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Simone aveva passato quegli ultimi giorni in uno stato di continua angoscia, da una parte, e di mancanza dall'altra, e si sorprendeva ogni volta di come fosse possibile che le due cose fossero direttamente riconducibili a due persone della sua vita estremamente diverse.

Ormai aveva imparato ad associare quello strano senso di aspettativa e di malessere che sentiva nel petto a ogni ora del giorno a Mimmo. 
Mimmo, che per certi versi era stata una boccata d'aria fresca dopo essersi sentito rifiutato da Manuel, era diventato una sorta di nuvola nera che gravitava attorno a lui, con i suoi problemi e le sue difficoltà, e Simone non poteva fare a meno d'immergersene. 

Non capiva nemmeno lui il perché. Le possibilità erano due: o calamitava tutti i bravi ragazzi invischiati nei giri loschi, o era lui che andava a cercarseli. Ancora non si era dato una risposta, né era convinto di volerla conoscere. Aveva paura di sentirsi ancora una volta un problema, quando per tanto tempo aveva cercato di essere la soluzione. 

E a proposito di problemi... se a Mimmo associava tutte quelle sensazioni, il senso di mancanza era dovuto inaspettatamente a Manuel.

Per lui, Simone aveva provato tante cose... amore, desiderio, rabbia, paura, dolore, ma mai mancanza. 
Volente o nolente, Manuel c'era sempre stato. 

E allora perché adesso si sentiva privato di una parte di sé?

Da quando Manuel aveva lasciato la villa, Simone si aggirava tra le stanze alla ricerca di qualcosa che - lo sapeva - era da tutt'altra parte e non sarebbe tornata. 

Sospirò. Era ormai davanti a scuola, ad aspettare Mimmo, e doveva necessariamente allontanare quei pensieri deprimenti e senza senso che gli avevano affollato la mente nell'ultima settimana. 
Doveva pensare alle cose belle. A Mimmo che sarebbe stato libero, a suo padre che sarebbe stato meglio, alla sua vita che stava prendendo una piega giusta, finalmente.

Si guardò attorno. I suoi compagni erano lontani, Manuel non era ancora arrivato - non che gli importasse davvero - e sentiva un chiacchiericcio tutt'attorno a lui che acuiva a dismisura il suo senso di malessere. 

Fu a quel punto che si rese conto che Mimmo era arrivato ed era visibilmente agitato.
"Oh, Mimmo." Si avvicinò a lui, toccandogli il braccio. 
L'altro se lo scrollò di dosso. 
"Che c'hai?" chiese, aggrottando le sopracciglia. 
"Niente, devo entrare subito." rispose lui, senza nemmeno guardarlo in faccia.
"Ma sei arrabbiato con me?" 
"No Simò, mi devo sbrigà, vabbuò?" 

Simone si bloccò. Lo vedeva che era nervoso e, con la coda dell'occhio, notò una macchina che lo stava aspettando. 

"Ti stai mettendo nei casini?" domandò, con un tono di voce arrabbiato.
"Sto cercando di risolverli." disse quello, lapidario. 
Al che, Simone smise di intercettarlo e lo lasciò andare, fissandogli la schiena mentre si faceva sempre più lontana.

Come sempre.

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Simone doveva aspettarselo che quando una giornata comincia male è destinata a peggiorare.

Suo padre aveva avuto la brillante idea di avvicinarsi all'ospedale per fare un'altra delle sue lezioni, ovviamente incentrandola su di sé. Anche se stavolta, ne era certo, l'aveva fatto per trovare il coraggio di affrontare quell'incognita che lo stava tormentando.

E Simone, per un breve momento, era stato così fiero che suo padre finalmente avesse deciso di ascoltarlo e fare la cosa giusta. Era stato così fiero, quando l'aveva detto a tutti gli altri. 

«ci pensi mai agli universi paralleli?»Donde viven las historias. Descúbrelo ahora