CAPITOLO 13

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Quei giorni mi sentivo come in gabbia, sentivo che il mio cuore stava per spegnersi. Ogni notte quei maledetti occhi blu mi seguivano, persino nei sogni non mi davano mai pace.
Il giorno di Pasqua di quell'anno non era trascorso nel migliore dei modi: pioveva a dirotto, il pranzo era stato troppo abbondante e lei… Donna Anna Maria continuava a fissarmi, come se fossi un rifiuto umano, mi infuocava di occhiate inaccettabili. Sentivo a pelle la sua cattiveria, l'invidia che nutriva ormai da tempo nei confronti di mia madre. Da tempo, loro due, si parlavano a malapena, era mio padre l'unica cosa le legava. Mi aveva sempre dato molti dubbi quella strana situazione e il matrimonio con Salvatore, sempre più vicino, non faceva altro che alimentarli.

Con i pensieri che correvano lesti nella mia mente mi affacciai al balcone e, abbassando lo sguardo verso il giardino, scorsi un'ombra in movimento ed ero quasi certa che fosse quella di Tommaso.
Cosa ci faceva lì?
Iniziai a sudare e, in fretta, corsi in giardino verso quell'albero: proprio lì avvenne il nostro primo incontro, mi commossi a quel ricordo. Mi guardai intorno stringendomi in un abbraccio ma lui non c'era. Lo avevo solo immaginato.
«Mi manchi Tommaso…» sussurrai per poi lasciarmi andare in un silenzioso pianto.

*

Tommaso non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Venderla lì in quello stato lo faceva stare male ma ciò che lo faceva soffrire più di tutto era il non potersi avvicinare a quell'angelo. Lei piangeva a dirotto e il suo cuore si sbriciolava in mille pezzi. Non riusciva più a controllarsi, voleva correre accanto a lei e abbracciarla come non aveva mai fatto prima. Tremava pur di fermare il suo istinto, sentiva il cuore scoppiargli nel petto. Poi Elena sollevò il capo e, dandogli le spalle, si diresse verso l'interno della villa. Mancavano ormai poche settimane a quel maledetto matrimonio e Tommaso si sentiva in dovere di salvarla.
Era sicuro che ce l'avrebbe fatta.

*

Il Marchese tornò in paese giusto due giorni dopo quella strana sera. Avevo l'urgenza di parlare con lui, perciò, in segreto, mandai a chiamarlo da uno dei domestici.
Arrivò alla villa il pomeriggio stesso, mi invitò a passeggiare e, quasi per scontato, accettai di andare con lui.
Andammo fra i campi di grano, non era la prima volta che rimanevo con lui e sapeva quanto mi piacesse stare nella natura. «ebbene? Dove siete stato di bello?» chiesi sollevando lievemente lo sguardo nel suo. Mi sorrise e si schiarì la voce. «impegni a Napoli, nulla di bello in realtà»
«ah no?» sorrisi appena. Sentivo una bella sintonia con il Marchese, sapevo di potermi fidare appieno.
«già…Napoli non fa per me, qui in Sicilia sto bene»
«Oh, Marchese… vorrei pensarla anch'io come voi ma qui mi sento soffocare»
«capisco quanto sia difficile far parte di questa classe e in più l'essere donna. Cosa c'è che non va, Elena?» si fermò stringendomi la mano, sospirai. Il sole batteva forte sulle nostre teste ed il vento soffiava leggero sulle spighe di grano dorate. «Non voglio sposarlo Don Salvatore» a quest'affermazione lui annuì, guardandomi con aria dispiaciuta. Non volevo la sua compassione, volevo il suo aiuto.

«Tommaso, lo stalliere, è partito con voi?» chiesi d'un fiato. Lui corrugò la fronte, qualcosa non andava.
«Sono andato solo in realtà. Chi ti ha detto ciò?» Le mie incertezze e i miei dubbi sembrarono prendere forma.
Non lo avevo immaginato, quella sera lui era lì. «Elena, stai bene?» mi risvegliai dalla breve trance con la voce del Marchese, io gli sorrisi e lo invitai a tornare verso la villa.
Durante il tragitto gli raccontai tutto, per filo e per segno e, lui, era ormai deciso di venirmi incontro.

amore senza prezzoHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin