Prologo

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L'abito bianco scende morbido lungo i fianchi per aprirsi dolcemente fino a toccare il prato

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L'abito bianco scende morbido lungo i fianchi per aprirsi dolcemente fino a toccare il prato. Le mani in attesa, strette nelle sue, e la schiena pronta a sporgersi in avanti verso di lui, tra le sue braccia, non appena verranno pronunciate le tanto attese tradizionali parole.

«Per il potere conferitomi dalla legge, vi dichiaro marito e moglie. Può baciare la sposa!»

Le mie labbra si distendono in un gran sorriso mentre un'orda di applausi si fa spazio tra la folla e gli sposi si girano verso gli ospiti, sorridenti, felici, commossi.

Eccolo qui, il momento perfetto, quello che la mia mente fotografa ogni volta. Quando finalmente si realizza il sogno d'amore di entrambi e non si legge nient'altro che felicità nei loro occhi. Quando tutta l'ansia e la preoccupazione dei giorni precedenti sfuma e non diventa altro che risate. E ci si sente leggeri. Finalmente. Sposati.

Ecco perché amo il mio lavoro. Non si tratta solamente di fare in modo che i fiori siano sistemati al posto giusto, che l'orchestra arrivi puntuale, che le sedie siano foderate correttamente e che gli ospiti abbiano sempre il bicchiere pieno. Dietro a tutto ciò ci sono due persone che hanno attraversato periodi bui, ma ce l'hanno fatta restando uniti e vogliono promettersi una vita insieme, perché il loro amore è sempre stato più forte di ogni avversità della vita. E lo sarà sempre.

Mi asciugo una lacrima di commozione che mi penzola dall'occhio e lancio un sospiro di appagamento. «Che meraviglia», constato a voce alta, un po' tra me e me.

«Assolutamente, cara». Una signora sulla sessantina, agghindata per bene, mi si affianca con un calice di champagne in mano. «Il vestito è un po' scarno, ma le ragazze di oggi sono così, osano poco».

«A me sembra perfetta», le sorrido mentre afferro anche io un calice da un vassoio di passaggio. Gli invitati si sono già sparpagliati per il prato a chiacchierare e ad approfittare del buffet.

La signora mi si avvicina ancora di più, volenterosa di fare conversazione. «Sono Charleene, la zia dello sposo e tu?»

«Rosalyn... Una lontana parente della sposa», le stringo la mano carica di anelli impreziositi da pietre vistose.

«Oh, non ho mai sentito parlare di te. Come hai detto che ti chiami, cara?»

«Mi scusi, vedo solo ora che mia cugina mi sta facendo segno da lontano, ed è meglio che vada a salutarla o si arrabbierà con me e poi chi la sente?!», sorrido un po' a disagio e cammino svelta verso un punto dove si è accalcata parecchia gente. Sembra che ormai sia fuori dal radar della signora, così mi rilasso e mi concedo di assaggiare qualche tartina di gambero.

Dio, come è buono il cibo ai matrimoni!

«Come sono?»

Alzo gli occhi di scatto e vedo un ragazzo che mi rivolge un sorriso cordiale. Indossa una camicia blu e un pantalone elegante, ha il viso gentile e una fossetta sulla guancia destra accompagna la sua espressione curiosa. «Buone», farfuglio con la bocca piena.

«Mi hai fatto venire voglia di assaggiarne una». Così dicendo si avvicina e prende una tartina dal vassoio per poi portarla alla bocca.

«Allora?»

«Avevi ragione, sono ottimi», conferma masticando energicamente. «Sei la sorella della sposa?»

«Sono una vecchia amica di famiglia», spiego. Nessuno controlla mai se sia vero o meno. È la scusa perfetta per infilarsi ai matrimoni.

«Capisco. Da parte dello sposo o della sposa?»

«Del-lo sposo», balbetto sperando di non aver rovinato la mia performance attoriale e di continuare a sembrare credibile.

Annuisce prendendo un'altra tartina.

«Comunque meglio così», dice a un tratto.

«Cosa?»

«Che tu non sia la sorella della sposa».

«Perché?»

«Ho sentito dire che è una tipa piuttosto stramba. Pare che più tardi darà spettacolo suonando l'arpa con i piedi», si acciglia e la sua espressione mi provoca una risata.

«Davvero impressionante».

«Donna avvisata, mezza salvata. Io il mio l'ho fatto».

«Cosa intendi dire?», gli domando con una punta di divertimento nella voce.

«Intendo dire che quando l'esibizione starà per cominciare ti passerò accanto e accidentalmente ti urterò. A questo segnale prenderai la strada che porta dritta ai bagni e ti risparmierai venti minuti di arpa suonata con i piedi. Se qualcuno mi chiederà della ragazza con il vestito viola io dirò semplicemente: quale ragazza?»

«Sei pronto a tutto. E quale sarà il tuo escamotage per evitarti questa agonia?».

Il ragazzo fa entrate nel mio campo visivo una macchina fotografica che ha tenuto in spalla durante tutta la nostra conversazione e di cui non mi ero accorta. «In questa storia io sono il soldato che si sacrifica».

«Sei il fotografo!».

«Tana per me».

«Non ti piace?», domando vedendo la sua espressione cambiare in un millisecondo.

«Scattare foto alle prozie ornate da improponibili collane di pietra e a bambini che saltellano per tutto il prato, senza dimenticare di catturare con l'obiettivo la sposa sempre a 45 gradi perché in questo modo la silhouette risulta più slanciata? Ma certo, io amo il mio lavoro».

«Okay. Ma ci sono anche le tartine gratis», inclino la testa con un sopracciglio inarcato per convincerlo che non è poi così male, alla fine.

«Queste tartine», ne afferra una «sono il motivo per cui lo faccio», e la infila in bocca.

«Scommetto che incontri anche un sacco di gente interessante. Ai matrimoni ci sono sempre persone con cui chiacchierare».

Pare meditarci su. «Effettivamente tu sei la persona più interessante che abbia incontrato finora. Dovremmo immortalare questo momento. Vuoi una foto?»

Sorrido di fronte al suo fare ironico e mi affretto a rispondere. «No, ti prego, odio le foto», dico nascondendomi il volto con le mani. Uscire nelle foto ricordo del matrimonio di due persone che non conosco non rientra nelle mie priorità di oggi.

«Ammetti che vuoi la foto a 45 gradi anche tu...»

«No!». Stavolta rido ancora più di gusto.

Lui si fa indietro in segno di resa, alzando le mani. «D'accordo, d'accordo, niente foto. Uhm, la sposa sembra mi stia cercando con lo sguardo. Devo andare. Ci si vede all'ora x».

«Certo», lo assecondo e lo saluto quando se ne va.

Quando è ad alcuni passi da me la sua voce mi richiama. «Ehi, ragazza misteriosa! Non ti ho chiesto come ti chiami».

«Rosalyn».

Accenna un sorriso e si ferma qualche secondo a osservarmi. «A più tardi, Rosalyn».

Lo ricambio, sapendo però, che non ci sarà un più tardi. 

Qualcuno salvi questo matrimonio!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora