Il mattino dopo è Lunedì, e il sole luminoso e accecante si fa spazio tra le nuvole, mentre una striscia celeste si profila lungo l'orizzonte incolore. Si prospettava una bella giornata, almeno climaticamente, dal momento che per Brigitte non era esattamente iniziata nel migliore dei modi, tutt'altro.

"Devo parlarti di una questione urgente. Incontriamoci oggi al Cafe de Flore dopo l'ora del tè " - recitava l'ambiguo e approssimativo messaggio dell'ex marito, a cui lei non riusciva a smettere di pensare da quella mattina.
  Un senso di nausea l'aveva pervasa mentre il messaggio si materializzava davanti ai suoi occhi, e lei cercava di decifrarne le parole, a primo impatto decisamente dense di tangibile distanza. Aveva cercato di ipotizzare tutti i possibili scenari, compresi quelli peggiori, ma proprio non riusciva a immaginare di quale questione si trattasse, anche perché non lo vedeva probabilmente da anni. Quel che era certo è che, malgrado avrebbe voluto sottrarsi a quell'incontro, ci sarebbe andata. Da sola.

Emmanuel alzò gli occhi dal suo laptop, percependo immediatamente la presenza della moglie, che, infatti, giaceva in piedi sulla soglia del suo ufficio, nel pieno tentativo di valutare se fosse opportuno disturbarlo nel pieno della sua giornata lavorativa.
"A cosa devo questo onore?" - chiese, andandole incontro, lasciandole un lungo bacio sulla tempia
"Ho una notizia meravigliosa!"
"Devo sedermi di nuovo per questo?" - scherzò, raggiungendo la scrivania e girando la sedia, permettendole di sedersi sulle sue ginocchia
"Sai del gala di beneficienza" - esordì lei, mentre posava le sue mani sulla cravatta, allentandola leggermente - "Tutti gli artisti che volevamo si esibiranno"
"Ne dubitavi? Sarà un onore per loro partecipare" le rispose, con un sorriso ed un'innegabile aria orgogliosa
"È bello che tu la pensi così.. perché anche tu avrai l'onore di partecipare"
Colpito e affondato.
"Ho già dato un'occhiata alla tua agenda. La data è libera e l'ho bloccata subito. Quindi puoi essere presente quella sera", gli disse trionfante.
Lui trasalì inorridito: "Non farmi questo!"
"Ma tu stesso hai detto che era un onore partecipare" - replicò, con un finto broncio sul viso - "Non dicevi sul serio?"
"No, no, non volevo dire questo. Certo
che è un onore partecipare, ma non sono un grande fan di questa musica moderna, lo sai"
"Non è un problema. Ho invitato alcuni artisti che piacciono anche a te" - assicurò, avvolgendo le braccia intorno alle sue spalle
"Qualcosa mi dice che questo assalto qui è stato pianificato e ti aspettavi le mie risposte", ipotizzò, e lo sguardo che vide nei suoi occhi glielo confermò.
Ma invece di ammetterlo, rimase stupito nel vederla cambiare di nuovo tattica.
"Puoi resistere a una serata con me?" - lo implorò supplicante, raggiungendo il suo collo con il viso, indugiando a lungo sulla sua pelle
"Non lo so, non è che sia una serata in cui siamo solo noi due"
"Ti prego" - lo supplicò, prendendo a lasciare un bacio dopo l'altro sul collo, giocando l'ultima arma della seduzione che era certa avrebbe funzionato
"Ok, ok ok, basta così. Hai vinto tu, mi arrendo - cedette, volendo porre fine a quella piacevole ma estenuante tortura - Qual è il tuo argomento migliore?"
"Il tuo allenatore preferito si siederà accanto a me, se non vieni" - disse, prima di prendergli il viso tra le mani
"Avresti dovuto dirlo prima" - commentò fulminandola
"Allora, quand'è? Sarò sicuramente seduto accanto al mio allenatore preferito, e tu sarai seduta accanto a me, ma dall'altra parte"
"Mi piacerebbe molto", ammise lei, ridendo. "Non esagerare", la ammonì lui

