Ti ho lasciato il mio numero sopra il frigorifero

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Era un mercoledì pomeriggio ed ero appena tornata dalla lezione di storia medievale. Non ero tanto stanca, anche perché quel giorno avevo avuto solo quel corso da seguire, ma mi sentivo in un limbo di riflessione e introspezione personale non indifferente. Erano appena le diciassette quando il campanello della mia casa da fuorisede suonò. Ero confusa perché Laura non era a Milano già da qualche giorno, gli altri miei amici erano tutti in facoltà e quindi, chi poteva mai essere? <Sì? Chi è?> chiesi. <Bea sono Matteo con Mario, ci fai salire per scroccare un caffè? Passavamo di qua> disse. La sua bugia mi convinse abbastanza da sbloccare il portoncino del palazzo e urlare un "secondo piano", per poi aprire la porta blindata del mio piccolo appartamento che si trovava a qualche passo dalla facoltà di lettere. <Ciao ragazzi> salutai non appena entrarono nel mio campo visivo dalla tromba delle scale. Mario era stupendo: rideva affaticato, aveva dei pantaloni un po' distrutti e scoloriti, una polo e delle scarpe da ginnastica ai piedi. Fu il primo a sbucare e il primo a salutarmi con un abbraccio. <È da tanto che non ti vedo in giro, che combini?> In realtà era da soli dieci giorni che non li vedevo. Certo, mi aveva fatto strano perdere di vista Matteo che di solito lo incontravo pure per sbaglio in biblioteca e con cui mi intrattenevo anche dopo cena, ma stare lontana da Mario mi aveva fatto bene. Fino a quel momento. <Sai tra le lezioni e lo studio> dissi vaga. <Non mi saluti?> chiese subito sulla difensiva Matteo, sbucando poco dopo e non dando il tempo di rispondere al suo accompagnatore. <Vieni qui> dissi un po' troppo entusiasta, allargando le braccia. Rise imbarazzato, poi mi strinse a sé. <Mi stavo preoccupando> mormorò. <E di che ti preoccupi scusa?> chiesi fintamente perplessa. Nel frattempo lo feci entrare in casa e sedere nel minuscolo tavolo della cucina, dove si era accomodato anche Mario. Accesi la macchinetta del caffè. <Non ti vedevo più da nessuna parte, di solito sei un topo da biblioteca> concluse. <In questi giorni volevo approfittarmi della solitudine del mio appartamento visto che Claudia è andata dai parenti per qualche giorno> risposi calma, passando le tazzine di caffè per poi porgere lo zucchero e i cucchiaini. Presi posto accanto a Matteo. <Voi che combinate?> chiesi cambiando discorso. <Nulla, cerchiamo degli studi che ci permettano di registrare qualcosa> rispose Mario girando il cucchiaino nella tazzina fumante. <Trovato qualcosa?> controbattei. <Niente di niente> rispose Matteo un po' sconsolato, sorseggiando il caffè. <Mi dispiace. Potrei chiedere a qualcuno dei nostri amici se conosce qualcosa anche nei dintorni> proposi. Mario annuì: <Ci faresti un grande piacere>. Sorrisi. <Allora dopo mando un messaggio magari a Davide o Giovanni che sono quelli più informati su queste cose e nel caso vi faccio sapere> dissi. Mi ringraziarono, poi si alzarono e si buttarono letteralmente e poco delicatamente sul mio divano accendendo la TV. <Professione fai pure eh> lo rimproverai ironicamente mentre mettevo le tazzine con i cucchiaini nel lavello e poi mi sedevo tra loro sul divano. <Ormai> disse ridendo. <Proprio un gran maleducato> si aggiunse Mario. <Vabbè, cosa si guarda?> disse Matteo ancora sorridente. <Per il film è un po' tardi forse, tra poco è ora di cena> risposi controllando l'orario sul telefono. C'era un messaggio da parte di Nicola, che mi fece roteare gli occhi al cielo e bloccare il telefono. Matteo si accorse della mia reazione: <Che vuole questa volta?> sbuffò. <Dice che vuole vedermi stasera se i suoi coinquilini non stanno in casa> borbottai. <Scusate chi è questo?> chiese Mario giustamente perplesso. Non feci in tempo a rispondere perché il mio amico rispose per me: <Un coglione che non sa cosa vuole dalla vita e si approfitta dei sentimenti delle persone. Vero Bea, o mi sbaglio?> concluse con tono un po' severo, ma dandomi una pacca sulla coscia. <Vero vero> sospirai. <Io non andrei> disse Mario dopo qualche secondo di silenzio. <Sì, neanche io> concordai, prendendo il telefono e digitando una risposta al messaggio, scrivendo che non ci sarei potuta essere. La sua risposta non tardò ad arrivare: E che cos'hai di meglio da fare?. Lo lessi a voce alta scoppiando a ridere. In quel momento, Matteo mi strappò il telefono dalle mani digitando: Sicuramente non stare ai tuoi giochetti, che inviò facendomi sbiancare. Mario rise. <Ma ti sei impazzito?> esclamai sorpresa ma un po' divertita. Lui alzò le mani: <Glielo dovevi dire prima o poi>. Un'altra risposta non tardò ad arrivare: Ne parliamo domani mattina davanti ad un caffè. Vengo a casa tua per le 10. E poi sparì. <Bea non farlo entrare, per favore> disse Matteo. <Vabbè sento che vuole e poi se ne va, magari è la volta buona che ci chiudo> risposi poco convinta. Il discorso si chiuse, guardammo una serie TV e dopo cucinammo della pasta al pesto per cena. Matteo e Mario lasciarono casa mia alle undici.
Alle dieci di mattina, mentre pulivo ancora i piatti e le padelle della sera precedente, suonò il campanello. <Ciao, mi fai entrare?> chiese Nicola con un sorriso strafottente. Mi feci da parte per farlo passare. Mi salutò con un bacio sulla guancia e poi si sedette in cucina. <Questo casino chi l'ha fatto?> chiese, notando la piramide di piatti sul lavello. <Matteo è venuto a cena con un suo amico ieri sera, non avevo voglia di lavare piatti alle undici e quindi li stavo facendo ora> spiegai mentre azionavo la macchinetta del caffè. <E questo?> chiese ancora, notando un post-it rosa attaccato al frigo. Aggrottai le sopracciglia perplessa: sopra, con un inchiostro blu, c'era un numero di telefono. <L'avrà lasciato Matteo per fare lo stupido, non lo so, poi glielo chiedo> spiegai, staccandolo e mettendolo nella tasca della tuta. <Perché ieri non sei venuta?> chiese, versandosi lo zucchero nel caffè e girando con il cucchiaio. <Te l'ho detto, Matteo era qui a cena e quindi non potevo venire> risposi mentre addentavo un biscotto. <Nel messaggio hai scritto che non volevi più stare ai miei giochetti, però> incalzò. <È vero> risposi subito. <Perché no? Cosa c'è che non va?> <Il fatto che dopo due anni non l'abbia detto ancora a nessuno delle persone a te più strette, per esempio?> dissi ovvia. Lui rise. <Sarebbe solo questo il problema? Sai cosa significa privacy?> borbottò. Risi io. <Non è privacy, è non voler dire di star frequentando qualcuno da due anni, non due mesi, anni. Voglio altro, non mi servono queste cose a metà> dissi sicura. Lui annuì. <Va bene, allora chiudiamola qui> disse. Io annuii. <Sai dov'è la porta> mormorai. Poco dopo, la porta blindata si chiuse con un tonfo e i passi di Nicola sulle scale riecheggiarono nel palazzo.

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