capitolo 3

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" Vuole una busta?"

"Si, grazie."

"Va bene, sono 47€ e 32 centesimi, carta o contanti?"

"Contanti, tenga."

Mentre allunga le tre banconote, due da venti, una da cinque e qualche spiccio per pagare, sente due anziane dire la loro su quanto sia poco decoroso andare in giro in quel modo.

Lei non vede nulla di sbagliato nella sua minigonna a scacchi verdi, poi suo padre le ha sempre detto che la violenza dell'uomo non va mai giudicata come logica conseguenza, forse fa parte di qualche istinto ma con la logica non ha proprio nulla a che spartire.

Avrebbe volentieri evitato di uscire, certi bisogni però non possono essere messi in secondo piano e il suo stomaco che continuava a brontolare, sfamato solo da insalata e tonno in scatola.

Il negozio è a poco più di un chilometro da casa sua, a lei piace percorrere il percorso passeggiando con il canale che sembra seguirla come un'amante premuroso, le trasmette calma poi, per quanto alla lontana, le ricorda Venezia.

C'era stata con i suoi quando aveva compiuto nove anni, un anno prima che sia madre abbandonasse suo padre e di conseguenza lei, per scappare con un giovane avvocato senza.

Questo le aveva fatto parecchio male, però si cresce, lo si fa sempre. Finiamo per concederci una tregua da quello stato di tensione che ci avvolge quando proviamo rancore per qualcuno, certo sua madre sicuramente era stata esiliata dal suo cuore ma quel giorno, era stata anche lei protagonista di quella piacevole giornata.

Il golfino poggiato sulle spalle ogni tanto viene fatto volteggiare da un leggero venticello, si ferma per un istante a osservare un gatto intento a leccarsi la zampa sul marciapiede. Quando lo supera sente il suo leggerissimo miagolio e capisce che deve essere un randagio, si sente un po' come lui, senza nulla al mondo se non se stessa e spesso è anche troppo; torna indietro, dalla busta tira fuori un po' d'affettato e glielo porge.

Il gatto all'inizio è un po' titubante poi la fame lo vince e inizia a mangiare con gusto il prosciutto, si lascia accarezzare il dorso concedendo qualche fusa.

Cristina si alza e si allontana, abbastanza felice, anche orgogliosa, per quell'atto caritatevole.

Mentre gira la chiave nella toppa del portone, legge il manifesto affisso di certi lavori di manutenzione che saranno svolti tra qualche giorno, disinfestazione, cose simili.

Dopo aver sistemato la spesa si siede al tavolo della cucina intenta a mangiare una mela, accende la televisione per compagnia ma non saprebbe nemmeno dire che argomento stiano trattando, quei signorotti dalle camicie ben stirate che parlano con tono saccente.

Decide dopo aver buttato il torsolo nel cestino, di leggere un po' i suoi appunti, cercando di fare ordine per non ritrovarsi poi totalmente disorientata al suo ritorno, che secondo il certificato sarà tra sei giorni.

La sua calligrafia non è mai stata quella che si addice a una mano delicata di una ragazza, le maestre alle elementari poi i professori alle medie le dicevano sempre, che a vederla sembrava una richiesta di riscatto di un sequestratore o di materiale di un muratore.

Non le è facile decifrare quei segni marcati, spesso più volte, però alla fine basandosi sulla profonda conoscenza che ha del suo modo di ragionare riesce a cavarci qualcosa.

Gli occhi si sono fatti rossi, per la lettura e soprattutto il fumo delle sigarette che ha acceso mentre riordinava gli appunti, si alza e decide che è arrivato il momento di mettere a bollire l'acqua per il pranzo.

C'è da dire che nonostante non abbia mai avuto una predisposizione naturale al cucinare, la continua pratica la portata a raggiungere un buon livello ai fornelli, ogni tanto quando la giornata sembra essere iniziata per il verso giusto si concede anche di sperimentare nuove ricette. I dolci no, quelli non gli sono mai piaciuti.

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