'ora di conoscerti anche lui, comunque. È una tua piccola copia» gli spostò alcuni ciuffi ribelli da davanti gli occhi con tenerezza.
Io nel frattempo, fissando Jungkook con amore, ripensando alle sue parole, dette poco prima, mi resi conto che lui era quella via che mi portava a casa, un luogo accogliente e caldo che mi ripara dal freddo e dai pericoli. Ero grato che fossimo vivi e che potessimo viverci, era la cosa più bella del mondo.
«Sono così felice di averti ritrovato» singhiozzò la mamma di Jungkook.
Anche se a disagio, lui le passò una mano sulla spalla.
«Adesso sono qui»
«Hai sofferto tanto in questi diciassette anni, vero? Lontano dalla tua famiglia, da solo e chissà dove…»
«È stato difficile, ma quando sono arrivato qui… ho sentito di essere nel posto giusto. Non ricordavo molto del mio passato, ero troppo piccolo per farlo. Seoul è bellissima, qui è tutto diverso, mi sono sentito libero per una volta dopo diciassette anni d'inferno»
«Che cosa vuoi dire? Che cosa ti hanno fatto, Jungkook?» Domandò allarmata.
Koo iniziava a tremare per il terrore di ricordarsi il posto da cui proveniva. Si portò le mani in mezzo ai capelli, e trattenendo le lacrime si strinse forte la testa tra i palmi.
«Mamma, mi hanno portato a…» stava per dire, ma fu interrotto dall'ingresso di una ragazza mai vista prima.
«Jungkook!» Esclamò con il fiatone.
E quella chi era? Come faceva a conoscerlo?
«Sol» sussurrò lui riprendendosi.
Ma che diamine stava accadendo?
«Arriva la polizia» disse lei, facendoci spalancare gli occhi.

Ho inseguito le stelle|Taekook🦋Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora