Capitolo 7

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Nico's POV

Entrammo nell'atrio dell'Empire State Building.
Ci avvicinammo alla reception e Percy prese parola:

- Seicentesimo piano -

Il portiere ci squadrò da cima a fondo, il suo sguardo passò su ognuno di noi soffermandosi alla fine su di me.

- Ancora tu eh, giovanotto - sospirò rivolgendosi poi al figlio di Poseidone - E quest'altro chi è? - continuò indicandomi con un cenno della testa.

- Ho bisogno di parlare con Zeus - elargì Percy ignorandolo.

Quello, in risposta, ci regalò un sorriso beffardo. - Rispondi prima alla mia domanda semidio -

- Sta con noi -

Lui mi studiò ancora una volta, un sopracciglio alzato e gli occhi socchiusi.

- Ti ho già detto che ci vuole un appuntamento, vero? -

- Ci faccia salire, è una questione di vita o di morte -

La guardia scosse il capo in segno di rassegnazione, Percy di certo non avrebbe obbedito ad una decisione diversa.
Scese sbuffando dalla sedia e borbottando un "E quando mai?", frugò sul bancone alla ricerca della scheda d'accesso e la consegnò al figlio del mare.

- Inserisci questa nella serratura e bla bla bla. Sai i passsggi -

Entrammo nell'ascensore. Non appena le porte si chiusero, il ragazzo infilò la scheda nella serratura. Subito dopo scomparve e sulla console apparve un pulsante, di colore rosso, con su scritto "600".
Lo premette e si diffuse una musica di sottofondo. "Raindrops keep falling on my head. "

Nell'aria c'era un certo imbarazzo, nessuno preferiva parola. Grover si guardava intorno fischiettando, Annabeth si rigirava il suo pugnale tra le dita e Percy... sinceramente non capii cosa stava facendo, guardava il vuoto con uno sguardo perso.

Starà pensando come dirlo al padre forse?

Io mi appoggiai con la schiena alla parete con le braccia conserte e gli occhi chiusi, sperando che quella situazione sarebbe passata in fretta.

- Percy, allora tu e Nico...? - disse infine Grover, interrompendo quel silenzio tombale.

Spalancai le palpebre sbigottito, quella domanda mi aveva sorpreso e non poco.

E adesso? Che dovrei dire? Non so nemmeno io cosa siamo. Stiamo insieme, o forse no?

Ero nel panico più totale. Dall'esterno, invece, non si capiva, non lasciavo trasparire niente, ero calmo; tutto il contrario di ciò che provavo.

- Sì, alla fine il nostro Percy si è deciso! - esclamò la ragazza con entusiasmo, alzando lo sguardo dall'arma.

La guardai stranito. Ero sicurissimo che a lei piacesse Percy, ma allora... perché?
Penso che anche il satiro la guardò stupito perché poi la ragazza disse:

- Ragazzi io l'ho detto, voglio solo che Percy sia felice e, se è Nico la sua felicità, allora per me va bene -

Siamo sicuri che non sia un tranello? Andiamo è troppo per essere vero.

Finalmente, le porte scorrevoli si aprirono in un ding. Uscimmo e ci trovammo su uno stretto vialetto di pietra sospeso in aria. Sotto di noi
c'era Manhattan vista dall'alto. Di fronte, una candida scalinata di marmo si attorcigliava attorno a una nuvola, librandosi verso il cielo. Lassù, in cima, al di sopra delle nuvole, si ergeva il picco decapitato di una montagna, con la sommità coperta di neve. Lungo i pendii c'erano dozzine di eleganti palazzi tutti aventi portici e colonnati bianchi, terrazzi dorati e bracieri di bronzo che scintillavano di migliaia di fuochi. Le strade salivano fino in cima con un tragitto tortuoso. Sulla sommità torreggiava il palazzo più grande e scintillante di tutti. Qua e là, giardini verdeggianti di ulivi e cespugli di rose, si affacciavano tra le case.
Fu la prima volta che vidi l'Olimpo. Era proprio come una città dell'Antica Grecia nel pieno della sua prosperità.

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