ɪ ᴄʀʏ ꜰᴏʀ ɪᴛ: 𝐼𝐼

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𝐒𝐄𝐑𝐈𝐄𝐒:
𝐈 𝐠𝐨𝐭 𝐢𝐭 𝐟𝐫𝐨𝐦 𝐦𝐲 𝐬𝐮𝐠𝐚𝐫 𝐝𝐚𝐝𝐝𝐲
🥀






𝐒𝐄𝐑𝐈𝐄𝐒: 𝐈 𝐠𝐨𝐭 𝐢𝐭 𝐟𝐫𝐨𝐦 𝐦𝐲 𝐬𝐮𝐠𝐚𝐫 𝐝𝐚𝐝𝐝𝐲🥀

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ᴄᴏᴍɪɴɢ ᴏꜰ ᴀɢᴇ ᴄᴇʀᴇᴍᴏɴʏ



Si fermarono lungo la strada per godersi dell'unto di un food truck accostato tra le tante zone di sosta della costa. Erano a pochi minuti da Incheon, mangiavano i loro panini carichi di salse caloriche con un gusto primordiale, come se non avessero mai mangiato del cibo vero prima d'ora.

La gente si fermava a guardarli; si chiedevano che cosa ci facesse una Lamborghini in un posto sperduto come quello e, a fianco all'auto, due giovani vestiti bene, intenti a mangiare su mediocri tavolini di plastica. Bevendo birra e patatine fritte come contorno.

E Moon rise rumorosamente quando una di quest'ultime rotolò giù nel piatto con un sordo tonfo e una gravità tale da schizzare maionese sulla giacca di Jimin. Lui finì per scuotere la testa e arricciare le labbra in un broncio, imprecando e mandando al diavolo il bon ton.

«Eh che cazzo, era una delle mie preferite!» piagnucolò tamponando con un fazzoletto bagnato la zona ma, nella goffaggine, sporcò anche la manica. Alche Jimin rinunciò sconsolato, lanciando un'occhiata di sdegno al cielo. «Non ci posso credere»

«Sei un disastro» lo pizzicò dandogli fastidio, l'uomo inarcò un sopracciglio e borbottò: «Attenta a quello che dici o ti lascio qui»

«Certo» lo riprese sarcastica, «Come se avessi il coraggio di farlo,» sospirò tra i rimasugli delle risate, «torniamo a Seoul, così ti cambi e fai una doccia» Il moro scattò con gli occhi verso di lei e fermò la mano che tamponava la macchia: «E l'appuntamento?»

«L'appuntamento può continuare anche a casa» gli rispose con un sorriso malandrino, «Abbiamo ancora tante ore a disposizione e te l'ho detto: non voglio una fottuta cena finta gourmet. Voglio passare questa giornata nel modo più genuino possibile e, che dire signor CEO, per ora sei a cavallo» gli scoccò un occhiolino malizioso e finì per alzarsi dal piccolo tavolino di plastica, appollaiato tra siepi e corrimani di legno, a pochi passi da uno strapiombo.

Jimin rimase lì fermo, come uno stoccafisso, a guardare quel corpo sinuoso in rosa che sfilava lontano da lui per fumare vicino alla Lamborghini, in modo che fosse lontana dai bambini e dai vecchietti che si beavano il tramonto in pace.

Ci pensò su e una risatina sprezzante nacque dalle labbra piene non appena le separò per sospirare: niente di quella giornata si era dimostrata normale, ordinaria o banale. Per questo — credeva Jimin — Moon insisteva così tanto nel concedersi piccole cose come un tramonto poco appariscente, un mare malato, una macchia sulla giacca e un vestito da milioni di won indossato per mangiarsi un panino fritto a Yeonsu-gu, al posto di una grande spettacolo.

𝑰 𝑮𝑶𝑻 𝑰𝑻 𝑭𝑹𝑶𝑴 𝑴𝒀  𝗦𝗨𝗚𝗔𝗥 𝑫𝑨𝑫𝑫𝒀//- 𝐏𝐉𝐌Where stories live. Discover now