CAPITOLO TRAVERSO #? || "A chi la prima mossa?"

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La sala è praticamente vuota, saremo sì e no una ventina di persone sparpagliate tra attrezzi, tappetini, pesi, panche o davanti a specchi che fanno da pareti a tre quarti della palestra, con i selfisti intenti a scegliere l'angolazione migliore della loro testa e corpo, tendendo muscoli, sollevando canottiere per mettere in risalto addomi asciutti, abbronzati e addobbati da vene che pensavo neanche si potessero vedere così in rilievo. C'è chi sceglie l'orario serale, dopo la chiusura della reception, per comodità: esigenze di lavoro, avere tutti gli attrezzi a disposizione, nessun altro nelle loro foto da postare ovunque possano essere piazzate o per darsi appuntamento negli spogliatoi per un post-allenamento decontrasessurante che si consumerà all'interno delle loro auto, a casa di uno dei due o, peggio che mai, nel bagno dello spogliatoio. Ovviamente non vi è distinzione: ciò che fanno gli uomini lo fanno anche le donne, parità dei sessi al 100%. Loro sono così, io no.

Scelgo questo orario perché sono sociofobico e la paura intensa e pervasiva di trovarmi in una particolare situazione sociale o eseguire una qualsivoglia prestazione in pubblico o interagire con persone sconosciute mi crea un certo problema, specialmente se scelgo la palestra come "consiglio" per superare questa mia deformazione che, secondo il mio psicoterapeuta, non è da attribuire a fattori neurologici ma solo a dei traumi del passato che... lasciamo perdere, tanto lo paga lo stato. Nel lavoro ovviamente non ho problemi: quello devo fare, ho una tabella di marcia e chiunque incontri è solo una sequenza numerica a cui devo solo dare una posizione o servire una crittografia tridimensionale ma fuori dal turno, qui in questo luogo pregno di sudore e falsità, non sono il tipo socievole che accetta di buon grado di alternarsi con le serie di esercizi o di scherzare su quanto abbia sgarrato il giorno prima a cena... semplicemente, non mi piace parlare con persone che non conosco e che non mi interessa conoscere. Eccetto una: un ragazzo che sembra seguire la mia stessa routine di presenza qui in sala. Anche lui, come me, si presenta raramente in orari in cui non c'è posto neanche per una sessione di cardio ma prevalentemente la sera e ciò che ai miei occhi non lo etichetta come "da ignorare" è il fatto che sembra pensarla come me: fa i suoi esercizi - seguendo una scheda immagino visto il fisico tonico e ben costruito, a differenza di me che passo da un attrezzo all'altro con una mia logica che non so dove mi porterà, forse in ortopedia - non parla con nessuno, se vede che l'attrezzo verso cui sta andando viene occupato cambia strada e attende il suo turno facendo addominali, ingolla acqua dalla borraccia come se ne andasse della sua stessa vita e a fine allenamento sparisce negli spogliatoi: tempo stimato, 15 minuti totali, ossia il tempo di una doccia e di cambiarsi per poi uscire dalle scorrevoli e arrivederci alla prossima sessione.

Un altro, trascurabilissimo - e forse del tutto immaginato - dettaglio che non mi fa pensare che sia come gli altri è... che non facciamo altro che lanciarci occhiate silenziose, sguardi così fulminei da passare come abbagli causati dai neon sul soffitto, subito smorzati da un lungo sorso dalle nostre bottiglie personali. In poche parole, è come se ci scambiassimo messaggi ficcandoci in bocca il beccuccio e ingoiando le parole che vorremmo dirci, sempre che anche lui voglia farlo come vorrei farlo io. Eppure nessuno dei due lo fa e nella mia deviata mente, mi piace così. Uno dei due si alza? Occhi che scrutano. Uno dei due passa di fronte all'altro? Occhi che seguono i passi per poi tornare alla concentrazione del motivo per cui si va in palestra. Allenarsi... bah! Il problema è quando nel Cosmo si allineano le stelle creando una sorta di linea astrale che ispira entrambi ad alzarci nello stesso istante e incrociarci, ed è quello il "momento borraccia". Oramai andiamo avanti così da un paio di mesi.

Quando lo vidi per la prima volta era di spalle, intento in trazioni che gli smuovevano i muscoli come un arcipelago sotto attacco di un tsunami di sudore perlaceo. Non ricordo bene il motivo per cui scelsi di avvicinarmi proprio a lui, sentivo che dovevo farlo e basta. Alla fine dei conti, da dietro era un ragazzo come tanti altri là dentro: moro, sudato, muscoloso e in canottiera. Sentii come uno spirito lombare invitarmi con una spinta ad alzarmi e scoprire che volto nascondesse la criniera bruna di capelli mossi fasciati da un paio di cuffie viola e verde fluo, senza sapere bene il perché: non vengo qua per rimorchiare, in realtà non frequento la palestra neanche per tonificare il mio corpo che con un minimo di impegno avrei potuto disegnare io stesso, semplicemente ci vengo per occupare il tempo e, come detto prima, poter dire che "almeno ci provo a curare i miei traumi del passato", cosa che si rivela l'esatto opposto, se non una disastrosa amplificazione del mio deficit amicale.

M O N D I D I S T A N T IOù les histoires vivent. Découvrez maintenant