Inferno - 32

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«Non capisco perché fai così»

«Non ho voglia di intraprendere questa conversazione adesso»

«Fino a venti minuti fa sembrava andare tutto bene...e ora ti comporti come se avermi vicino ti faccia schifo. Quindi si, credo proprio che abbiamo bisogno di parlarne adesso»

«Mi devi lasciare spazio, mi sento soffocare!»

Mi passai entrambi le mani sul viso nascondendogli la mia espressione sfessata e delusa. Non da lui, da me stessa.

«Sono giorni che non riusciamo ad avere una conversazione normale senza litigare, e non riuscire a capire perché mi sta facendo diventare matto»

«Non riesci a capire il perché? Andiamo Pan, non fingere di essere stupido» sputai sarcasticamente.

Non lo stavo guardando, ma potevo immaginare il suo sguardo offeso diventare freddo.
«Allora spiegami cosa diavolo vuoi che faccia. Tu non hai la minima idea degli sforzi che sto facendo per te»

Quasi scoppiai a ridergli in faccia per l'assurdità di quell'affermazione.
«Gli sforzi che tu stai facendo non contano niente Pan, niente. Non osare cercare di farmi credere che sia tutta colpa mia e non fingere di non sapere di cosa sto parlando»

Il suo sospiro rassegnato non mi intenerì neanche un po'.
Era andato tutto a rotoli, non avevo potuto farne a meno. Non riuscivo più a stargli vicina. Il suo odore, il suono della sua voce, il suo viso...ogni cosa di lui mi provocava un senso di disgusto che non riuscivo più a trattenere.

«Benissimo. Significa che non dovrò più provarci allora. Vuoi che torni tutto come prima? Perché stai sicura, Laila, che non mi faccio problemi a trattarti come ho fatto in passato» mi minacciò.

«Non me ne potrebbe fregare di meno di quello che fai. Trattami pure come ti pare» mormorai, mettendo fine alla discussione uscendo dalla tenda.

Non mi sorpresi quando me lo ritrovai nuovamente davanti, era tipico di Pan avere l'ultima parola.
Eppure, quello che non mi sarei mai aspettata era che mi spingesse nuovamente all'interno della tenda con una forza tale da farmi cadere.

Lo fissai con astio mentre torreggiava sopra di me con lo sguardo infuocato dalla rabbia.

«Sei un'ingrata. Ti ho trattata come una principessa e riservato innumerevoli privilegi, ma adesso basta. Adesso ti tratterò come ho fatto con tutti gli altri, è questo che vuoi?»

Mi prese per un braccio e mi tirò su di peso, stringendo fino a farmi male. Ma non osai emettere fiato. Quella soddisfazione non gliel'avrei mai data.

Perciò, a parte qualche sguardo di fuoco e dei movimenti impacciati per cercare di liberarmi, per lui non fu affatto difficile trascinarmi verso le gabbie e rinchiudermici dentro con poca grazia.

Stronzo, stronzo, stronzo!

«E risparmiati la fatica. Sono pronto a rigettarti qui dentro alter mille volte se serve» mi avvertì, bloccando ogni mio tentativo di scappare.

Non ci avrei provato in ogni caso. Ero rintracciabile sempre e comunque, quindi quando si trattava di Pan avevo capito che la cosa migliore da fare era lasciare perdere.
Quando ad un bambino viziato vengono dati dei poteri magici non c'è niente che si può fare per farlo ragionare.

Inoltre, avevo la sensazione che presto avrei avuto compagnia.
Gold aveva solo la metà del volto che spuntava da dietro un albero, e ridacchiava silenziosamente.
Beh...il mio orgoglio aveva incassato un duro colpo.

Quando, dopo tutte le minacce e gli sguardi omicidi, Pan si decise finalmente ad andarsene, Gold mi si avvicinò con la faccia di uno che vorrebbe scoppiarti a ridere in faccia ma è troppo rispettoso per farlo.

Cronache del buio - Peter PanDonde viven las historias. Descúbrelo ahora