Il viandante delle stelle

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Era una sera d'estate qualunque. Il caldo era tale da rendere l'aria opprimente ed il pensare estenuante. Quando lui comparì il vento si fermò d'improvviso, creando uno stacco netto dal movimento delle foglie degli alberi, che fino a quel momento si erano lasciate cullare dolcemente dal vento estivo, leggere, senza pensieri, come chiunque desidererebbe condurre la propria esistenza.

Apparve dal nulla all'ombra di un pino, evanescente come il fumo, nero come una notte senza Luna. Il suo antico e stanco corpo veniva trascinato in giro da nient'altro che abitudine e rassegnazione.

Aveva preso un'altra anima. Adesso era triste, come ogni altra volta da quando aveva imparato il significato di ciò che faceva, nonostante svolgesse questo ingrato compito da tempo immemore. Si trovavano adesso a passeggiare l'uno accanto all'altro in una buia strada solitaria, mentre l'uomo in nero si scusava con l'altro per averlo preso così prematuramente, spiegando che aveva solamente eseguito gli ordini. Gli chiese poi: -Sei pronto ad andare?-, e l'uomo rispose: -Perché mai me lo chiedi? Farebbe qualche differenza?-. Aggiunse poi che gli sarebbero mancati sua moglie ed i suoi figli, e che gli sarebbe piaciuto poter dare loro un ultimo abbraccio, un bacio sulla guancia, e sentire il loro profumo. Allora l'uomo in Nero gli chiese scusa per il mancato preavviso, spiegando che non era lui a fare le regole. L'altro iniziò quindi a ripensare a tutte le volte in cui aveva baciato e abbracciato la sua famiglia, e, seppure sperasse di trovare consolazione in questo, si rese immediatamente conto che altrettante volte non sarebbero comunque state sufficienti a saziare la sua anima. Pensava a quei momenti con gioia, facendone tesoro, perché sapeva che non sarebbero mai più tornati. Allora, in un'ondata di rassegnata ira, l'uomo inveì verso l'oscuro compagno, chiedendogli a denti stretti: -Il tuo padrone. È consapevole dell'atroce compito che ti ha delegato e che ti costringe ad eseguire? E della mia sofferenza, quella della mia famiglia e di tutte le altre anime che hai mietuto e mieterai, ne è consapevole? Eh?-. Lui gli rivolse uno sguardo colmo di comprensione, incapace, in prima battuta, di rispondere a queste ragionevoli provocazioni che si era sentito rivolgere più volte di quante sarebbe stato disposto ad ammettere. Poi, con un tono di voce pacificatore lo invitò alla riflessione chiedendogli: -Se potessi, torneresti indietro per non incontrare tua moglie? Torneresti indietro per evitare di avere dei figli, ed evitare di provare tutta la gioia e l'amore che grazie a loro hai provato, per non dover poi soffrire in questo esatto momento all'idea di doverli lasciare andare? In poche parole, se potessi, preferiresti non aver mai vissuto per non dover soffrire ora davanti all'incombenza della morte?-. L'uomo, sorpreso da queste parole, lo guardò stupito, incapace di proferire parola. Distolse poi lo sguardo per riflettere su ciò che gli era stato detto. Dopodiché si voltò nuovamente verso il nero compagno, questa volta con sguardo calmo, senza dire nulla, consapevole che la risposta fosse piuttosto ovvia. L'angelo gli rivolse un sorriso gentile, sicuro che avesse capito, e, consapevole che fosse comunque diritto dell'uomo stare male. Così continuò dicendo: -Vedi mio caro amico, agli uomini è stata data la possibilità di vivere ogni cosa, ogni emozione, ogni sfumatura. C'è tanta tristezza nella vostra esistenza, tanta miseria, lo so, ma c'è anche tanta felicità, amore e gioia. Vi è anche stata data la possibilità di apprezzare ogni singolo giorno, di percepirne il reale valore, e capisco che questo ai vostri occhi possa apparire solamente come un'ingiusta punizione, o uno scherzo di cattivo gusto, ma l'unico modo per permettervi questo era rendere i vostri giorni limitati-. Contrariato, ma consapevole che avesse ragione, l'uomo tornò a guardare per terra, mentre continuava passivamente a camminare per inerzia.

Nel frattempo erano giunti alla fine della strada. Si trovavano ora su di una spoglia duna. Il grigio mare calmo che si stendeva di fronte a loro appariva al chiaro di luna come un immenso lago argenteo. Sul limitare del bosco dietro di loro, in lontananza, le lucciole illuminavano l'erba che avevano sotto, mentre danzavano leggere nell'aria tra volteggi. Una lieve brezza aveva preso adesso ad accarezzare i capelli con mano gentile. Il Mietitore sollevò delicatamente la pallida sfera dai contorni indefiniti, quando il suo volto eterno venne debolmente rischiarato dalla tenue luce lattiginosa che essa emanava. Gli sussurrò che poteva stare sereno, che la sua famiglia avrebbe trovato la forza di andare avanti, e che tutto sarebbe andato bene. Dopodiché, fece fluire su di lui, attraverso i suoi polmoni, il Fiato dell'Eternità. Così la sfera iniziò a salire lentamente, sempre più in alto nel cielo blu notte trapuntato di stelle, fino a diventare una di esse.

Lui rimase lì, da solo, ancora per qualche istante, con il suo fumoso corpo evanescente che continuava a muoversi e a mutare forma come aria nera. Cercava il coraggio di mietere prematuramente un'altra anima e separarla per sempre dai suoi cari, consapevole che neanche il più meschino tra gli esseri di tutto l'Universo avrebbe mai potuto farlo a cuor leggero. Così, sconfortato e rassegnato, si preparò ad incontrare il prossimo ignaro Viandante delle Stelle.

Allora, poco alla volta, prese a dissolversi, salutando il creato con un ultimo cenno della sua eterea toga nera.

Il viandante delle stelleWhere stories live. Discover now