I tre coinquilini

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Era a chiaro a tutti e tre i coinquilini nella casa che la situazione attuale non era delle migliori. In quella fittizia abitazione dalle sembianze di una favela si respirava l'odore di sogni infranti. Quei sogni che svaniscono e si perdono come polvere nell'aria. Polvere e sogni nella casa, sui mobili mezzi rotti, sugli scaffali gonfi di vestiti sporchi, negli occhi spenti, nella voce, nelle parole, nella vita... di quei tre bastardi. Una volta, Morris Sdrummer, attuale abitante della camera doppia condivisa insieme al sempre depresso Mario Ghigliotta, disse: la società ha come base i sogni infranti delle persone. Senza di questi, la Terra, sarebbe un pianeta alieno. Ma la situazione in quel fantasmatico giorno di dicembre era alquanto strana. Nella stanza singola, Jimm G. Fragorous, stava scopando senza rimorso, cavalcando una fica sconosciuta, da poco rimorchiata, sotto le note dei Talking Heads che venivano accompagnate dal ticchettio ipnotico della pioggia sul vetro della finestra adiacente al letto quasi matrimoniale che stava venendo demolito da quei colpi ripetuti di Jimm tanto da sbattere violentemente sul muro andando così a disturbare il tentato sonno di Mario, insaccato sotto le coperte alle quattro del pomeriggio a causa del turno notturno passato all'ospedale.

Morris Sdrummer era in cucina e si stava fumando una sigaretta mentre cercava di leggere un libro di Dostoevskij. Era un periodo brutto per lui, tendeva spesso a rimpiangere il passato: quando riusciva a leggere più di due pagine di seguito. Adesso leggeva due righe e si interrompeva subito dando spazio a pensieri virtuosi sul passato e su tutto ciò che non aveva ma che, per suo giudizio, avrebbe dovuto avere, anche più di chi lo deteneva. Si sentiva superiove alle ombre che vedeva in giro o dalla finestra. Ombre prive di logica, sagome di una società travagliata, anime anestetizzate, cosa rimane degli uomini? Lui sognava un amore antico, semplice, sognava di diventare scrittore e firmò un contratto con la sua anima garantendo che, se a trent'anni non lo sarebbe diventato, si sarebbe ammazzato.

Nella foto di quell'istante, scattata mentre il fumo avvolgeva la cucina con forme grige ed astratte, Morris aveva la faccia consumata dall'insoddisfazione. Consumata come i mobili dell'appartamento, che avevano decisamente bisogno di un cambio o una sistematina ma il proprietario della casa, il Sg. Polo Augusto DeSantis di sta minchia, non aveva mai nei suoi interessi i bisogni di tre giovani ragazzi. Aveva un'avidità unica nel suo genere. Una cosa di sangue, mica una cosa da nulla. L'avidità ha lo stesso colore del veleno. E quindi fa schifo, mettetevelo in mente.

Bum bum. Sulla parete del muro. Ancora colpi. La stanza di Jimm sparava onde energetiche sonore alla stanza di Mario. Tremava tutto. Mario provò a coprirsi la testa con un cuscino rigirandosi un po' sul letto come uno schifoso scarafaggio. Esanime essere. Stupido fottuto perditempo. Solo che la scopata non cessava, stava sfidando l'ora, chi lo avrebbe mai detto, pensò Mario, scrostandosi le coperte di dosso e guardandosi un po' intorno con sguardo malconcio. Aveva sempre lo sguardo malconcio, quel Mario. Quel matto di Mario. E si tirò su, fece il faticoso sforzo di alzarsi e camminare verso la porta come uno zombie uscito da un film di Romero. Oltre la porta la strada si faceva lunga: un piccolo soggiorno con mattonelle colorate portava direttamente alla cucina, questione di tre metri. La filosofia di Mario era: se non puoi dormire vai a mangiare. E mangiare gli riusciva bene. Quindi avanzò verso la cucina sempre mantenendo uno sforzo notevole nella faccia, con le vene che gli si contraevano sul collo. Si scagliò oltre le porte della cucina entrando nella stanza abbagliato da un raggio di luce, che trafiggeva le nuvole decretando la fine del diluvio delle quattro del pomeriggio, proveniente dalla finestra. Morris lo guardò perplesso smicciando in un posacenere fatto con la lava dell'Etna, che stava sul tavolo bianco. Nessuno di loro era mai stato sull'Etna, a dire il vero. Quel posacenere era da più tempo di loro in quella casa. Antico residente. Chissà se anche il vero proprietario, ogni tanto, ne sente la mancanza. Non è una mancanza materiale, ma più di ricordo. Pagare un'oggetto per immortalare un ricordo nella memoria. Comprare memorie. Toccare la materia per evocare ricordi. E ora quell'oggetto non aveva più significato, il valore spazzato via, si limitava ad accogliere la cenere della sigaretta di Morris come un cesso con la merda.

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⏰ Last updated: Dec 16, 2023 ⏰

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