Prohibido. - Oneshoot

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Buongiorno o buonasera gente di Wattpad :)

Sono nuova qui, e questa è la mia prima fanfiction a sfondo erotico quindi mi piacerebbe davvero tanto conoscere i vostri pareri a riguardo! La storia è composta solo da questo capitolo, ma se vi piace il genere potrebbe venirmi in mente l'idea di scriverne altre!

Grazie in anticipo a chiunque leggerà, voterà e commenterà! La storia la potete trovare anche su EFP cercando Prohibido :)

A presto!


Andrea. ♥

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"Justin, smettila" cerco di sussurrargli quando la sua mano si posa sulla mia coscia, sotto il tavolo.

"Se stai buona non attiri l'attenzione" mi risponde calmo lui, ammiccando in direzione del piatto ormai vuoto. Per distrarmi dalla pressione che le sue dita applicano sul leggero tessuto delle calze che indosso, sposto lo sguardo sulla nostra famiglia. Di fronte a me c'è mio padre che come a ogni festività è leggermente ubriaco - dice che per sopportare cose come la Pasqua o il Natale ci voglio solo due bicchieri - e al suo fianco mia madre che se la ride bellamente delle scemenze di suo marito. La nonna cerca sempre di fargli la paternale ma mio padre è testa dura, e mi verrebbe quasi da dire 'come suo nipote' quando quest'ultimo sposta la mano verso l'interno coscia."Non puoi proprio aspettare?" mi prendo gioco di lui, ma sappiamo entrambi che anche io non riesco ad aspettare se c'è lui vicino."Cos'è che non potete aspettare voi due? Il dolce?" ci chide innocentemente zio Jeremy e io, quasi abituata a interruzioni del genere, non mi faccio prendere dal panico."Cosa vuoi farci papà, Jaxon e Jazmyn non sono i tuoi unici bambini!" gli risponde Justin, tutto sorridente!"ZItti un pò, almeno voi siete ancora nei venti! Io ne ho già trentadue e aspetto le uova di Pasqua come se ne avessi solo due!" continua mio fratello Frankie alla mia sinistra.

La nonna si lascia commuovere dalle parole di noi nipoti e corre a prendere le nostre uova. Apriamo le uova nella gioia generale, tutti in piedi intorno al tavolo, soprattutto di Jaxon e Jazmyn che sembrano più interessati nel fare un casino di pazzi con la carta d'alluminio che le avvolge."Anch'io ho una sorpresa da scartare, vuoi vederla?" mi sussurra Justin all'orecchio, abbracciandomi da dietro. Prima che io possa rispondere l'urletto della nonna mi fa sussultare più delle sue mani calde sui miei fianchi."Che bello che nonostante l'età siate ancora così uniti. Sono fiera della mia famiglia!" spiega meglio la nonna quando tutti ci giriamo verso di lei. A queste parole rabbrividisco. Dovrebbero sapere in che modo io e Justin siamo uniti. Anzi, non dovrebbero affatto. Non dovrebbe proprio esistere.Eppure, sono anni che io e Justin ci siamo resi conto che il nostro rapporto e tutt'altro che una forte amicizia tra cugini. Tutto è iniziato da quasi un anno e mezzo, due estati fa, quando da tempo il nostro rapporto aveva preso una strana piega.


Eravamo seduti in riva al lago. La terra era umida e molle sotto i teli utilizzati da Justin per creare un quadrato di terra sul quale farmi sedere. Ogni santissimo anno, i nostri genitori fittano sempre la stessa casa sul lago e l'unico modo che io e Justin abbiamo per farcelo piacere è guardare le stelle. Stesi a pancia all'aria, il naso all'insù, le spalle che si toccano. Da quando abbiamo 12 anni, quasi tutte le sere sgattaioliamo di casa con i teli sotto braccio, ridacchiando in silenzio. Quell'anno però, c'era qualcosa di diverso nell'aria. "Sono anni che facciamo le stesse vacanze, ma non mi stancherei mai di guardare le stelle con te" gli sussurrai avvicinandomi un pò di più. Quell'anno mi era mancato più del solito: aspettavo le riunioni di famiglia come se fosse sempre Natale."Questa è diversa.. ti sono cresciute ancor di più le tette!" ridacchiò lui e lo sentii allacciare le sue dita alle mie, le mani incastrate tra i nostri fianchi.Risi. Risi per vari motivi. Risi perchè con lui mi sento sempre serena, a un chilometro di distanza dalla Terra, lontana dal male. Risi perchè era divertente parlare con lui di certe cose. Risi perchè mi faceva sentire bene il fatto che mi avesse guardata, guardata in quel modo."A te sta per uscire la barba: quando mi abbracci pungi" lo dissi con un tono incoraggiante, come a infondergli speranza. Erano due anni che scherzavamo sul fatto che la pubertà si fosse dimenticato di fargli crescere i peli sul viso. Anche lui rise e ascoltarne il suono è come perdersi nel cielo stellato: infinito, armonioso."Tu mi vuoi anche se non ho la barba" scherzò lui e immediatamente un'immagine di poche ore prima invase la mia mente. Era uscito dall'acqua come uno di quegli attori famosi, le gocce d'acqua dolce scendevano veloci ed aggraziate sui suoi muscoli modellati dal basket e dall'hokey, sull'addome liscio e tonico, fino a terminare sull'elastico del costume, dove venivano assorbite dal cotone. Una fitta tutt'altro che dolorosa mi prese al basso ventre, un formicolio percosse tutta la spina dorsale e le mie dita strinsero di più quelle di Justin. Le strinsero come avrebbero fatto con un lenzuolo, mentre si fa l'amore. "Sei splendida" lo sentii sussurrare ma non ero più lì, i miei occhi non guardavano più le stelle ma come le gocce d'acqua percorrevano il profilo di Justin tanto profondamente da poterne sentire i contorni sui polpastrelli. "Hai ragione, ti voglio" le parole uscirono dalla mia bocca prima che me ne rendessi conto ma con Justin era sempre stato così. Non gli ho mai potuto tenere nascosto nulla. Si voltò lentamente verso di me e il suo sguardo cambiò. Non era più Justin, il cugino più piccolo di un anno, quello dell'infanzia. Era diventato il Justin predatore, quello dalle battutine col doppio senso, quello dalle sei ragazze ogni estate, quello a cui penso nei miei pomeriggi e che mi prende nelle mie fantasie."Dolce, piccola Ari" sussurrò, e lo fece più volte, a bassa voce, mentre si avvicinava."Non sono così dolce, e neanche piccola. Ho un anno più di te" gli risposi, guardandolo fisso negli occhi. Non eravamo più spalla contro spalla ma eravamo entrambi stesi sul fianco, uno di fronte all'altro a meno di cinque centimetri di distanza.. "Sai almeno cosa significa volere?" si prese gioco di me, ridacchiando e afferrando una mia ciocca di capelli. Nel farlo mi accarezzò la guancia accaldata e il tocco mi fece rabbrividire.Presa da una strana forza interiore, quasi ringhiai mentre - con l'aiuto delle mani - lo feci strendere di nuovo con la schiena contro i teli e mi posizionai a cavalcioni su di lui, facendo incontrare i nostri bacini. Lo guardai negli occhi e gemetti. Spudaratamente, senza freni. Come già detto, a Justin non posso nascondere niente. Potevo sentire la sua eccitazione, non del tutto formata ma sicuramente invitante. Nel farlo stendere, la mia gonna si è alzata fino a scoprire quasi del tutto le mie cosce e l'unica cosa che mi divide dal suo corpo è il tessuto del mio intimo."Anche se non l'avessi saputo, lo starei scoprendo adesso" sussurrai a voce bassa, concentrata sulla protuberanza a contatto con la mia intimità. Tra di noi vi era un perfetto angolo retto, lo guardavo dall'altro, appoggiata su di lui, rilassata nonostante l'eccitazione."Forse sono io che devo scoprirlo" mormorò e con il senno di poi avrei dovuto capire che quelle erano le parole da cui non vi era ritorno. La sua mano percorse il mio ginocchio destro, lentamente e formando piccoli cerchi. Il suo tocco era come fuoco sulla mia pelle fresca a causa del vento leggero che tirava in riva al lago.Per una frazione di secondo mi ricordai che qualcuno avrebbe potuto svegliarsi, avrebbe potuto affacciarsi e vederci, ma quando le sue dita iniziarono a disegnare una linea sicura e spedita verso l'interno coscia persi completamente la lucidità. Ero in balia delle sue dita, e non mi stava toccando neanche al centro della mia eccitazione. Ma