100. Wrong way on a one way track

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La famiglia Martini non uscì a pranzo a festeggiare neanche la domenica  successiva

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La famiglia Martini non uscì a pranzo a festeggiare neanche la domenica successiva.

Patrick non stava ancora bene.

Se non era sdraiato sul letto, non necessariamente addormentato, lo si poteva trovare sul divano a guardare quel che aveva da offrire la programmazione TV, sgranocchiando tavolette di cioccolato, o in cucina con una tazza di latte e cereali. Al cacao. Non mangiava quasi altro e all'ora dei pasti a volte non si presentava a tavola.

«Mi sento ancora stanco» era la sua unica spiegazione.

No, non aveva problemi respiratori o episodi di tachicardia. Neanche quelli provocati dall'ansia, perché dopo la telefonata di Viola non ne aveva più provata, il suo malessere era diventato cinquanta per cento apatia e cinquanta per cento pensieri negativi e catastrofici, a cui reagiva con placida rassegnazione.
No, non aveva dolori al petto o mal di testa, di stomaco, muscolari; niente di niente.
No, non aveva voglia di parlarne. Non c'era niente da dire, se davvero si trattava di una ricaduta depressiva prima o poi sarebbe passata come sempre.
Di quest'ultima cosa però non era convinto, anzi tra i suoi pensieri negativi c'era il sospetto sempre più simile a una certezza che la sua vita non sarebbe più tornata come prima, non importa quanti farmaci avrebbe potuto assumere e quante altre sedute di psicoterapia avrebbe fatto. Ammesso non fosse morto di lì a breve, non per forza per mano propria. Forse, in fin dei conti, la sua irriducibile stanchezza non era questione di testa come era stato portato a credere dall'assenza di altri sintomi. Forse qualcosa di letale stava crescendo nel suo corpo o forse il suo cuore stava per alzare bandiera bianca o magari, quando avesse messo di nuovo il naso fuori casa, avrebbe incrociato la traiettoria di un'auto guidata da un teppistello di periferia o da un altro membro della famiglia Marini. Di modi di andarsene ce n'erano parecchi, e lui poteva dire di averne avuto un discreto assaggio.

Intorno alle undici del mattino, a una settimana esatta dalla visita al Pronto Soccorso, Gabriele lo trovò seduto alla propria scrivania, assorto nella lettura di un manuale sui disturbi dell'umore. Accanto al libro, una ciotolina quasi vuota di arachidi ricoperte di cioccolato fondente e l'involucro di una barretta Mars.

«Trovato qualcosa di interessante?»

Patrick alzò lo sguardo e, con assoluta nonchalance, accese una sigaretta. Nel posacenere c'erano già due mozziconi.

«Non soddisfo i criteri per un disturbo bipolare» disse. «Oppure ho scambiato per depressione delle fasi miste oppure ho una depressione psicotica? Posso considerare depressione quei pochi giorni a luglio scorso? Non sono ancora uno di quegli studenti di psicologia che si rivede in tutte le patologie esistenti, è il contrario... non riesco a capire quale sia il mio problema. Non riesco neanche a capire quello che leggo, il mio cervello sta perdendo colpi...»

«Alt, fermati. Non sta a te farti una diagnosi. E questa la prendo io, Mister Ventolin» Gabriele gli tolse la Marlboro dalle dita, lanciandogli un'occhiataccia. «Una ogni tanto okay, tre sono troppe.»

PatrickDonde viven las historias. Descúbrelo ahora