5b. la moda (non) ha taglie

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«Dove ti eri cacciata? Pensavo fossi tornata di sopra» vado in contro a Ethan che, finito il suo lavoro, sta aspettando l’ascensore in corridoio.
«Hai una faccia? Cos’è, speravi di riuscire a sgraffignarti qualche prodotto? Fossi in te punterei sulle creme antirughe, stai invecchiando cara mia e non nel migliore dei modi».
Nel viaggio da un piano all’altro gli racconto cosa mi è successo e, a ogni parola, il suo volto si incupisce.
«Il problema è che oggi tutti credono che ormai, nella moda, problemi come l’anoressia e la bulimia siano superati» asserisce.
«Lo pensavo anche io, oggigiorno si parla di modelle che seguono diete bilanciate e la moda si è anche aperta a donne curvy, con una struttura corporea totalmente diversa da quella alla quale siamo stati abituati». Sui social seguo diverse ragazze che fanno questo lavoro, bellissime e di successo.
«Mia, è solo uno specchietto per le allodole. Quante modelle curvy hai visto qui da Satin?» effettivamente, nessuna.
«E quante sulle altre copertine patinate?» solo qualcuna, quando scoppiò il boom della moda curvy.
«E quante in passerella durante le varie fashion week?» non mi dà il tempo di rispondere, «la body positivity è già passato di moda, come il grigio della collezione passata», le sue parole mi sorprendono ancor più delle lacrime di quella ragazza. Possibile che abbia ragione?
«Ma sui social le modelle curvy sono tantissime, per non parlare delle pagine dedicate alla body positivity, all’amore verso se stessi…» Ethan mi blocca mentre, con eleganza innata, apre la porta a vetri del suo ufficio e mi allunga una poltroncina.
«Sì ma concretamente cosa stanno facendo? È vero, negli ultimi anni abbiamo visto in giro un bel po’ di modelle plus size dove, per plus size, si intende anche una taglia otto ma ti assicuro che durante la settimana della moda newyorkese autunno-inverno le ragazze erano particolarmente esili. A Londra gli unici ad aver fatto sfilare modelle curvy sono stati Harris Reed, Simone Rocha, Sinead O’Dwyer e poi stilisti come Chet Lo, 16Arlington, SS Daley, Di Petsa, Karoline Vitto che hanno fatto della diversità un marchio di fabbrica. A Milano ricordo Ashley Graham con un abito rosso firmato Dolce&Gabbana e pochissime altre. E pensare che nella sfilata 2022 c’erano più di cento modelle plus size ma Tessa lo aveva previsto, aveva detto che non sarebbe durata e infatti non ha ingaggiato nessuna modella curvy», conclude, accendendo distrattamente il pc.
«Ma è orribile, io ero convinta che fosse ormai una nuova legge della moda. L’uso di modelle curvy dico, un’apertura del fashion verso nuovi, e più giusti, orizzonti».
«Ma figurati! Riflettici un attimo: non ti sembra offensivo anche definirle “modelle curvy”? Se davvero la moda aveva intenzione di aprirsi a nuovi orizzonti, perché non chiamarle modelle e basta? Perché non disegnare una collezione con tutti i capi di tutte le taglie? Perché, ancora oggi, in un paese dove più del quaranta percento della popolazione è obeso, quando vai in un negozio e chiedi una taglia dodici o quattordici, la XL insomma, ti guardano come se stessi chiedendo le istruzioni per aprire la camera dei segreti?». Purtroppo Ethan ha ragione. Sono minuta e, per questo, non mi è mai capitato di sentirmi osservata o, addirittura, presa in giro dalle commesse né mi è mai successo di entrare in un negozio e sentirmi dire che quello, della mia taglia, non c’era. Amo fare shopping, mi rilassa, mi mette di buonumore ma com’è fare shopping per chi porta una XL o anche di più? Come si sentono queste ragazze di fronte alle vetrine dei grandi marchi sapendo che quei vestiti gli saranno sempre preclusi? Come si sente una modella che sacrifica tutta se stessa, per anni e anni, quando la bilancia le segna un chilo in più, con la consapevolezza che quel chilo potrebbe essere l’inizio della fine? Ma soprattutto: come reagiscono queste persone di fronte a tutto questo stress e questa frustrazione?
«Circa settanta milioni di persone al mondo soffrono di anoressia, circa sei milioni soffrono di bulimia. I disturbi alimentari sono la prima causa di morte negli Stati Uniti e noi siamo qui a far sfilare taglie zero, elogiando la loro eccessiva magrezza e colpevolizzandole se ingrassano di un etto». Diamine, sembra davvero incazzato, l’argomento deve toccarlo da vicino, molto da vicino, altrimenti non reagirebbe in questo modo. Non ho mai visto Ethan così scosso in vita mia, in realtà non l’ho mai visto scosso, mi ha sempre dato l’idea di un ragazzo allegro, solare, socievole, divertente.
«Io non immaginavo, non avevo idea di tutto questo» non so cosa dirgli, sono turbata e anche dispiaciuta, dispiaciuta per la situazione mondiale e per lui.
«Purtroppo è un fenomeno che continua a crescere nell’ombra, se ne parla sempre troppo poco, sotto i riflettori preferiscono mettere le stoffe preziose, senza specificare quanto costino in termini di vite umane, sai la malattia non è chic» sbaglio o quella è una lacrima? Mi alzo e mi avvicino alla sua poltrona girevole.
«Io non so cosa tu abbia vissuto, cosa abbia visto o cosa ti sia successo ma voglio che tu sappia che io sono qui. Se ti va di parlare o di stare in silenzio, di raccontarmi del tuo passato o delle speranze per il futuro, sono qui». Forse mi sono spinta troppo, ci conosciamo davvero da poco ma la mia empatia mi dice che, in un mondo così ipocrita, lui ha bisogno di sincerità. Contro ogni aspettativa, Ethan sorride e mi abbraccia. Sa di mela, agrumi e cannella, il suo petto è caldo ed è più muscoloso di quanto pensassi.
«Ei, ma fai palestra?». Qualcuno doveva pur riportare la conversazione ad una sana leggerezza.
«Che cretina che sei! Rovini sempre i momenti migliori» sarà il pianto, ma la sua voce mi sembra più bassa.
«Seriamente, guarda qui che braccia, dovresti arrotolarti la camicia…» sto per sbottonargli il polsino ma mi blocca.