in fondo era sempre stato così. Io ero sempre stata in balia di Justin, del suo sorriso, del suo essere impulsivo e poco responsabile e anche quella volta mi ero lasciata andare a una sua marachella.Come a sapere che io sarei crollata, sentii le sue ginocchia sollevarsi e appoggiarsi alla base della mia schiena come a volermi sostenere. Mi lasciai scivolare sulle sue ginocchia, quindi, quando le sue dita arrivarono fino al bordo delle mie mutandine e con il suo sguardo ancora incatenato al mio, valicarono quel limite così debole.Neanche il tempo di pensare a quanto tutto quello che stava succedendo potesse essere eccitante - o solo un altra mia fantasia - che lo sentii penetrarmi con due dita, senza preavviso. Ansimai e il suo sorriso beffardo si fece ancora più malizioso. Mi mantenevo aggrappandomi alle sue ginocchia mentre mi toccava al centro della mia eccitazione, ma ero in cima al mondo, in completo disequilibrio, non vi era più il suolo sotto le mie cosce: eravamo nell'infinito.Di scatto mi afferrò per la canotta che uscì dall'elastico della gonna appena lui la sfiorò con le dita. Caddi rovinosamente su di lui e la prima cosa che notai era che ora senza le sue dita dentro di me ero vuota."Sei splendida" ripetè, accarezzandomi il profilo con l'altra mano."Dimmi che non è finto, dimmi che non è un tuo scherzo" gli sussurrai quasi sulle labbra. Tremavo, tremavo per le emozioni che mi stava dando, tremavo per i suoi occhi così familiari.Per il secondo che separò le nostre labbra potei vedere lo sguardo del Justin cugino riaffiorare su quello rosso di malizia e quando toccò le mie labbra con le sue fu come tornare in cima al mondo, in bilico con un piede sulla terra e l'altro già nel vuoto. Poggiò le labbra sulle mie delicatamente, spingedomi verso di lui con una mano sulla mia nuca. Appena la mia pelle toccò la sua fui subito un fuoco, aveva ormai acceso completamente la miccia. Divorai le sue labbra con voracia, lo volevo. Mi morse il labbro superiore e ne approfittò del gemito che seguì per offrirmi la lingua. Tutti i miei muscoli erano tesi, la sua mano sinistra dalla nuca era scesa insieme all'altra sulla mia schiena, mi stringevano quasi con fare protettivo.Mi sentii sfilare la canotta e non feci altro che sollevare un braccio alla volta per aiutarlo. Alla vista del mio seno il suo sguardo tornò ad essere acceso dalla passione.Ribaltò le posizioni ed ero sotto di lui, le cosce ancora ancorate ai suoi fianchi. Lo potevo sentire ovunque: la bocca era scivolata sul collo e si avvicinava pericolosamente al seno sinistro, la sua erezione ora completamente formata mi premeva esattamente al centro della mia intimità.Ero già ansimante, rossa, pronta per lui ma lui non accennava a smettere di torturarmi con la bocca. Passò due dita tra la pelle del mio seno destro e la coppa del reggiseno per poi abbassare quest'ultima facendo sollevare un pò dolorosamente il mio seno fino al suo naso e dimenticai completamente il dolore quando ci poggiò sopra le labbra. Era una tortura: mi baciava ovunque, con la lingua circoscriveva i capezzoli per poi morderli. Lo volevo, ora più che mai. Presa dal suo stesso fuoco spingevo il bacino verso il suo, facendo incontrare i nostri sessi ormai pronti l'uno per l'altro."Dio, Justin. Mi vuoi far morire?" sussurrai al cielo stellato, stringendo la nuca di mio cugino con una mano, con l'altra ero ancorata al suo fianco. Non se lo fece ripetere neanche due volte: vedermi ansimante sotto di lui gli era parso abbastanza.Non ci preoccupammo di spogliarci, eravamo perfetti lo stesso. Lo aiutai ad abbassarsi l'elastico dei pantaloncini della tuta che indossava insieme a quello dei boxer facendo svettare la sua erezione al di fuori di essi. Alla vista di quanto mi volesse il mio desiderio aumentò così tanto che sarei potuta venire al suo minimo tocco.Mi sfilò gli slip solo da una gamba - le sue dita leggere sui miei fianchi, sulla mia pelle accaldata, e mi prese in una sola spinta. Immediatamente mi sentii completa, nel posto giusto.Quando iniziò a spingersi più volte dentro di me credetti di poter toccare quel cielo stellato con i polpastrelli: ero in Paradiso. Incominciai ad assecondarlo, i nostri bacini erano sincronizzati, le mani che studiavano e stringevano il corpo dell'altro. Strinsi più forte le mie gambe sui suoi fianchi: volevo sentirlo ovunque e volevo che non si fermasse mai. Sembrava che i nostri corpi fossero fatti esattamente l'uno per l'altro, ero nata per accoglierlo e lui per spingersi in me.La notte silenziosa era interrotta solo dai nostri gemiti sussurrati sulle labbra dell'altro, dal fruscio dei vestiti bloccati tra i nostri corpi. E fu quando raggiunsi l'orgamso e gridai il suo nome che mi resi conto che niente sarebbe stato più come prima. Anche il solito cielo stellato mi sembrava diverso ora che il fiato di Justin mi accarezzava dolcemente il seno nudo.

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