Binario n.3

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Ancora una volta mi ritrovo a guardare i gradini delle scale che scorrono via sotto i miei piedi. Questo è sempre stato un momento strano: è come se il mio cervello si rifiutasse categoricamente di realizzare quello che succederà subito dopo, il motivo per cui sto salendo quelle scale, dove ci porteranno. Ancora una volta ci porteranno al binario 3.

Per una volta siamo riusciti ad arrivare in anticipo, quindi cerchiamo una panchina su cui sederci. Riusciamo a trovarla. Inizi a parlarmi della situazione che devi vivere una volta tornato su, mi parli del tuo lavoro e del perché da questo ti senti deluso. Io sto lì, seduta al tuo fianco che ti ascolto pazientemente. Capisco quanto stai male. Tutti parlano di avere un sogno da realizzare, di lottare al massimo delle proprie forze per farlo diventare realtà (e Dio solo sa quanto hai lottato tu), ma nessuno parla mai di com'è quando una volta raggiunto il sogno ti rendi conto che non è come credevi. Ti tengo stretta la mano fra le mie, ogni tanto ti accarezzo la nuca. Lo sguardo mi cade sul tuo Mil-Tec* nero. Le tue spalle devono sopportare un peso maggiore di quello. Ancora una volta mi ritrovo a desiderare di poter dividere quel peso con te, faccio di tutto per prendermi un po' di quel peso per metterlo sulle mie spalle. Spero di farlo.

Arriva il treno che ti riporterà su. Cerco di mostrarmi serena e sorridente. Passeranno molti giorni prima di rivederci di nuovo. Voglio che tu possa ripensare all'ultimo momento in cui mi hai vista e possa rivedere una me sorridente e serena. Ma la verità é un'altra ed entrambi la conosciamo bene: quei 600km pesano, non ci permettono di essere vicini e di prenderci cura l'un l'altro come vorremmo. "Lo sto lasciando solo" penso io. "La sto lasciando sola" pensi tu. Eppure non ce lo diciamo perché sappiamo che ci diremmo "non è così. Non hai idea di quanto mi faccia bene quell'ora in chiamata la sera. Non hai idea di quanto io mi senta protetto/a da te". E anche questo è vero. "E' solo una distanza di spazio, metri messi in fila uno dietro l'altro" ci ripetiamo. Ormai ci stiamo abituando a salutarci. Abbiamo imparato che esserci per l'altra persona non significa vederla ogni giorno. Chi ha una relazione a distanza questo lo sa bene. Eppure ogni singola volta che ti riaccompagno, ecco che spunta fuori quella sensazione allo stomaco, quel nodo alla gola, quella voglia di tenerti la mano stretta nella mia e per non lasciarti partire. Anche se lo immagini, devo cercare di dissimulare. Voglio proteggerti dalla mia tristezza.

Ancora una volta mi ritrovo ad abbracciarti, a baciarti, nel tentativo di fare il pieno di tutte queste cose che poi potremo solo ricordare e limitarci a desiderare. Ti prendo il viso tra le mani, fisso per un attimo il mio sguardo su quei tuoi occhi verdi cercando di imprimerli a fuoco nella mia testa, ti bacio di nuovo e di nuovo ti abbraccio. Quando ritorniamo alla posizione di prima, con tutta la forza che riesco a passarti e la tenerezza che riesco a trasmetterti, ti dico "prenditi cura di te stesso. Tu sei molto più forte di loro". Il mio intento è che questa frase ti accompagni in tutto quello che dovrai affrontare. Come se in ogni situazione tu abbia modo di risentire nelle tue orecchie la mia voce che te lo ripete e possa vedermi al tuo fianco che ti tengo per mano, qualunque cosa accada. Perché è questa la realtà delle cose. Questo è più vero di quel mucchio di kilometri. Sei seduto sulle scale del treno. Nessuno dei due vuole che il momento in cui ci dividiamo arrivi, quindi lo ritardiamo il più possibile. Ti guardo e capisco che tutto questo lo provi anche tu. Nei momenti in cui sento spuntare le lacrime, mi giro facendo finta che la mia attenzione sia stata attirata da qualcosa. Non penso che tu te la beva neanche per un secondo, ma lo faccio lo stesso. Cerco di riempire i miei occhi di te più che posso. Il portellone si chiude ma riesco ancora a vederti tramite la finestrella da cui ti affacci. Vai a prendere posto e io ti seguo da fuori. Mi stai ancora guardando dal finestrino. Il treno inizia a muoversi e io lo seguo. Per una manciata di secondi è come se camminassimo insieme. Dura pochissimo. Poi il treno inizia a prendere velocità e io non posso stargli più dietro. Potrei correre, è ciò che vorrei fare, ma so che non posso farlo. Altrimenti, i miei sforzi per non tradire la mia tristezza saranno stati vani. Allora rimango in piedi, continuando a sorriderti e fissando il tuo volto che continua a guardarmi mentre si allontana sempre più velocemente. Noto già della malinconia. Forse è perché ormai ti conosco abbastanza bene da sapere quello che stai provando, forse è perché tu puoi contare sulla velocità del treno per nasconderla (inutilmente), o forse è perché ti porti un peso talmente grande e da talmente tanto tempo da non riuscire a non farlo trapelare almeno un po'.

Ancora una volta mi ritrovo da sola al binario n.3 provando un vuoto dentro perché non ho fisicamente qui una parte di me, una parte importante di me. Ancora una volta mi ritrovo a percorrere la strada che dalla stazione porta a casa mia piangendo, sentendo gli sguardi dei passanti addosso, sentendo qualcuno che si lascia scappare un "che è successo?", "signorina, sta bene?". Ancora una volta mi ritrovo a cercare il tuo odore addosso a me, deve esserne rimasto ancora un po'.

Ancora una volta mi ritrovo ad ammirare la forza e la grandezza del nostro amore, che sopporta kilometri, continuative**, difficoltà di ogni sorta e anni di silenzio. Tutte cose che in genere fanno paura, ma noi siamo sempre riusciti a guardare e a dire "lui ne vale la pena", "lei ne vale la pena". E continueremo a farlo, sempre.



*zaino utilizzato dai militari

** le continuative sono delle esercitazioni in cui si simulano degli scenari di missioni militari in territori come boschi, montagne ecc. Bisogna percorrere un determinato percorso, facendo appostamenti, turni di guardia proprio come se si stesse compiendo una vera e propria missione. Col telefono sigillato (quindi inutilizzabile), si sta fuori in attività per giorni. Il numero dei giorni dipende molto dal corso che si sta facendo. Per noi, erano 3 giorni in cui non ci sentivamo.

Come ali di farfalla - Il canto di una LloronaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora