Capitolo 2

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-Sherlock Holmes!-gridò Samantha, scendendo le scale sbattendo i piedi. -Quante volte ti ho detto di non aprire l'acqua mentre sto facendo la doccia?!-aveva ancora i capelli bagnati e il corpo avvolto da un asciugamano.
Il consulente detective si limitò ad alzare la testa dal lavandino della cucina, guardando la coinquilina. -Sto conducendo un esperimento per capire in quanto tempo un occhio umano si decompone in vari liquidi. Sto iniziando dall'acqua.-alzò il barattolo che teneva fra le mani, dove galleggiava il bulbo oculare di qualche tizio che si era ritrovato sul tavolo del coroner a Scotland Yard. Samantha aveva conosciuto Molly qualche settimana prima, ed era più che convinta che quella donna fosse fin troppo gentile con Sherlock.
-Metti via quello schifo in frigorifero, grazie.-soffocò un conato di vomito. -Devo preparare il pranzo, e mi serve il lavandino.
-Io non ho fame.-disse l'altro, continuando a fissare l'interno del barattolo.
-Tu non hai mai fame.-sospirò, aprendo il freezer ed estraendone due grosse bistecche. -Ma oggi è il giorno delle proteine, e ti mangerai tutta questa grossa fetta di lonza di maiale, che ti piaccia o meno.-gli puntò l'indice contro.
-Sì, mamma.-alzò gli occhi al cielo. In realtà aveva bisogno di mangiare carne, e con l'americana in casa difficilmente riusciva a cibarsi come doveva.
Samantha mise i due pezzi di carne sulla padella, lasciandosi sfuggire un sospiro. Era Dean, di solito, che preparava le bistecche. Era passato un mese, da quando era arrivata a Londra, ma aveva fatto di tutto per non pensare al fratello.
-Lo so che ti manca tuo fratello.-disse Sherlock, spezzando il silenzio. -Hai più avuto notizie da tuo...zio?-era titubante nel tono. Non ricordava bene la maggior parte delle cose che lei gli raccontava. Semplicemente, non gli interessavano.
-Dice che va tutto bene.-mormorò assorta. -E che il business di famiglia è...gestito da altre persone.-si leccò le labbra. Mise poi davanti a Sherlock il piatto con la bistecca e un po' di insalata come contorno, prendendo il barattolo con l'occhio e infilandolo nella credenza.
Il detective annusò la carne. Era al sangue, non l'aveva cotta. Le pupille gli si dilatarono, gli occhi diventarono gialli per un momento. Iniziò subito a mangiare, facendosi forza per usare coltello e forchetta e non le mani. Alzò poi lo sguardo verso la donna, annusando l'aria. Riusciva a percepire il suo sconforto. Si sentì...triste.
-Ti...andrebbe di lavorare a un caso con me?-le domandò. Lei si voltò verso di lui, dopo aver spento il fornello.
-Un caso?-si leccò le labbra. -...di che si tratta?
-Omicidio. Lestrade mi ha mandato ieri il fascicolo, ma contavo di andare in obitorio oggi pomeriggio per esaminare il corpo.-la guardò.
Samantha si passò una mano sul viso. -D'accordo. Ma solo perché non ho più ricevuto risposta dall'agenzia di collocamento.-si sedette di fronte a lui, mangiando a sua volta.

-Ero sicura che l'avresti assunta come assistente!-esclamò Molly, vedendo Sherlock e la sua nuova coinquilina entrare nella sala operatoria dell'obitorio.
-Non diventerò la sua assistente-barra-blogger-barra-zerbino.-disse Samantha, affiancando la donna. -Non mi pagherebbe abbastanza. E ha già specificato che dovrei comunque contribuire con la mia parte di affitto.
-È giusto, no?-rispose Sherlock, incrociando le braccia al petto.
-Certe volte sei veramente un idiota, Sherlock.-l'ispettore Lestrade entrò in quel momento in obitorio.
-George.-lo salutò l'investigatore, senza distogliere lo sguardo dal cadavere di fronte a sé.
-Buongiorno, ispettore Lestrade.-disse Samantha, sorridendogli appena. Sherlock notò la cosa, e per un millisecondo sentì una morsa allo stomaco.
Gregory Lestrade ignorò il fatto che Sherlock avesse di nuovo sbagliato il suo nome. -Samantha, sono contento che tu sia tornata a trovarci. Hai finalmente accettato l'offerta di questo sociopatico di diventare la sua assistente?-le si affiancò, sorridendole a sua volta.
-No, non vuole diventare la mia assistente, e ora puoi per favore staccarti da lei?-sibilò Sherlock. -Sto cercando di concentrarmi.
Molly notò la reazione esagerata del detective, ma si limitò a guardare Lestrade fare un paio di passi indietro rispetto all'americana. Sherlock si leccò le labbra.
-...questo tizio è morto a causa di un avvelenamento da radiazioni.-mormorò poi, scostandosi dal tavolo. -E credo anche che sia stata una cosa piuttosto lenta.
Lestrade alzò le sopracciglia, stupito. -E come sai delle radiazioni? Non ha segni di avvelenamento.
Sherlock si leccò le labbra. Non poteva rispondere che l'aveva capito dall'odore. -...per-per le macchie sulla pelle.-disse in fretta. Samantha si avvicinò al corpo. -...sì, ha ragione.-disse, guardando il coinquilino. Lo aveva visto in difficoltà, per un istante, o forse si era sbagliata?
-Macchie? Quali...-Molly fece per parlare, ma Samantha la guardò, bloccandola.
-Molly, ti dispiace fare delle analisi?-disse l'americana. -...credo che daranno ragione a Sherlock.

