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"e brave ragazze"
la voce di ryan sembrava l'unica orecchiabile tra le urla intermittenti dei sorveglianti a quell'ora del mattino.
come avremmo dovuto immaginarci, la sveglia che avevamo impostato quella mattina sarebbe stata troppo ritardataria per il tempo che ci avremmo messo per prepararci.
appunto per quello arrivammo in mensa al posto che alle 8.30 tre minuti dopo, e in quei tre minuti la sorvegliante diventò una belva.
iniziò a sbraitare come una matta, non sembrava volersi calmare per nulla al mondo.
inoltre non eravamo per nulla sistemate adeguatamente, camicie in disordine e capelli arruffati.
io per fortuna mi ero riuscita a dare una sistemata più accentuata anche se comunque il canone di perfezione a cui dovevamo attenerci era ben lontano.
una volta finita la colazione, enrico mi prese sottobraccio, e senza dire nulla mi accompagnò fino alle fine della grande sala dove poi mi mimò a denti stretti qualcosa che non recepì per bene.
ci separammo nelle nostre file, camminavamo dritti senza esserci scambiati grosse chiacchierate ed una volta arrivati in un grosso corridoio colorato i sorveglianti ci aprirono le porte per la classe d'uso comune, dove tutti iniziarono a correre per accaparrarsi i posti più lontani dalla cattedra.
l'idea iniziale era di rimanere con carmelina durante le lezioni, ma lei all'ultimo mi disse che enrico mi avrebbe tenuto un posto di fianco a lui, alla penultima fila di banchi.
inizialmente ero confusa, soprattutto perché quella mattina non ero dell'umore giusto sia per la stanchezza ma anche perché tanti pensieri mi vagavano fulminei nella mente.
facevo davvero fatica a metabolizzare che la sera precedente mi ero davvero spaventata per un gesto di un ragazzo così innocente nelle sue azioni.
avevo avuto paura, e questo non lo nego, ma il motivo per cui ero rimasta pietrificata era troppo difficile da spiegare ad una persona, soprattutto se quella persona era un completo sconosciuto.
"mari"
mi richiamo enrico, sventolando la sua mano in alto cercando di farsi notare nel frastuono.
lo raggiunsi, ero giù di morale, facevo davvero fatica a metter su un sorriso.
mi sedetti di fianco a lui e mi appoggiai su un braccio, con il sonno che lentamente si faceva strada nella la mia anima stanca.
"tutto bene?"
mi chiese d'improvviso.
alzai il capo, e l'unica cosa che feci per placare le sue preoccupazioni fu sorridergli molto falsamente, in quel momento quello era il mio massimo di espressione.
quando poi riappoggiai la testa sul banco il tempo sembrò scorrere velocissimo.
sentivo le urla della prof e quelle dei miei compagni che le rispondevano ma io più di tanto nemmeno mi scomodavo per ascoltarle.
rimanevo con la fronte sulle mie braccia cercando di spegnare la mente che mi faceva male, pulsava sentivo le meningi stringersi tra loro creando una sorta di soffocamento dei miei pensieri positivi.
avrei voluto uscire da quella classe e restare da sola.
"signorina bianchi"
ero stordita sentivo le voci che anche se a pochi centimetri da me parevano lontane un chilometro.
alzando il capo vidi la professoressa dinnanzi a me con sguardo severo mi invitò ad alzarmi dalla sedia su cui ero seduta.
"ma che cosa ho fatto"
chiesi stremata mentre le camminavo dietro con gli occhi rossi dalla stanchezza e dai soprappensieri.
"ora lei rimane qui, e segue la lezione da in piedi così non si addormenta"
"ma non sto bene prof la prego"
iniziai a divagare, mi sentivo la testa pesare di lì a poco sarei ceduta a terra.
guardavo la donnina parlarmi e non comprendere una sola parola che le usciva da quella boccuccia anziana.
"stia dritta"
mi bacchettò, vedendomi appoggiata alla cattedra.
"ma porca miseria"
mi strofinavo il viso, mi comparve un sorriso nervoso che rivolgevo alla signorina ogni volta che si girava per guardarmi, stavo perdendo il controllo della mia mente.
"può togliersi quel sorriso, e stia dritta come le ho già detto"
"prof posso andare fuori"
"no bianchi stia lì"
iniziai a scrocchiarmi le dita con prepotenza, sentivo le ossa che lentamente liberavano quelle bollicine d'aria tra loro e più piegavo le dita più non sentivo dolore.
respiravo pesantemente, ed ero sicura di esser diventata completamente rossa per la rabbia e il dolore alla testa.
"porca troia io non ce la faccio"
sussurrai in preda ai nervi, mentre la vecchia continuava a spiegare indisturbata.
"mati, stai tranquilla"
mi disse flavio al primo banco, vedendomi arrossire sempre di più.
letteralmente stavo prendendo il colore dei miei capelli, quasi un pomodoro.
lo guardai, non dissi nulla continuavo a muovermi per evitare di perdere il controllo della mia mente e tiravo calcetti al pavimento e a qualsiasi cosa mi passava a tiro.
"oh signor preside"
improvvisamente l'uomo con portanza altezzosa entrò nell'aula, mi lancio una veloce occhiata e arrabbiato inizio a troneggiare sulla classe.
"chi ha buttato questa gomma a terra?"
"chi ha le pistole ad acqua"
"chi è che stava facendo casino?"
in pochi minuti diversi cognomi saltarono fuori dalla conversazione, facendo di noi una grossa marmaglia di indecenti ragazzi.
"è la signorina bianchi cosa fa in piedi, in questo stato?"
"la signorina stava riposando la mente così l'ho fatta alzare"
"ma ho male alla testa"
subito fui zittita dal pelato, che si rigirò per raccomandare a tutti noi la buona educazione.
ero paonazza avrei preso a pugni qualsiasi cosa, eppure non avevo nulla sotto mano.
mi graffiavo le braccia, le mani, i polsi, ero talmente furibonda che sarei svenuta
davanti al preside.
la lezione finì ed io tirai un sospiro di sollievo, recuperai la giacca e a falcate veloci ne ne andai dal corridoi, sfuggendo agli occhi della sorvegliante.
raggiunsi la finestra più vicina e scoppiai in un pianto ripieno di nervosismo estremo.
non sapevo perché mi sentivo così arrabbiata e stanca, sapevo solo che la testa mi girava e in quel momento non avrei gradito alcun tipo di compagnia.

𝐀𝐁𝐔𝐒𝐄-𝐑𝐘𝐀𝐍 𝐆𝐑𝐄𝐂𝐎Where stories live. Discover now