PROLOGUE

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THE WARM FEELING OF BLUE


La vita a certe persone sembra pesare più di altre. È come un macigno, fatto di un peso indecifrabile che si posa sulla gabbia toracica e preme, preme fino a togliere il respiro. June è una di quelle persone. A lui la vita sembra andare stretta e pesa troppo, e nel petto ha un buco nero, una voragine che sembra non colmarsi mai. Qualsiasi cosa accada, qualsiasi azione, qualsiasi parola, lui le risucchia dentro, le mantiene in bilico nel buio del suo universo, oscillando tra lo scoppio e l'implosione. Ambedue le situazioni porterebbero alla distruzione totale del suo essere. June odia tante cose. Odia il caffè, lo reputa troppo amaro per i suoi gusti, ma non potrebbe fare a meno di un mezzo bicchierino nel latte ghiacciato. Lo beve solo così, il liquido bollente all'interno della tazza gli da il voltastomaco di prima mattina. June odia anche la scuola, i suoi compagni di classe ma è troppo spaventato per urlarlo al mondo intero, così preferisce rimanere sul pavimento bagnato dei bagni della scuola dopo che i suoi compagni l'hanno riempito nuovamente di botte. La camicia dell'uniforme è sporca di sangue, con le dita bagnate di acqua fredda cerca di pulire la macchia. Il labbro spaccato gli brucia molto, è peggio di una fiamma e lo zigomo è dolente. Dalle sue labbra esce un sospiro afflitto, poggia le mani alla porcellana del lavandino e osserva la sua figura affranta nello specchio. La frangetta è sporca, i suoi capelli castani sono sfioriti, sottili come spaghetti. Si dice che quando l'anima soffre, il corpo ne risente e sembra diventare un cadavere ancor prima di spirare.

"Come è andata oggi?" sua madre siede al tavolo in cucina, tra le mani ha le bacchette d'acciaio con cui solleva i jajangmyeon*, il viso è invecchiato a causa del lavoro, ma è sempre bella. June è sempre stato affascinato e terrorizzato da come il tempo passi in fretta, da come sua madre, giovane e piena di vita com'era, sia cambiata e le rughe hanno iniziato a dipingere il suo viso.

"È andata okay" June lascia cadere lo zaino sul pavimento dell'ingresso, si leva le scarpe "Ti va di mangiare qualcosa, June?" sua madre si alza dalla sedia, pronta a riempirgli il piatto "no, non ho fame, mamma. Vado un po' a stendermi, scusami"

June le nasconde bene le proprie ferite, sia quelle visibili che quelle nascoste. È sempre stato bravo a tenere tutto dentro, a stringere i denti e sopportare non tanto per se stesso, ma per sua madre. June la ama più di qualsiasi cosa al mondo. Ama il modo in cui i suoi abbracci sono sempre teneri e caldi, ama l'odore che lascia sui suoi vestiti, e quello di lavanda delle lenzuola pulite del suo letto. Da quando ricorda, tutto l'amore di sua madre gli è servito per andare avanti, ma adesso inizia a vacillare. Inizia a non bastare più, ad essere soltanto un altro macigno nel suo petto.

"C'è qualcosa che non va, June? Con me puoi parlare" glielo ripete ogni volta che lo vede giù di morale, ma June non riesce a dirle la verità, ossia che vorrebbe lasciarla sola al mondo perché non sopporta nemmeno più la musica. E gli si spezza il cuore a vederla piangere. Sua madre non merita questo dolore, non lo merita affatto.

"June, scendo a fare la spesa, ti preparerò il pollo fritto stasera" decide sempre di cucinarglielo quando vede che le cose non si mettono bene, ma questa volta non basterà del pollo avvolto dalla pastella per risollevargli il morale.

La porta d'ingresso si chiude alle spalle di sua madre, quando lo scoppio della marmitta dell'auto diventa più forte, June si alza dal letto, chiude gli occhi e sospira. Sua madre impiegherà circa quaranta minuti per fare la spesa e tornare dal supermercato, il tempo necessario ad affacciarsi all'altro lato. June non ha scelto per nulla il giorno in cui morire, è stata una decisione dettata dal momento, frettolosa, apparentemente priva di alcuna estetica filosofica. June ha deciso di morire e basta.

Cambia la camicia della divisa sporca di sangue e la getta nel cesto dei panni sporchi. Indossa il cardigan che gli ha confezionato sua madre, quello che non ha mai voluto indossare perché pizzica troppo.

Dal rasoio nel bagno, tira fuori la lama, gettandolo poi nel cestino di fianco al lavandino. Si stende sul letto e respira piano, prendendo tutto il fiato che ha nei polmoni e resta immobile, mentre la sua mano destra traccia una linea storta e profonda sul braccio sinistro, ha imparato che fare un taglio netto sia piu' difficile da cucire e la rapidità con cui si muore è quasi confortante. Il braccio diventa debole, ma afferra comunque la lama e traccia un'altra linea imperfetta lungo il braccio destro.

"Scusami, mamma" June lascia che le sue braccia pendino dal letto, il ticchettio del sangue che picchietta sul legno del pavimento è l'unico suono nell'intera casa

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"Scusami, mamma" June lascia che le sue braccia pendino dal letto, il ticchettio del sangue che picchietta sul legno del pavimento è l'unico suono nell'intera casa. Le ferite gli bruciano da morire, ma spera di morire prima che sua madre lo veda. Non riuscirebbe a sopportare le sue atroci grida disperate.

Sarebbe bello se il mondo intero morisse insieme a lui, così forse si sentirebbe meno solo.

Sarebbe bello se il mondo intero morisse insieme a lui, così forse si sentirebbe meno solo

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"June"

Le chiavi della macchina cadono sul pavimento della sua stanza, la porta è spalancata e sull'uscio c'è sua madre con le mani che le coprono la bocca "Cos'hai fatto, bambino mio?"

"M-mamma" la sua voce è flebile, simile più ad un lamento silenzioso, il sangue continua a fluire e la testa gli gira, gli occhi si chiudono ed i suoni si ovattano, c'è solo un gran silenzio.

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Sono ritornata con un nuovo progetto. Come ho detto in precedenza, questa storia ha un sacco di tematiche delicate che spero di riuscire a ideare e scrivere in maniera corretta e rispettosa. Alcune mi toccano da vicino. Spero possa piacervi.

MARTINA

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 21, 2023 ⏰

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