Ragione e Desiderio p.3 (Sam)

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Quando mi svegliai ero da solo, nudo e steso sul pavimento, con nessuna coperta a proteggermi dal freddo. I suoi vestiti erano spariti, mentre i miei erano sparsi per la stanza come li avevo lasciati. Per un momento non mi ricordai cosa fosse successo, ma il dolore al fondo schiena e i lividi su tutto il corpo mi fecero tornare subito in mente l'accaduto. La consapevolezza di aver fatto una cazzata mi invase, come la consapevolezza che le manette erano tornate ai miei polsi. Mi infilai solo i pantaloni e mi guardai intorno. A pochi metri da me c'era un sacchetto e un biglietto che non esitai a prendere. Il sacchetto conteneva del pane e una bottiglietta d'acqua, che mi scolai, sorprendendomi di essere così assetato. Il biglietto era scritto in corsivo, un corsivo delicato. "Mi hai fatto scoprire un tipo di tortura molto più piacevole, mio piccolo Sam" Volevo provare disgusto nel leggere quelle parole, ma mi ricordarono solo quanto avevo goduto a causa di quello psicopatico. Piegai il biglietto e me lo infilai in tasca accuratamente. Mi sedetti in un angolo della cella, ripensando quando disgustose fossero le azioni che avevo compiuto quel giorno. Riflettere però mi portò solo a rimuginare sul piacere incontenibile che il mio rapitore mi aveva dato. Ripensai alle sue parole, alle sue mani, ai suoi occhi. Mi sfiorai le labbra con le dita, sentendo vagamente il suo sapore. Ripensai alle sensazioni assolutamente sbagliate che provavo mentre mi minacciava. Lui voleva solo torturarmi, e ci è riuscito alla grande. Sapevo che avrei vissuto tutta la vita con la vergogna di quel giorno. Passarono diversi giorni senza avere nessun tipo di interazione con niente e nessuno. Non distinguevo più il giorno dalla notte, e presto incominciai a non distinguere più il sogno dalla realtà. Ricevevo il cibo attraverso una porticina per cani, senza che potessi mai vedere chi me lo portava. Non lo vidi più per un bel po', portandomi molta più tristezza del dovuto. Ripensavo spesso a quel giorno, e quando succedeva mi ritrovavo ad ansimare al ricordo delle sue mani fredde e abili. Mi davo piacere con il suo ricordo molto più frequentemente di quanto volessi. Più il tempo passava più mi sentivo morire. Dopo non so quanto tempo, quanti giorni o settimane dopo, la porta della cella si aprì, rivelando un agente di polizia. Venne immediatamente in mio soccorso, portandomi in ospedale. Mi dissero che stavo bene nonostante il mio aspetto davvero orribile. Mi tenerono in ospedale per un paio di giorni e mi assegnarono una psicologa. Mi dissero che avevano arrestato il mio rapitore e che adesso era in carcere. Sapevo di dover andare in tribunale a testimoniare. Lo avrei rivisto. Questa era l'unica cosa a cui riuscivo a pensare. Chiesi se prima dell'udienza potevo andare a visitarlo per verificare che fosse lui il mio rapitore. Stupidamente accettarono. E fu così che mi ritrovai davanti ad un vetro, aspettando che entrasse.

^^^^Ecco a voi la terza parte. So che questa parte non è sicuramente la più bella ma portate pazienza, manca poco alla fine. Infatti credo che la quarta parte sarà l'ultima. Spero che vi sia piaciuta questa parte. Alla prossima^^^^

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