Capitolo 6

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Le ore successive passarono molto lentamente e tutte con la stessa manfrina: gli insegnanti entravano in classe  e mi chiedevano di presentarmi, dopodiché riprendevano le loro normali e ordinarie lezioni fingendo che il mio linguaggio scurrile non li avesse lasciati di sasso.

Oltre alla cornacchia, ad una tartaruga e una professoressa che avevo denominato "carota" per via dei suoi terribili capelli arancione spento, ad insegnare là dentro c'erano un paio di ragazze molto giovani appena uscite dall'università o in procinto di laurearsi, delle armi a doppio taglio per il mio compito: nuove nel mondo del lavoro ma uscite da poco da dietro i banchi, gli scherzetti più banali come una chewing gum sotto la sedia o la colla sull'interruttore della luce avrebbero potuto funzionare solo se fossero stati una novità per loro e non un qualcosa che gli capitò di vedere ai loro tempi. Ma era un discorso che si poteva fare anche con le insegnanti più anziane, che avendo avuto una quantità smisurata di studenti potevano averne viste di cotte e di crude e un rospo morto nel cassettino della cattedra poteva non fargli alcun effetto.

L'unica cosa certa era che a lungo andare quel tipo di scherzetti potevano diventare noiosi o terribilmente irritanti e procurarti un biglietto diretto di sola andata per la presidenza, destinazione che però non mi spaventava affatto: più volte sarei finita a stretto contatto con la preside più possibilità avrei avuto di farmela amica e quindi di scampare alle possibili sospensioni o espulsioni. Era un piano piuttosto contorto con miliardi di variabili indipendenti dal mio operato, ma molto più semplice da mettere in atto a livello pratico rispetto ad altri.

Quando finalmente la campanella finale trillò in quel piccolo bunker il mio cuore si sollevò e lasciai cadere la testa all'indietro sulla sedia gettando le braccia verso il basso. Ora capivo perchè gli studenti si sentivano così esaltati all'idea di tornarsene a casa a sdraiarsi sul proprio divano

«Alleluia!» urlai forse un po' troppo forte scatenando la risata delle mie compagne di banco e una pessima occhiataccia dall'insegnante di italiano

Misi in tutta rapidità la cartella sulle spalle e uscii dalla classe quasi di corsa, senza salutare e senza preoccuparmi del fatto che nessuno degli altri ragazzi si fosse alzato dal proprio banco. Forse avrei dovuto seguire il loro esempio ed aspettare ad avventarmi verso le porte della libertà, perchè uscire da quel posto era un vero inferno, un'esperienza quasi raccapricciante: i ragazzi si spingevano l'uno contro l'altro per cercare di arrivare per primi all'esterno dell'istituto formando una massa indefinita di zaini, cartellette e altri oggetti che, puntualmente, ti arrivavano in un occhio; mischiati poi alla puzza di sudore sotto il naso causata dalle ascelle pezzate di chi era appena uscito dalla palestra diventavano un'arma di tortura estremamente efficace, altro che le pene inserite da Dante nella Commedia, se avesse deciso di inserire all'inferno l'uscita da scuola come punizione per i propri peccati l'avrei preso più sul serio e perculato di meno.

Per mia fortuna riuscii ad andarmene da quel posto con tutti gli arti attaccati al corpo, anche perchè la classe in cui ero capitata era una di quelle esterna e avevo trovato una scorciatoia nascosta e meno trafficata in mezzo al giardinetto lì accanto per raggiungere il cancello in modo più tranquillo rispetto a chi doveva farsi tutto il corridoio e due rampe di scale prima di vedere uno spiraglio di luce divina.

Justin mi aspettava all'uscita nello stesso posto in cui mi aveva scaricata, appoggiato al bagagliaio della macchina col suo sorriso più radioso e gli occhi di chi era stato in panico per tutta la mattinata e poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo vedendomi sana e salva. Sapevo che mi aveva aspettata in quella posizione per tutta la mattina e sapevo anche che se gliel'avessi chiesto lo avrebbe negato dicendo di essere andato a fare delle commissioni, ma queste al massimo potevano essere andare in tabaccheria a comprare il terzo pacchetto di sigarette della giornata

Quel fatidico gennaioWhere stories live. Discover now