Cap.6

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Reich e  I.F. continuavano a vedersi nei rispettivi sogni: uno sempre più arrabbiato e l'altro sempre più stanco, morto.
Quello era l'unico momento in cui tutti e due potevano rilassarsi, godere uno della presenza dell'altro.
Reich gli raccontava di come ogni giorno soffriva senza di lui, di come la sua mente diventava sempre più malata.
L'altro annuiva prendendolo tra le braccia, dicendogli che lui era lì, insieme a lui.
Quando la mattina arrivava si salutavano tra le lacrime, promettendosi di rivedersi quella sera stessa.
Nessuno stava passando un bel periodo.
Reich ogni giorno commetteva massacri su chi non riusciva ad aiutarlo, diventando sempre più rabbioso.
I.F. invece non provava quasi più nulla.
Si sentiva vuoto, senza emozioni, sentimenti, pensieri.
Solo nei sogni si sforzava di provare qualcosa, solo per il suo amore.
Durante le giornate era segregato ad una piccola camera da letto, contenente solo una scrivania ed un piccolo letto adatto per una persona.
Invece, ogni giorno, a qualsiasi ora, si ritrovava su quel letto, nudo, alla merce di un'altro.
Stavano stretti, appiccicati.
Voleva odiarlo ma non ci riusciva, non ne aveva la forza.
Ogni giorno era più debole e rassegnato al pensiero di una vita così.
Voleva sforzarsi di credere che la vita è bella, come gli avevano insegnato, ma non ci riusciva.
Aveva perso ogni speranza.
Ormai quasi ogni fede.
Questo era gravissimo, gli angeli vivono grazie alla loro fede, e quando smettevano diventavano semplicemente ombre, incapaci di provare qualunque cosa noi consideriamo umana.
Era per questo che ogni angelo poneva la sua fede un qualcosa di immortale.
Ma lui aveva compiuto un errore fatale.
Accecato dell'orgoglio aveva posto la sua fede in lui, credendosi eterno.
L'aveva plasmata ad anello, lo stesso che gli brilla sul medio della mano destra.
Ora quella fede non brillava più come un tempo, era crepata e opaca, spenta.
Proprio come il suo proprietario.
Ormai non ricordava quasi più il suo nome, si era abituato a "bambola" oppure insulti come "troia" e "puttana".
A coronare il tutto era anche commenti al suo aspetti estremamente femminile, i suoi capelli troppo lunghi o come i suoi occhi fossero troppo capaci di esprimere una qualunque emozione in pubblico, mentre in privato era sempre bellissimo, perfetto.
Angelico.
Ma lo era ancora?
Giorno dopo giorno sentiva sempre
Di meno questa caratteristica, sempre meno se stesso.
Era all'interno dell'ennesimo sogno, il suo amore tra le braccia

"Perchè non mi dici dove ti trovi? Perchè non mi permetti di trovarti...?"

Solo una carezza fu la risposta
E un bacio fu la risposta al gesto

"Lo sai, io ti troverò sempre"

E come sempre, quei momenti di tranquillità finivano brutalmente per colpa del suo rapitore
Come ogni mattina gli profanava le labbra, gli tormentava l'intimità e se ne prendeva gioco, chiedendogli perchè fosse così inutile da non riuscire a svegliarsi da solo.
E le giornate continuavano, tremendamente uguali, stancati e malate.
Tossiche.

"Sai~ dato che ti piacce tanto assomigliare ad una donna, ho pensato 'perchè non accontentarlo?' Così, ti ho preso un piccolo regalo~"

Davanti ai suoi occhi, indossato da un manichino, stava un vestito.
Un bellissimo vestito di seta, rosso come il più bel tramonto.
Gli orli erano ricamati e molte delle decorazioni erano un pizzo, cucite a mano con maniacale precisione.
Un vestito da sogno.
Per una puttana.
Sul petto era aperto e lasciava davvero poco spazio all'immaginazione.
Le maniche in realtà erano guanti e c'erano pure degli 'accessori': una frusta nera legata alla vita come una cintura, una manetta sul collo e delle stupide corna finte da diavolo.

"Che ne dici~ Non vuoi provarlo vediamo se ti va bene~"

'Vediamo'
Iniziò a sporgliarlo, non evitando toccate e baci su tutto il suo corpo.
Aspettò qualche minuto prima di fargli indossare quello straccio.

Era stretto, scomodo, sembrava fatto di schegge di vetro.

"Peccato che debba durare solo qualche oretta, vero~"

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⏰ Última atualização: Mar 02 ⏰

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