FASE CINQUE - (SECONDA PARTE) I STESSI OCCHI

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 < Alessandro> 

Il mio corpo non voleva saperne nulla di muoversi, ogni muscolo si era come congelato e nonostante cercassi di sforzarmi, rimanevo comunque immobile davanti quella dannata porta. Avevo varcato quella soglia un paio di volte per assistere alla terapia dei colori (una fottutissima cazzata, a mio parere). Milla aveva preparato il locale appositamente per David così da facilitarlo nell'esprimere ciò che sentiva, ma in due anni si era sempre rifiutato di farlo, almeno fino a cinque mesi fa quando iniziò a descrivere il suo processo di guarigione suddividendolo in cinque fasi. Il locale non superava i quaranta metri quadri: una piccola cucina, un bagno ed una camera che era stata adibita a salotto dove si svolgevano i vari incontri. Quest'ultima era stata arredata in modo strategico e minimalista: l'intero vano era completamente bianco, pavimento e pareti comprese, privo di mobilio ad eccezione di un piccolo tavolo da fumo in vetro al centro del locale, circondato da poltrone: quella in cui di solito si sedeva Milla era bianca e di fronte, altre quattro di differenti colori. Ognuno di essi aveva un significato diverso, in base a dove David si sedeva si poteva intuire il suo stato d'animo. Un buon modo per esprimersi senza parlare: il blu stava ad intendere uno stato di benessere e serenità, il rosso invece un forte senso di oppressione e prigionia, il giallo l'incapacità di gestire l'emozioni ed isolamento ed infine il nero, uno stato di rabbia ed aggressività tesa a ferirsi ed a ferire. Milla mi aveva confidato di non essere mai riuscita a farlo sedere sulla poltrona blu e non mi negò la sua preoccupazione riguardo quel processo di guarigione (definito così da David più volte). 

Il mio rimuginare fu di colpo interrotto, vidi la maniglia abbassarsi e subito dopo la porta si aprì:

" Entra fratellone! - cosa ci fai lì immobile?"

La voce di David stroncò di netto il mio blocco, il suo tono pacato istigò la mia rabbia e così entrai senza esitare. Sbattei la porta alle mie spalle, ed alzando il capo lo vidi davanti la finestra del salotto che guardava fuori. Accortosi della mia presenza si voltò e sorridendomi mi venne incontro pronto ad abbracciarmi, ma io non avevo fatto tutta quella strada per scambiarci gesti d'affetto ed anticipando il suo passo, mi avvicinai per primo rifilandogli uno schiaffo in piena guancia:

" Cosa ti è saltato in mente? - cosa significa questo mazzo di tarocchi?" urlai mostrandoglielo.

Rimase in silenzio con il capo voltato a causa del mio schiaffo.

" Il nostro recitare davanti a Noa non prevedeva alcun regalo! - lo hai fatto di proposito, non è così? - rispondimi!" ero furibondo.

" Hai paura, fratellone?" 

Sgranai gli occhi bloccandomi di nuovo.

" Non è così? per questo non riuscivi ad entrare, vero? - sei rimasto fermo davanti la porta! - le telecamere non mentono mai!"

Tornò alla finestra senza degnarmi di uno sguardo:

" Ti confesso che sono rimasto letteralmente scioccato nel venire a conoscenza dei tuoi segreti! - segreti che tieni sepolti nel tuo animo, fratellone!"

" Che cosa sai?" chiesi balbettando. 

" Tutto! - ad esempio, so che il tuo vero nome non è Alessandro ma Saur...!"

" Non pronunciare quel nome!" lo interruppi gridando.

" Perché? - è un bel nome!" rispose ironicamente 

" Ho rinnegato quel nome come la vita a cui appartiene! - fa parte del passato, ormai!" il mio tono rabbioso era dettato dalla paura, i miei segreti non erano più al sicuro.

" Sai qual'è la cosa che invidio di più in te?" mi domandò voltandosi.

" La tua innata capacità di cancellare il passato! - tu guardi sempre avanti senza mai voltarti indietro. Una dote non da tutti!"

IL ROSSO NEL BUIO - STAGIONE 2Where stories live. Discover now