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Erano le nove di sera. Aziraphale si avvicinò all'ingresso della sua libreria e voltò il cartellino attaccato al vetro sul lato che recitava "molto chiuso". Poi si voltò e con un gesto veloce della mano fece abbassare tutte le persiane.

Si avvicinò al divanetto di pelle accanto alla sua scrivania e addocchiò quell'infernale cuscino rosso. Quel fottuto cuscino che aveva il potere di provocarlo tutte le sere una volta che chiudeva la libreria e aveva modo di rilassarsi.

E quella sera si sentiva particolarmente affamato. Ma no, non aveva nulla a che fare con il cibo.

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L'angelo Aziraphale nel corso di tutta la sua esistenza si era più volte concesso ai piaceri del buon cibo. Era stato Crowley a tentarlo per la primissima volta nella casa di Giobbe, quando disgustato non avrebbe mai immaginato di riuscire ad assaggiare quella carne arrostita. Dannato demone tentatore. Eppure l'aveva fatto, Crowley ci era riuscito.

< Mi stai tentando? >

< No, sei semplicemente libero di assaggiare. >

Allargò le narici e inspirò a pieni polmoni l'odore del cibo umano, era invitante ma al tempo stesso così strana l'idea di provare a sentirne il gusto. Ma alla fine cedette, ne prese un pezzetto e ne leccò una parte con la punta della lingua. Fu la fine. Quella notte non seppe neanche quanto andò avanti a trangugiare quel cibo così afrodisiaco mentre il demone Crowley era a poca distanza da lui, stravaccato su un divanetto a bere vino. La fonte dell'ubriachezza.

Aziraphale mangiava senza sosta e pensò fosse l'unica volta. Come aveva detto il demone era libero di assaggiare, libero di mangiare e dunque nel pieno potere di dire basta, gli angeli non facevano quelle cose. Ma poi, ancora una volta e poi basta, ancora una volta e poi basta.

Ancora una volta e poi basta.

Lo diceva tutte le volte.

Vivere sul pianeta terra non fù d'aiuto, l'essere umano si evolveva, i tempi cambiavano e di conseguenza anche i modi di preparare le pietanze. In pochi lo sanno, ma Aziraphale era lì ogni volta che nasceva un nuovo piatto, pronto ad assaggiare qualsiasi cibo da qualsiasi continente; la pizza in Italia, le crêpes in Francia, la gaufre in Belgio e oh cavolo, il sushi in Giappone. Era un angelo che peccava di gola, ne era svergognatamente consapevole e anche svergognatamente orgoglioso. Era sicuro che persino Dio avrebbe ceduto a tutto questo.

E al suo fianco, per tutto quel tempo passato sul pianeta c'era sempre lui, quel demone che non faceva altro che tentarlo e stuzzicarlo, aveva capito ormai che quest'ultime rientravano nelle sue attività preferite. Lo portava al Ritz, il loro ristorante preferito dove potevano gustare assieme del buon cibo e del buon vino, in un atmosfera allegra e rilassata.

Crowley guardava Aziraphale mentre gustava ogni singola pietanza, dall'antipasto al dolce. Era così felice mentre le sue papille gustative andavano in subbuglio e il demone adorava vederlo così. Adorava tentarlo al fine di renderlo soddisfatto. Crowley era ovviamente consapevole di riuscire a tentarlo riguardo al cibo. Ciò che non sapeva e ciò che l'angelo non sarebbe mai stato in grado di dirgli, era che riusciva a tentarlo anche in un'altro modo.

Con il passare del tempo, secolo dopo secolo, anno dopo anno, oltre ai piaceri del cibo, quel corpo umano a cui si era tanto affezionato iniziava ad avere altri tipi di bisogni, così aveva ceduto anche a quello. Sempre ed inconsapevolmente grazie a Crowley, si era arreso ad un'altro tipo di fame.

All'inizio aveva imparato a controllare quel tipo di reazione, l'angelo era talmente pudico da vergognarsene; va bene il cibo, va bene il vino, ma questo assolutamente no, è disgustoso, è un peccato enorme. Così bastava un un gesto veloce di mano all'aria per tranquillizzare l'amico che si ritrovava in mezzo alle gambe. Ma dopo seimila anni le cose iniziavano a diventare molto più complicate, complici anche i sentimenti che Aziraphale nutriva per Crowley.

Good Omens | ANCORA UNA VOLTA E POI BASTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora