Who is he?

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"Harry tesoro svegliati!" La voce di mia mamma mi svegliò dal piano di sotto, con bacon e uova già ad aspettarmi. Nuovo anno, nuova vita, come si dice. Mia mamma era la vita, grazie ad essa ero riuscito a non sentirmi sbagliato o come un mostro.

Sembrava surreale ma era così. Ci fu un periodo in cui non uscivo e non mettevo piede fuori alla mia stanza per via di mio padre. Lui dopo che seppe che io fossi gay, mi iniziò a picchiare in assenza delle due donne in casa, facendomi creare problemi di autostima, fiducia, abbandono e rabbia. Un giorno successe che però, fu beccato e mia madre lo cacciò letteralmente a calci in culo.

Faceva paura.

Grazie alle mie due donne riuscii di nuovo a riprendere parte della mia vita, iniziando ad andare a dei pub con il mio gruppo di amici. Io andavo dietro ai più grandi, ma non perché avessero più esperienze nel sesso, ma perché mi facevano sentire apprezzato, mi davano quelle piccole attenzioni anche se superficiali ed erano così maturi e decisi nelle loro decisioni che mi attraevano tanto.

Ritornando al presente, non ero amante della scuola, ma ci andavo per stare ancor di più con i miei amici e soprattutto per le attività extracurrulari a cui ero interessato. Gemma, mia sorella, prese un pancake al volo correndo verso la macchina.

"Ti muovi?!" Urlò. Doveva iniziare l'università. Era letteralmente esaurita.

"E un attimo, mamma ha preparato tutte queste cose!" Mi prese per un braccio con in bocca il pancake e mandai un bacio volante a mia mamma. Salii in macchina, allacciando la cintura. Lungo il tragitto, Gemma fece una frenata brusca per via di una macchina che procedeva bene fin quando non parcheggiò in mezzo alla strada.

"Ma che cazzo fa?!"

"Ma quello è Zayn..."
"Zanzi?"
"Zayn!"Enfatizzai.

"Bello oh." Gli diedi una gomitata. "Scusa, sei gay...non è vero?"

"È vero, ma non è il mio tipo."
"Oh sì certo, tu vai nei pub per i più grandi, mi scuso tanto." Mormorò saracasticamente.

Gemma suonò fortemente, beccandosi un dito medio da fuori il finestrino.
"Ben ti sta. Ti giuro che non vedo l'ora di fare gli esami pratici."

"Sarebbe anche ora."

Dopo qualche minuto, arrivammo davanti alla mia scuola e salutai mia sorella. Mi diressi dentro, dove trovai Nialla già bello pimpante pronto a salutarmi.

"Buongiorno Haz!"
"Nialler! Ciao!"

"Vieni fuori? Ci sono gli altri."
"Nah,li vedrò dopo, adesso vado a vedere il mio orario, ci vediamo."

Lui annuì andando fuori e io mi diressi nel mio armadietto prendendo il mio libro. Mi incamminai nel corridoio con totale attenzione e nonostante questo il libro mi cadde a terra violentemente. Non sopportavo che qualcosa che custodivo per bene grazie ai sacrifici di mia mamma e di me che lavoravo in un mini bar di cui lei non era a conoscenza, venisse rovinato per una distrazione altrui. Io perdevo la pazienza subito.

"Ma fai attenzione?!" Alzai il tono della voce e quando mi girai vidi un ragazzo dagli occhi color cristallino, i capelli lisci castani. Mi incantarono le sue piccole rughette ai lati degli occhi, e loro stessi, come un oceano in tempesta, come se avessero un inferno dentro da scoprire, erano semplicemente stupendi. Non mi ero mai soffermato su nessun colore degli occhi degli altri, ma su i suoi sì. Era troppo familiare, già visto, forse troppo vicino.

Perché erano fottutamente bellissimi e sembrava avere l'aria di uno più grande e maturo di me.

E invece aveva un carattere di merda. Scoprii anche che fosse gay. Lui non sapeva perché io tenessi tanto alla mia roba e quindi me ne andai nella mia aula, dove per mia grande sfortuna, me lo trovai nuovamente davanti al mio sguardo. Iniziò a ribellarsi sul posto. Io non mollai l'osso, fino a quando lui non diede un pugno violento al banco, squilibrandomi totalmente. Un misto di rabbia e paura mi pervasero l'anima, non sapevo come reagire, così reagii per prima con il secondo sentimento, poi con il secondo. Cercai di calmarmi più volte respirando profondamente ed usando il codino per non farmi male. Erano tecniche apprese ed imparate in alternativa della musica. Io l'ascoltavo per distrazione e per fuggire dalla realtà e scrivevo canzoni per esprimere sentimenti che non riuscivo a spiegarmi se non con il pianto. Quindi scrivevo frasi confusionarie, come i miei pensieri per poi unirle insieme. La fotografia è un'altra cosa che amo, poiché immortalare il bello della vera natura era così meraviglioso.

