Chapter II

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Quando miro in cielarder le stelle;dico fra me pensando:A che tante facelle?

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Quando miro in ciel
arder le stelle;
dico fra me pensando:
A che tante facelle?
..ed io che sono?
Giacomo Leopardi

-Edith
Eravamo tornate a Corte giusto in tempo per la cena. Mi avviai verso la mia stanza correndo, mentre Angie camminava con calma alle mie spalle.

Salii sulla grande scalinata e poi attraversai il corridoio destro. Il tappeto mi indicava la strada.
Il mio passo si bloccò di scatto quando davanti ritrovai la porta, mi diedi un leggero pizzico sul palmo della mano e la aprii, richiudendola una volta dentro.

Un profumo familiare mi avvolse, un odore dolce. Il letto a baldacchino in legno scuro, con lenzuola e coperte di un azzurro pastello delicato mi si stagliava davanti. Ai piedi del letto c'era una cassapanca dove ci mettevo quadernini in pelle ed altre chincaglierie. Di fronte ad essa c'era la mia amata scrivania in legno piena di fogli ed una penna che avevo lasciato lì di fretta. Il mio strumento era posato di fianco al banco, le sue corde risaltavano alla luce della candela. Un vento leggero mi investì, avevo lasciato la finestra aperta. Senza pensarci troppo mi avvicinai al grande armadio e ci riposi dentro il vestito comprato nel pomeriggio con Angie.

Rimasi lì a scribacchiare su un pezzo di carta per circa un quarto d'ora, quando sentii bussare.
-Due minuti.- enunciai con calma e distrazione.
Continuarono a bussare ed io ad ignorare il rumore delle nocche sul legno.
-Edith! Muoviti!- alzai gli occhi al cielo nel sentire la voce di mia sorella. Continuava a picchiettare all'entrata della mia stanza. Sbuffando mi alzai. -Cosa c'è?- le chiesi dopo averle consentito il contatto visivo diretto con la sottoscritta.
-Vieni a cenare, subito.-
-Arrivo.- enunciai scocciata.
Feci per rientrare nella mia spaziosa stanza, ma lei mi prese per un braccio e mi trascinò giù per le scale, facendomi la ramanzina.
-Ti rendi conto di quanto è irrispettoso? Lo sai che dobbiamo essere lì almeno cinque minuti prima che arrivi il Re.-
-Ah si, la regola più stupida che esista.-
-Non fare la bambina e andiamo.-

Delle guardie ci aprirono il portone che ospitava uno spazio immenso, con un tavolo posto al centro. Erano tutti in piedi davanti alle loro sedie, mentre aspettavano sorridendo e chiacchierando. Seguii mia sorella e mi sedetti di fianco a lei.

Cinque minuti dopo, tra le mie lamentele, arrivò il Re. Si sedette a capotavola e diede inizio al tutto.
Ripresero le chiacchiere e i sorrisi, insieme ai miei lamenti. Angie era ad un passo dal prendermi a sberle.
-Okay, la finisco.- mi lanciò un'occhiata fulminea per poi continuare ad ignorarmi.
Passò un po' di tempo in cui il mio silenzio benediva mia sorella. Iniziai a picchiettare sulla sua spalla.
-Posso fare una battuta sul Re?-
-Ti decapitano.-
-Okay, lasciamo perdere.-
Riniziai a toccarla non appena si girò. Mi guardò con occhi colmi di pazienza e istinto omicida.
-Dopo giochiamo a scacchi?-
-Si.- La sua espressione mutò immediatamente in un sorriso.

~

La stanza di Angie aveva un grande tappeto rosso al centro, uno di quelli su cui vorresti addormentarti, con dei geroglifici in stile reale ai bordi. Il letto era in legno con i veli del medesimo colore della stuoia, due librerie enormi riempivano l'ambiente ed una scrivania, anch'essa in legno, ospitava una macchina da scrivere. Mi avvicinai al pianoforte da muro ed osservai il tavolino con sopra la sua scacchiera in vetro.
-Perché non riordini gli spartiti? La tua scrivania soffoca.-
-Non è in disordine.-
-Si ma gli spartiti sono tanti, li perderai tutti.-
-Si, domani mattina ho abbastanza tempo per farlo.-

Posai una mano sul violino appeso al muro, toccandolo fino a farlo dondolare.
-Edith.-
-Mh?- non la guardai e continuai a giocherellare con lo strumento. -Finiscila.- la fissai, facendo quello che mi aveva detto.
-Belli i quadri, li hai fatti tu?-
-Si.- rispose fieramente.

Angie era molto brava a scacchi e, come al solito, stavo perdendo. Spostò gli esili occhiali in un gesto impercettibile. Distrattamente spostai un cavallo e, successivamente, lei fece lo stesso con una torre.
-Scacco matto!- sorrise.
Le feci un applauso sarcastico. -Inaspettato, davvero.- stirai le labbra in un sorriso.
-Io vado a dormire, sono stanca.-
-Okay, buonanotte.-
-'Notte.- mi alzai e tornai nella mia adorata camera.

Dopo essermi lavata e cambiata mi abbandonai sul letto, lasciando disperdere la giornata trascorsa tra miriade di pensieri.

~

Le note mi prendevano per mano e mi accompagnavano in un mondo tutto loro, ero seduta sulla cassapanca e imbracciavo la mia amata chitarra. La mia musica inondava la stanza, come uno tsunami gigantesco.

Ci misi un quarto d'ora a cercare un libro decente da leggere, la mia libreria era davvero enorme.

Mi sedetti a gambe incrociate sotto un albero, con il libro stretto tra le dita. Iniziai a sfogliare le pagine e dopo un po' mi ci persi dentro. Erano passate due ore, quando mi alzai chiudendolo.
Lo misi al suo posto, posando la corona di fiori che avevo fatto sul letto. Con una mano afferrai il mio strumento lì accanto e corsi verso la stanza di mia sorella.

-Angie! Cosa suoniamo?-
-Il Chiaro di Luna di Beethoven.- si sedette al pianoforte ed iniziammo a far diffondere quella meraviglia.
Continuammo così fino al pomeriggio, poi ci andammo a preparare per il ballo.

Feci un lungo bagno, ed indossai l'abito. Ci misi un po' di tempo a sistemare il fiocco, ma alla fine uscì perfetto, o quasi. Morbide onde mi sfioravano le scapole, solleticando il tessuto che le copriva. Non avevo niente di esagerato, un aspetto semplice e incantevole.
Angie entrò di colpo.
-Come sto?- urlò, euforica.
-Alla grande.-
I suoi capelli boccolosi erano come fili d'oro, la sua bellezza avrebbe fatto invidia a chiunque.

-Andiamo.- Mi prese a braccetto ed iniziammo a camminare verso la stanza in cui si sarebbero tenute le danze, era illuminata da lampadari in cristallo. Sembrava incantato agli occhi della gente, ma non ai miei. Il luogo era affollato ed io avevo sempre avuto paura di stare in mezzo alla gente o davanti ad occhi che potessero giudicarmi. Un leggero panico mi spinse a graffiarmi i palmi delle mani, ma nonostante ciò rimasi al fianco di mia sorella.

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