Presumibilmente Igor stava festeggiando il natale, in quel momento. Da quanto avevo appreso, alcuni nazisti in Germania avevano cercato di eliminare la figura di Gesù, in quanto legata alla religione ebraica. Non sapevo come lui lo festeggiasse, ma ero certa che per me sarebbe stato un giorno come gli altri.

Uscii di casa e l'aria gelida riverberante mi colpì in viso. Strinsi le spalle nel misero cappotto che avevo indosso e mi incamminai. Nonostante sapessi che le strade erano infestate di soldati, l'atmosfera che si era formata in casa aveva iniziato a soffocarmi, così avevo sentito il bisogno di fare un giro. Di contemplare la neve candida ancora immune a tutto ciò che ormai pervadeva in seguito alla guerra.

 Quel giorno - fortunatamente - non dovevo prestare turni, e sapevo che se avessi rivisto altre persone morte o in fin di vita a causa dei miei tentativi vani non avrei resistito. Quello era un bene, dunque. Mi venne in mente Igor, a cui avevo preannunciato la notizia. Non ne rammentavo il motivo.

Gli alberi erano spogli delle loro foglie, trasportate precedentemente dal vento. Mostravano un aspetto malinconico, come se una parte di essi se ne fosse andata. E forse, ripensandoci, era così. 

Non alzai gli occhi su Varsavia. Sì, la guardavo, ma non prestandoci realmente attenzione. Era un città ormai percossa da edifici distrutti e rovine, e non era più come un tempo. Tempo, quella cosa crudele che mi tormentava ogni giorno.

 I ricordi una volta imperturbabili di un'esistenza quasi felice stavano svanendo veloci come la speranza nelle persone. Camminai per un altro po'. La mia mente non faceva altro che produrre nuovi pensieri, che divagavano in paranoie man mano che si formavano nella testa. Sentii dei passi svelti dietro di me, ma pensai fosse solo qualcuno che aveva fretta. 

Quando però, come una scheggia, Igor si presentò ansimante innanzi a me, per poco non caddi sul ghiaccio dallo spavento che mi procurai sul momento.

Si affrettò a porgere delle braccia per soccorrermi, ma fortunatamente mantenni l'equilibrio. Aveva le guance arrossate e il corpo tremante, ma le labbra erano piegate in un sorrisetto.

« Stai al gioco e seguimi » la sua voce non era altro che un sussurro. Annuii piano e mi guardai da una parte all'altra. Igor mi prese per le spalle e fece finta di spintonarmi, e compresi il significato delle sue parole. Tenni sempre la testa bassa, inconsapevole del luogo in cui mi stesse portando. Ma in fondo che potevo fare? Ormai sapevo cosa aveva intenzione di fare* e perché, oltretutto erano passati quasi due mesi dalla nostra conoscenza e avevo imparato a dargli una certa confidenza. Perché lui non era uno di loro. E non lo sarebbe mai stato. 

Fui ben attenta a non farci scoprire quando Igor salutava o veniva salutato, restavo rigida e con un'espressione neutra. Quando poi dinnanzi ai miei piedi arrivò una radura estremamente famigliare, capii all'istante dove mi stava conducendo*. Ma mi sorgeva una domanda spontanea:

« Come hai fatto a trovarmi? Mi stavi seguendo? » dal piccolo sospiro divertito che uscì dalle sue labbra, compresi che probabilmente aveva una delle sue spiegazioni assurde.

« Non avevo nessuno con cui festeggiare. Un po' di tempo fa, non troppo, mi avevi accennato che oggi non avevi turni, e che quindi avresti passato la giornata da sola. Giravo dalle parti di casa tua, un tenente ha iniziato a parlarmi e... » non c'era alcun bisogno di continuare la frase. Ecco perché correva come un forsennato, e perché - obbligatoriamente - senza neanche dire una parola mi aveva detto di stare al gioco.

Ecco il laghetto, questa volta ghiacciato. Se fossi stata una bambina, probabilmente avrei pattinato sul ghiaccio e avrei sfruttato l'occasione.

