Capitolo 15

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Gibril era rimasto tutta la notte a sorvegliare la barca. Alle prime luci dell'alba gli aveva dato il cambio Nimer Doudou, suo caro e fidato amico.
Era affezionato a quella ragazza italiana, completamente diversa da quelle merde dei Pastor.  Avrebbe fatto quanto in suo poter per farla sentire al sicuro.

Verso le dieci del mattino, mentre era nel pieno del sonno, Doudou lo contattò per dargli degli aggiornamenti: la ragazza era seguita da due persone differenti che non lavoravano insieme.

Leda era davvero in pericolo non si era suggestionata.

Ci mise poco meno di venti minuti per vestirsi e raggiungerlo a plâce Garibaldi.

"Amico, mi sa che la ragazza è nella merda" esordì Doudou. Non era un tipo impressionabile e vederlo nervoso non era affatto buon segno. Piccolo di statura ma nerboruto.
Sempre con un piede nell'illegalità e l'altro nei combattementi clandestini.
Si muoveva spostando il peso da una gamba all'altra, pronto a scattare.
"Spiegati meglio" gli offrì una Galouises, magari avrebbe smesso quel balletto irritante.

"Quello che ora stiamo per tampinare, è inquietante ma non conosco il suo background. È alto e magro come un palo della luce, capelli scuri, giacca di pelle. Insomma fa di tutto per passare inosservato ma ci riesce male.

"Sembra il male minore per quale motivo?" anche Gibril si era acceso una galoises, gustandola al contrario di Doudou che in un paio di boccate l'aveva fatta fuori. Si erano appostati dietro la giostra dei cavalli; il tizio che invece aveva descritto l'amico era nel caffè de la plâce.

"Perché conosco bene l'altro che l'ha seguita da quando è scesa dalla barca. E credimi, non vorrei avercelo alle calcagna".
"Chi è?"
" Idris Kovavic".
"Kovavic il Croato, quello che lavora per i Russi?"
"Esattamente. Il bello è che il tizio qui al caffè, appena l'ha visto si è occultato bene, gliel'ha fatta. È stato bravo".

"Quindi la seguono per ragioni diverse".

"La mia teoria è che quelle merde dei Pastor abbiano fatto qualche sgarro e quella checca del fidanzato della ragazza, abbia assoldato il tizio in giacca di pelle".

"Non fa una piega. Fatto sta che Leda è fin troppo sveglia, se n'è accorta".

"Ci dovrà pagare bene, Idris fa paura anche a me".

"Tranquillo, i soldi non sono un problema. Per il momento andiamo a fare quattro chiacchiere con l'amico qui".

Senza ulteriori indugi attraversarono la piazza.
Il tizio con la giacca di pelle li stava aspettando al bar.

"Chi di voi si vuole fidanzare con me" disse l'uomo con arroganza, squadrando da capo a piedi sia Gibril che Doudou. Dall'accento era sicuramente italiano.

Doudou lo guardò in cagnesco mentre portava la mano indietro sulla schiena, tastando il metallo della pistola.

"Sto proteggendo Leda". Bofonchiò annoiato.
"E noi dovremmo crederti sulla parola? Ci hai presi per fessi!" Ringhiò agitato Doudou tanto che Gibril lo trattenne per un braccio.

"Ora le telefoniamo e poi cerchiamo di far fronte comune piuttosto che litigare tra noi". Continuò calmo. Gibril non replicava ma continuava a fissarlo stundiandolo. Nascondeva qualcosa.

L'uomo digitò velocemente sullo smartphone attivando la modalità vivavoce.

"Lucio che succede?"
"Sono qui in compagnia di un tuo amico, grosso e con una brutta faccia. Afferma che ti sta proteggendo. Prima che mi spacchi la faccia vuoi dirgli che anche io sto facendo la medesima cosa"
"Gibril sei tu?"
L'uomo, chiamato in causa, levò di malomodo il telefono da mano all'altro.

Il lupo della guerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora