11. All teenagers scare the living shit out of me

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🇪🇸WILL POV🇪🇸

Mi chiudo la porta di casa alle spalle e la prima cosa che faccio è sospirare, dopodiché posso finalmente scacciare dal mio viso quel sorrisetto che mi ostino sempre a far vedere a tutte le persone durante il giorno.

Sono stanco.
Stanco di fingere.
Stanco di sforzarmi affinché gli altri mi prendano sul serio. Ma puntualmente questo non succede mai.

Ed ho finito gli assi nella manica, non so più cos'altro inventarmi.
Per tutti quello che faccio diventa un problema.

Tipo la scorsa settimana quando ho comprato un pony -Senape- all'insaputa di tutti. Volevo solo regalare una degna mascotte alla mia squadra di football.

Ma poi è stato un casino perché nessuno l'ha voluta, così ho portato Senape a casa e adesso vive pascolando nel mio giardino.

Mia madre non ha gradito, infatti è ancora arrabbiata e non appena ho portato Senape qui ha minacciato di mandarlo al macello.

Scuoto la testa e vado in cucina per mangiare qualcosa di dolce, gli allenamenti di oggi sono stati particolarmente pesanti.

Mentre ficco la testa dentro al frigo gioco con i miei occhiali da aviatore che ho appesi al collo tutto il giorno tutti i giorni.

Vi chiederete perché. Hanno stile, cazzo.

E non sopporto di indossare la stupida divisa di scuola, io ho bisogno di abiti colorati per non avere l'umore sotto terra. E di facce lunghe ne conosco già troppe.

Dopo un'attenta analisi delle varie confezioni di gelato scelgo quella alle almendras y pistacho (mandorle e pistacchio), mia madre ha nostalgia del suo paese natale, la Spagna, perciò si ostina a fare spesa in un supermercato spagnolo in città.

Si esatto, sono mezzo spagnolo.

Pesco un cucchiaio dal cassetto e mi metto a divorare il gelato sul divano mentre sto su tik tok. Finché non vedo che mi arriva un messaggio da Penny, nell'ultimo periodo mi sta scrivendo spesso e non capisco perché.

Le rispondo con una foto, ma guardando il mio riflesso prima di scattarla balzo in piedi spaventato. Voltandomi vedo mio fratello torreggiare in salotto con le braccia tatuate incrociate al petto.

«Ese, a momenti mi facevi venire un infarto» gli dico poiché ho visto il suo riflesso attraverso il mio telefono. Mi ha colto alla sprovvista.

Lui continua a scrutarmi burbero, con i suoi soliti guanti di pelle ad avvolgergli le mani, non se li toglie mai. È lo stesso principio dei miei occhiali da aviatore.

Gli occhi scuri e i capelli castani rasati su cui spiccano delle cicatrici, ma non è niente in confronto a quella che gli attraversa metà faccia.
Fa paura solo a vederlo.

«Dov'è il tuo amichetto?» mi domanda in spagnolo con voce minacciosa.
Piccolo particolare da sapere su mio fratello: è un pazzoide. Uno di quelli che sarebbe capace di ammazzarti con un semplice schiaffo.

E di solito non è mai a casa, per cui riesco a vivere più o meno tranquillamente.
«Ancora con questa storia?» alzo un sopracciglio. Deve finirla di importunare Atris e reprimere la sua sete di vendetta.

È chiaro a tutti ormai che la colpa di quello che è successo non è di Atris.

«Rispondi» mi esorta.

«Non lo so, come tutte le volte che me lo chiedi. E anche se lo sapessi non te lo direi. Sai perché tra i miei amici sono sempre quello che viene messo più da parte? Perché le precauzioni non sono mai troppe, ed io non li tradirei mai ma evitano di dirmi tutto quello che fanno proprio perché tu sei mio fratello» mi sfogo.

𝑶𝒏𝒆 𝒑𝒍𝒖𝒔 𝒐𝒏𝒆 (1+1) Where stories live. Discover now