La neve ricopriva tutto il prato verde, ma decidemmo di sederci ugualmente sul terreno umido. Scostai i capelli dal viso, spostati costantemente sulla faccia dal vento.

« Quindi tu non...festeggi le feste con qualcuno? »

« Le sto festeggiando con te » in effetti.

« Sì, ma intendo, nessun amico o parente? » non volevo toccare un eventuale tasto dolente.

« Nessuno della mia famiglia è qui in Polonia, e neanche sotto tortura della Gestapo festeggerei una festa con quelli » certo, avrei dovuto arrivarci.

Distolsi lo sguardo dai suoi occhi azzurri e mi concentrai su un piccolo mucchietto di ghiaccio formatosi vicino al mio stivaletto consumato, una volta appartenente a mio fratello. Sentii un rumore “ambiguo” e poi la voce di Igor che richiamava la mia attenzione. In mano aveva un libro, e non potei fare a meno di assumere uno sguardo di rimprovero. Fu il suo ghigno divertito che mi fece quasi ridere.

« Non sei costretto a farmi regali » dissi.

« Lo so, ma io lo faccio comunque. Mi sembra che tu non voglia festeggiare, ma io sì. Quindi togliti quel broncio - che non ti sta proprio bene - e guarda cosa ti ho comprato » sì, sarebbe stato un gesto egoista non accettare un dono che aveva pagato con i suoi soldi. Ma mi sentivo in colpa, non volevo che utilizzasse il suo denaro per me.

Presi il libro sospirando e subito l'occhio saltò al titolo: le nozze di Manchester. La lunghezza non era elevata, infatti sembrava piuttosto breve. Guardai con gratitudine Igor, che a sua volta mi guardò sorridendo.

« Io non ho niente, pensavo che passassi il natale con altre persone...» prima che potessi finire la frase, le mani di Igor presero le mie, e sentii l'agitazione assalire in corpo. Il cuore prese a battere fugace nel petto.

« Non preoccuparti, lo so che a mala pena riesci a procurarti del cibo, e non m'importa niente del regalo. Era solo un pensiero, te lo meriti » avrei tanto voluto dire che c'erano persone che meritavano regali e affetto più di me, ma mi morsi il labbro e non dissi quelle parole ad alta voce. Poi  contrassi  le sopracciglia.

Dando una sbirciata alla trama avevo visto che recitava "una figlia con gravi malformazioni", e, da quanto sapevo, -ovviamente se quel libro fosse stato importato dalla Germania, anche perché per anni avevo setacciato la libreria dove avevo visto il libro di Jane Austen e presumevo fosse quella, non l'avevo mai trovato - trattava di una disabilità. E Hitler aveva organizzato roghi per bruciare i libri contro le sue ideologie, quindi...

« Era un vecchio libro di mia madre, sorprendentemente il suo preferito, e tu me la ricordi molto, perciò ho pensato che fosse giusto darlo a te. Me lo ha regalato quando sono partito dalla Germania, dicendomi che potevo farne quel che volevo. » la gentilezza di quel ragazzo era oltremodo smisurata verso i miei confronti. Sicuramente dalla mia espressione traspariva commozione.

Gli sorrisi con sincera gratitudine e passai il pollice sulla copertina rigida. Presa da un momentanea pazzia, mi allungai fugace verso di lui, e gli diedi un bacio sulla guancia. Dopotutto se lo meritava. 

* Igor non è un vero nazista, si è arruolato nell'esercito tedesco per rivendicare il suo migliore amico morto a causa del suo essere ebreo, e vuole rendere giustizia agli ebrei.

* Igor porta spesso Hania in una radura sconosciuta, caratterizzata da un lago e da un enorme prato verde.

Note dell'autrice
È passato davvero tanto tempo da quando ho smesso di narrare la storia di Hania. In seguito ai miei aggiornamenti sempre più rari, sono sorte delle domande sulla storia, ma ormai essa è una causa persa. Io sono una causa persa. Questa One shot è orribile, ma sentivo il bisogno di riprendere in mano i personaggi anche per una questione di dovere.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 25, 2022 ⏰

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