Quel pomeriggio,nonostante il sole fosse ancora caldo, affilate raffiche di vento tagliavano Rue Cler, scompigliandole i capelli biondi. Parigi le sembrava una città diversa, più autentica, vista con i suoi occhi, e non attraverso i finestrini blindati delle auto di scorta. La Tour Eiffel svettava fiera sul profilo dei tetti all'orizzonte, e il nastro argentato della Senna continuava a snodarsi tra palazzi, chiese e giardini pubblici, girando attorno agli archi di Notre Dame e agitandosi sotto i ponti che collegano le due rive.
Sarebbe stata una piacevole passeggiata, se lei non avesse rimuginato per tutto il tempo su quel messaggio enigmatico e sul suo mittente. Dopo poco più di mezz'ora di cammino, finalmente giunse in un angolino incantato vicino al canale Saint Martin, dove si erano dati appuntamento. Con i primi caldi, la piccola piazza si rianimava, scrollandosi di dosso il torpore della stagione fredda.
Brigitte si guardò intorno nervosamente, il senso di pace che quel posto le infondeva non bastò a placare la sua ansia.
Cercava di scorgere un viso famigliare tra i tavolini all'aperto della caratteristica caffetteria dalla facciata color carta da zucchero, ma senza alcun successo.
All'improvviso, una mano ferma le afferrò il braccio, scuotendola dai suoi pensieri, e lei sussultò, prima di voltarsi.
Un paio di occhi scuri la scrutarono attentamente, e lei indietreggiò di mezzo passo per sostenerli. Avevano una vena di mestizia accentuata dalle folte sopracciglia scure, dai capelli grigi e leggermente mossi.
"Ciao" - salutò freddamente, mentre la sua mano era ancora ben salda sul suo braccio, e lei si liberò dalla sua stretta, quasi scottata
"Ciao, Andrè" - ricambiò lei, desiderando sciogliere quell'inevitabile distanza che aveva l'impressione lui non avrebbe voluto annullare.
"Non sei cambiata molto dall'ultima volta che ti ho vista di persona - le disse, mentre si accomodavano ad un tavolino e ordinavano un caffè nero bollente.
"Forse sei solo ancora più magra", aggiunse, con un tono così privo di emozioni da renderle difficile attribuirgli una connotazione, positiva o negativa che fosse.
Lei annuì con un sorriso nervoso, cercando di mettere a tacere il senso di colpa che le diceva fosse profondamente sbagliato essere lì con lui, di nascosto, a parlare di qualsiasi cosa che non riguardasse la questione urgente a cui lui aveva accennato.
"Anche tu non sei cambiato" - gli rispose incerta, guadagnandosi un lieve accenno di sorriso, simile a quelli che le regalava fino a trent'anni prima. Andrè era sempre stato così, incredibilmente giudizioso e misurato, seppur distaccato e introverso.
Una volta che il cameriere servì il caffè, il suo timore di essere riconosciuta si dissolse, e così lei si tolse gli occhiali da sole, permettendo di stabilire un contatto visivo con il suo interlocutore. I loro occhi si incrociarono, quasi schiantandosi, e lei distolse lo sguardo a disagio, mentre lui osservava attentamente le sue iridi.
Il suo sguardo, sebbene discreto e sobrio, si spostò dai suoi occhi al suo viso, fino al suo corpo, come a memorizzare quei dettagli di lei che non ricordava, e lei percepì l'imbarazzo farsi strada dentro di sé.
Avrebbe voluto chiedergli il motivo per cui erano lì, ma non voleva risultare scortese, perciò lo guardò silenziosamente in attesa che parlasse.
"Mia madre è venuta a mancare poco tempo fa" esordì, con una calma impassibile, quasi imperscrutabile
"Oh, mi dispiace davvero tanto. Se hai bisogno.." - provò a dire, ma quelle parole ebbero l'effetto di suscitare un sentimento di rancore mai sopito.
"No, non dispiacerti. Non è necessario.
Il nostro divorzio è stata l'ultima batosta, dopo la morte di papà. Almeno adesso avrà smesso di soffrire, dopo tutti questi anni"
Lei fece per replicare risentita, ma lui la interruppe all'istante
"Comunque, non è questo il punto. Ti ho invitata qui prima che ci convocasse il notaio per trovare un punto d'incontro per entrambi. Se tu sei d'accordo, naturalmente"
Lo guardò interrogativamente, chiedendosi a cosa si riferisse, mentre lui prendeva un lungo sorso del suo caffè prima di parlare nuovamente.
"Trent'anni fa ha intestato un immobile a me e..anche a te,nonostante io non lo sapessi.      Dopo il divorzio non ha mai revocato nulla, perciò adesso che è deceduta, a te spetta legalmente una parte. Cosa ne vuoi fare?"
"La mia parte è tua, fanne quello che vuoi. Avresti potuto dirmelo anche tramite messaggio, così avremmo evitato un incontro ingiustificato"
"Ho qui i documenti, puoi firmarli se ritieni ingiustificato presentarti anche da un notaio"
"Perfetto, non c'è alcun problema. Meglio risolvere tra di noi le questioni legali"
"Peccato solo che tu non abbia mai rispettato i nostri obblighi legali. Hai convissuto con un altro prima della sentenza definitiva di divorzio, o sbaglio?"
"Dimentichi un particolare, Andrè. Eravamo separati da più di dieci anni, quindi ne avevo tutto il diritto. Smettila di rivangare il passato, sono passati trent'anni"
Lui scosse la testa, prendendo un altro lungo sorso di caffè.
"Se ti stai chiedendo se i miei figli sappiano della sua scomparsa, la risposta è affermativa"
"Perché parli come se non fossi la loro madre?"
"Perché più volte non ti sei comportata come tale"
Quelle poche parole furono come fendenti, così lenti che li aveva sentiti entrare e trapassare ogni organo, stringendo il suo stomaco in una morsa.
Il dolore del passato sembrava assumere d'un tratto contorni netti e dolorosi, bruciava ancora come una fetta di limone su una ferita fresca.
"E chi lo dice questo? Tu? Ero solo una ragazzina quando è nato Sebastien, eppure mi sono presa cura di lui come se avessi avuto il doppio dei miei anni, mentre tu eri a Strasburgo, e a malapena tornavi a casa il fine settimana"
Mentre il brusio di voci aleggiava nell'aria, i ricordi presero vividamente forma davanti ai suoi occhi, così come nei suoi pensieri.
Sarebbe stato impossibile, per lei, dimenticare la solitudine e lo smarrimento di quel lungo periodo, le intere giornate ad occuparsi da sola di un neonato, per non parlare delle notti insonni trascorse a studiare per riuscire a laurearsi in lettere.
"Qualsiasi cosa io dica, non avrebbe importanza. E a quanto pare neanche per i tuoi figli, che si ostinano a spalleggiare te, e mai il sottoscritto"
"Dove devo firmare? - intervenne lei, volendo porre fine a quelle parole recriminanti che avevano il solo obiettivo di ferirla - Vorrei chiuderla qui e non avere più a che fare con avvocati e affini. Per favore"

Emmanuel e Brigitte : oneshot Where stories live. Discover now