-Come facevi a sapere delle radiazioni?-Samantha si voltò verso di lui. I due erano seduti sui sedili posteriori di un taxi.
-Ho...visto le macchie.-disse, leccandosi le labbra.
-Non c'erano macchie sul corpo, Sherlock.-sbottò.
-Certo che c'erano. Le hai viste anche tu.-la guardò negli occhi. Lei distolse lo sguardo, puntandolo fuori dal finestrino.
-L'ho detto per aiutarti!-strinse i pugni.
-Non avresti dovuto farlo. Me la sarei cavata perfettamente da solo, come sempre.-incrociò le braccia al petto.
-Sei un coglione.-sibilò. -Uno stupido, borioso coglione inglese che si crede un dio sceso in terra.-diede un colpetto sulla spalla al tassista. -Io scendo qui.-aprì la portiera e si fiondò fuori dall'automezzo.

Sherlock guardava fuori dalla finestra. Samantha non era ancora rientrata. Erano passate cinque ore dalla loro discussione, e lei ancora non era pratica della città.
Non doveva preoccuparsi per lei, continuava a ripetersi. Era una donna adulta, in grado di cavarsela da sola.
Sospirò, passandosi una mano sul viso. Non poteva cavarsela da sola, e lui era il solito idiota. Lestrade, su questo, aveva ragione, ma non glielo avrebbe mai detto.
Prese il cappotto e aprì la porta dell'appartamento, ritrovandosi davanti Samantha, completamente zuppa dalla testa ai piedi.
-Odio Londra.-borbottò, entrando in casa e gettandosi sul divano. -Odio la pioggia, odio gli acquazzoni improvvisi e soprattutto odio il dovermi portare sempre un ombrello.-si strinse nella giacca di jeans ormai fradicia.
-Domani ti porto a comprare dei vestiti adatti al clima inglese.-disse Sherlock, chiudendo la porta e mettendole addosso il suo cappotto a mo' di coperta. Lei si era già addormentata di sasso.

Samantha si svegliò in preda ai brividi qualche ora dopo. Era ancora sul divano, coperta dal cappotto blu scuro di Sherlock.
Alzò appena la testa. Sembrava che il suo coinquilino fosse andato a dormire e l'avesse lasciata lì. Sospirò, mettendosi a sedere e passandosi una mano sul viso. Doveva farsi una doccia bollente e poi andare a letto, ma ciò significava salire le scale. Non ce l'avrebbe mai fatta, non in quelle condizioni.
Si trascinò allora in camera di Sherlock. Era la più vicina, ed era al piano terra. Entrò di soppiatto in bagno, accese la luce e si tolse i vestiti bagnati, lasciandoli a terra. Ebbe un brivido, sentì come degli occhi che la stavano fissando nell'oscurità. Sbirciò nella stanza da letto, ma sembrava che il suo coinquilino stesse dormendo della grossa.
Si infilò sotto il getto d'acqua calda, emettendo uno squittio di piacere. Ne uscì soltanto dopo almeno dieci minuti, prendendo l'accappatoio rosso di Sherlock e indossandolo. Aveva il suo odore. Cercò di non farci troppo caso, mentre usciva dal bagno e ritornava in salotto. Si sedette sul divano, tornando a dormire.

-Ben svegliata, ladra.-Sherlock stava guardando Samantha, che stava facendo colazione con ancora addosso il suo accappatoio.
-Il tuo bagno era più vicino, erano le due del mattino. Di solito non sei tu quello che sta sveglio fino alle quattro per suonare?-si leccò le labbra sporche di marmellata. -E se ci tieni così tanto, posso sempre togliermelo e restituirtelo.-lo guardò negli occhi.
Lo sguardo che ricevette di risposta fu per Samantha quasi indecifrabile. Non era di disgusto, o ironico. Sembrava...quasi possessivo.
-Puoi tenerlo.-disse lui, dopo una breve pausa. -E credo sia arrivata della posta, puoi controllare che in mezzo alle pubblicità non ci sia qualche possibile caso?
-Non sono la tua assistente.-mormorò, portando alle labbra la tazza di the.
-Però pretendi di usare il mio bagno, la mia acqua calda e i miei vestiti.-si leccò le labbra. Samantha allora si alzò in piedi, togliendosi l'accappatoio di fronte all'altro e lanciandoglielo addosso. -Ora sei contento?-lo guardò, prima di uscire dalla cucina per andare a mettersi qualcosa addosso.
Una volta sparita, Sherlock si portò l'indumento al viso, inspirando i loro odori mescolati. Ebbe di nuovo un nodo allo stomaco, i suoi occhi tornarono gialli. Mia, ringhiò una voce dal retro del suo palazzo mentale.

Sherlock stava riposando sulla poltrona, quando si ritrovò addosso il proprio cappotto.
Samantha era di fronte a lui, questa volta vestita. -Avevi detto che saremmo andati a comprare dei vestiti adatti a questo clima d'inferno.-mormorò. -Beh, vogliamo andare?

A study on fireWhere stories live. Discover now