2 | Deep breaths

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Isobel

«Brontolo!?» affermai io indignata. «Vi rendete conto? Mi ha chiamata Brontolo!»
Mi stavo lamentando con Nirvana e Sam, cercando di parlare col tono di voce basso per non farmi sentire.

La serata stava giungendo al termine ed io non vedevo l'ora che finisse.

Nirvana rise e io la guardai male, ero troppo infastidita per essere buona.

«Cosa ridi Niv! Non hai idea del nervoso che ho addosso!» dissi particolarmente agitata.

«Però a dirla tutta non ha torto» ammise Sam guardandomi.

Dal suo sguardo non riuscivo a capire se era serio oppure stava solo scherzando, speravo per la sua incolumità che scherzasse.

«Come scusa?» alzai le sopracciglia.
Avevo i gomiti appoggiati al bancone e vi giuro che se mi avesse vista qualcuno avrebbe tranquillamente pensato che fossi pazza.

«È da quando è iniziata la serata che ti lamenti Bella! Noi ti sopportiamo però non possono farlo tutti» disse con sincerità.

Ci riflettei su ed effettivamente aveva ragione, brontolavo spesso, ma non riuscivo ad accettare il fatto che fosse stato Terence a dirmelo.

Sbuffai, perché ero talmente infastidita che avrei tranquillamente potuto dire qualsiasi cosa senza filtro, ma col tempo avevo imparato che era bene non farsi mettere i piedi in testa, ma era meglio a volte starsene zitti.

Dopo qualche altra chiacchiera tornai dietro al bancone ad aiutare Sam, mentre Nirvana si stava preparando per tornare a casa. Il suo turno era appena finito.

«Tu che fai Bella? Resti ancora o vieni via con me?» mi domandò.

Alzai lo sguardo verso di lei che era già vestita e col cappuccio in testa.

«Io resto» le dissi mentre lavavo i bicchieri che Sam mi passava.

«Ma hai fatto chiusura anche l'altro giorno!» affermò lei scuotendo la testa.

«Lo so Niv, ma voglio restare anche oggi».
Mi faceva schifo lavorare qui dentro ma era l'unico posto in cui effettivamente mi pagavano abbastanza e me lo dovevo tenere stretto.

Lei sorrise, quasi per rassicurarmi, oppure rassicurare se stessa, in qualsiasi caso andò a casa comunque anche perché non avrei mai permesso che restasse solo per me.

«A casa come va?» mi chiese Sam continuando a passarmi i bicchieri.

Non ero sicura di voler rispondere a quella domanda. Perché lui non era la persona giusta con cui parlarne e poi perché non sapevo neanche come rispondere.

Alzai le spalle. «Abbastanza bene» mentii senza neanche guardarlo in faccia.

Lui alzò le sopracciglia e mi guardò con uno sguardo quasi per dirmi "come no sicuramente".

«Sai che mi puoi parlare, fa bene parlare con le persone ogni tanto» affermò lui.

Lo sapevo, me lo ripetevano in continuazione tutti, ma per qualche ragione non riuscivo, non volevo. Non mi fidavo delle persone, facevo fatica, ero una persona molto diffidente, e poi  mi sembrava di essere sempre un peso, non volevo assillare nessuno coi miei problemi.

𝑩𝒐𝒓𝒏 𝒕𝒐 𝒅𝒊𝒆Kde žijí příběhy. Začni objevovat