Capitolo 16

36 4 7
                                    

Clara

Rovereto, Ottobre 1940

È arrivato l'autunno e con lui il freddo, le foglie rosse e il profumo delle castagne, solo una cosa mette in ombra questa bellissima stagione: la guerra. La guerra continua imperterrita la sua avanzata, il cibo è sempre meno e adesso si è aggiunto anche il problema del freddo, non sappiamo come faremo a scaldarci quando l'inverno arriverà ma ora come ora cerco di non pensarci perché io ho la persona che tiene caldo il mio cuore. Alexander è ancora qui a presidiare Rovereto e ringrazio il cielo per questo, so che potrebbe andarsene da un momento all'altro. Dopo quella meravigliosa notte di Agosto siamo ancora più innamorati di prima, sempre se sia possibile amare ancora di più una persona come io amo il mio soldato. Sto tornando a casa dopo aver spedito, finalmente, la lettera all'ospedale. Ce ne ho messo di tempo me ne rendo conto, avevo paura di non esserne in grado ma sentivo di doverlo fare e così l'ho fatto, ho trovato il coraggio. È buio e ho freddo, mi stringo nel mio maglione bordeaux e cammino velocemente per andare a casa, non pensavo di fare così tardi, i miei genitori saranno in pensiero e così mi affretto a tornare. Arrivo davanti alla porta di casa sana e salva e mia madre mi apre. "Oh eccoti" mi dice mia mamma un po' preoccupata, giustamente, appena entro sento un profumo buonissimo e il calore di casa mi invade facendomi rilassare i muscoli intorpiditi. "Ciao mamma – annuso l'aroma del cibo sui fornelli – mmm, che buono!" esclamo. "Sì dobbiamo farcelo bastare per tre" mi dice lei, le razioni di cibo sono sempre più misere come detto prima, ma noi tre riusciamo quasi sempre a essere sazi finito il pasto. "Certo, non abbiamo molta scelta." Nel mentre vado a salutare mio papà che sta leggendo il giornale seduto sul divano. "Ciao papà." "Ciao Clara" dice sorridendomi, le acque si sono calmate dopo la nostra chiacchierata a tre anche se sono consapevole che per lui sia difficile vedermi insieme ad Alexander, ma sa anche che sono felice. Mi siedo vicino al camino per scaldarmi un po' e dopo vado in camera per poggiare delle cose. Scendo di nuovo e inizio ad aiutare mia mamma preparando la tavola. "Hai dato la lettera all'ospedale?" mi domanda. "Sì l'ho fatto" dico soddisfatta e orgogliosa di me stessa. "Sei proprio sicura di volerlo fare?" mi chiede mio papà dal salotto. "Sì voglio rendermi utile. Adesso che ho finito la scuola, anche se avrei voluto continuare a studiare, devo fare qualcosa." "Sei troppo giovane Clara" mormora mia mamma con un tono un po' triste, non ha tutti i torti, ma la guerra non risparmia nessuno e se io ho il potere di aiutare lo faccio volentieri. "Lo so, ma non posso farci niente" dico mentre mi dirigo in salotto vicino al fuoco. "Ehi piccola, sei una Fiocchi, non dimenticartelo mai. Testa alta sempre" dice mio padre guardandomi dritta negli occhi. "Sì papà" dico ridendo, sempre il solito lui. Ritorno in cucina e inizio a pelare le patate e mia mamma mi chiede di Alexander, è bello che finalmente possiamo parlare di lui con tranquillità. "Come sta Alexander?" "Sta bene. Oggi ha detto che aveva una perlustrazione o una cosa del genere." Non ci capisco molto di termini militari. "Volevo ringraziarvi per aver accettato Alexander. Non è facile per noi, soprattutto per quello che dice il paese" dico mentre continuo a pelare le patate. Ormai le persone hanno cominciato e vederci insieme e a fare due più due, le occhiate, i sussurri e i pregiudizi volano. "Lo so, a me e alla mamma dispiace di aver avuto dei pregiudizi. È un bravo ragazzo dopotutto" dice mio papà avvicinandosi alla cucina. "Lo so, anche io li ho avuti all'inizio, ma lui ha capito e non me ne ha fatto una colpa. E poi, comunque, non ci importa di quello che dicono gli altri." È una mezza verità, da una parte è vero che non ci importa degli sguardi dei passanti, delle malelingue, ma dall'altra vorrei solo che le persone smettessero di guardarci come animali chiusi allo zoo. "Ah lo so bene!" dice mia madre guardandomi con gli occhi divertiti. Le sorrido leggermente, non le dirò nulla dei miei reali sentimenti perché le farei male e basta, ha già abbastanza pensieri. Cercando di non pensare alle cose brutte finiamo di preparare il cibo e mia mamma mi dice di sedermi a tavola, cosa che faccio immediatamente. Ci riempie i piatti con la zuppa e iniziamo a mangiare, parlando del più e del meno come in una normale serata, qualsiasi sia la normalità in tempo di guerra.

***

Ricordo che era AprileWhere stories live. Discover now