Come i suoi occhi...un giorno li avrei voluti fotografare. Scossi la testa a quel pensiero.

Per mia grande sfortuna la prof ci mise in coppia insieme per un progetto, cercai di ribellarmi invano. Lo ferii e ne ero sicuro, ma non riuscivo a controllarmi, non lo sopportavo.

Chi cazzo era?

Così con rabbia andai da Louis, il quale si presentò come sfacciato e poi come oersona matura. Mi invitò a casa sua dicendo che sarebbe stato solo senza nessuno e questa cosa mi fece un po' tristezza. A confermare il tutto fu proprio una chiamata che fece a sua sorella, davvero molto seria. Louis stava per svenire, incazzarsi ed urlare, potevo percepirlo in quel momento, così per non farlo sentire ancora più in colpa cucinai. Ero così concentrato ed innamorato nel cucinare che mi chiese quanti anni avessi e lo risposi senza guardarlo. Rimasi immobile a fissarlo auando mi disse che ne avesse venti. Deglutii.

Carino, scopabile, gay, più grande
di me.

Harey Styles, ti eri promesso, niente scopate con Louis Tomlinson.

Imbarazzato misi la pasta nei piatti e quando finimmo andammo nella sua stanza. Di un blu come i suoi occhi. Piena di premi e libri di scuola. Iniziammo a studiare e di solito io rimango in piedi a pensare con il libro e i miei affidabili occhiali da vista. Mi sentii però osservato, tanto che mi girai ma Louis era tento a studiare. Feci spallucce ritornando al mio lavoro, fino a quando non sentii dei gemiti.
Feci cadere il libro e ruotai la testa lentamente. Il computer di Louis era andato palesemente in tilt e potei notare la sua erezione già completa. I miei pantaloni a quella vista divennero più stretti e mi morsi un labbro. Mi fiondai sul dispositivo per sistemare la cosa, ma mi fermai, inclinando la testa a guardare la scena.

Parlando direttamente, nessuno mi aveva mai leccato l'entrata e quella scena, mi fece eccitare ancor di più, siccome mai provata e in più i gemiti di piacere del ragazzo. In quel momento pensai a Louis. A cone avrebbe potuto prendere il controllo e darmi attenzioni, fiducia e autostima soprattutto. A quanto avrebbe potuto dirmi di essere così perfetto, dolce, delicato, gentile e bellissimo. Lui lo avrebbe fatto e anche con sincerità. Però chiuse il computer e restammo altre ore a studiare e poi le restanti a presentarci. Scoprii poi che amava un sacco il calcio,ecco spiegati tutti quei premi.

Ad un certo punto sentimmo una chiave aprire la porta d'ingresso. Seguii Louis, ma si irrigidì fermandosi a metà scale. C'erano le sue sorelle con un signore, suppongo fosse suo padre. Il liscio fece di tutto per evitarlo, tanto che mi prese il braccio provicandomi mille brividi. La sua mano delicata sulla mia pelle calda. Sembrava che fossi spaventato, ma non era così, anzi mi piaceva. Quel gesto improvviso, come se fossi un rifugio.

"Louis"
"Mark..."

Scese le scale lentamente avvicinandosi per non ricambiare l'abbraccio. Mi sis spezzò il cuore avedere quella scene, soprattutto quando litigò con Lottie. Mi faceva quasi male vederlo così, come se avesse tutte le colpe del mondo. Mi sentii strano. Se ne andò diretto nel bagno e io decisi di aspettarlo. Non mi sembrava il caso di andare via, soprattutto in queste situazioni, in cui lui potrebbe pensare di sentirsi un peso o un' annullità.

Ci ero passato per primo io e non volevo che qualcuno lo potesse passare da solo.

Non almeno Louis che smebrava così diverso, lo avevo percepito dai suoi occhi quel giorno. Lui voleva attenzioni e rassicurazioni nonostante sembrasse dominante e sicuro di sé. Lui aveva paura. Come me.

Quando ritornò nella stanza mi abbracciò e io lo strinsi forte, rassicurandolo con delle pacche sulle spalle. Non volevo staccarmi. Sembrava così bello. Anzi, lo era. Passarono delle ore dopo che mi affiancai a lui sul letto. Mi disse di andare anche se non volevo. Gli diedi il mio numero di telefono per scrivermi quando avesse necessità. Lui sorrise tristemente e mi accompagnò alla porta per poi andare. Ero consapevole che avrebbe pianto. Non aveva sprecato nessuna lacrima davanti a me per non sentirsi così inutile e colpevole. Aspettai con ansia quel messaggio. Ci rinunciai, non lo avrebbe mai fatto. Così andai a dormire, fino a quando non scattai al suono di una notifica.

Numero sconosciuto

hey, scusa l'orario, sono testa di cazzo.

Ora mi ricordo di te...

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