«Meglio che ci rimettiamo a lavoro, Tessa non ci paga per psicanalizzarci a vicenda e comunque per te io non basto, servirebbe una equipe!» mi accarezza i capelli, eccolo qui, di nuovo il mio amico cinico e sarcastico.
Me ne torno alla mia scrivania, a riordinare mail, rispondere al telefono quando la rossa non c’è e … riflettere. Ethan non lo sa ma mi ha dato tantissimi spunti di riflessione, i problemi alimentari nel mondo, il falso body positivity, i messaggi distruttivi lanciati dalla moda e dai media sono un argomento che non posso ma, soprattutto, non voglio ignorare.

A fine giornata ho i piedi doloranti e un brutto torcicollo, devo comprarmi un cuscino ergonomico da usare al pc. Quasi tutti hanno abbandonato l’ufficio, Ethan è andato via un quarto d’ora fa, voleva darmi un passaggio ma gli ho spiegato che dopo la gaffe di ieri ci tengo a fare una buona impressione su Tessa e non voglio andarmene prima di lei. La realtà è un’altra, spero di incrociare Liam, non ho dimenticato l’oroscopo e i buoni propositi di questa mattina. Manco il karma m’avesse letto nella mente, proprio in quel momento vedo Liam in avvicinamento, spengo tutto e mi avvio verso la zona bar.
«Giornata pesante?». Ho organizzato tutto: tazza di tè verde, miele e… uh guarda, ne è avanzato un bicchiere, mi fai compagnia?
«Diciamo che ho cercato di dare il meglio di me, sai, dopo ieri».
«Sì, vale lo stesso per me, è per questo che non sono ancor andata via» sto per offrirgli il tè ma vengo interrotta.
«È tè verde quello?» Christina ha un talento: arrivare sempre al momento sbagliato, che per lei è quello giusto.
«Sì ma stavo per offrirlo a Liam», lo verso velocemente in una tazza.
«No, grazie, a me non va, prendilo tu Christina» è tornato il Liam sprezzante dei primi giorni.
«Solo se è matcha biologicolo» lo accarezza mettendogli le mani dappertutto, manco avesse i tentacoli.
«L’ho preso al supermercato», se la conosco bene alla parola “supermercato” svanirà nel nulla.
«E quella confezione nera di tè giapponese allora di chi è?». Cavolo! Non imparo mai a rimettere in ordine le cose. Mi ruba la tazza di mano senza attendere risposta.
«È squisito, certo se ti va male qui, puoi sempre aprirti un localino tutto tuo» verde sto diventando io, di bile.
«Comunque, Liam volevo dirti… mi potresti dare un passaggio?». No! NO! Che canaglia! Devo fare qualcosa ma cosa?
«Certo, tesoro, sono in scooter se per te non è un problema». Tesoro… in scooter. Lei avvinghiata a lui su una moto: un sogno che si avvera.
«Ma no, figurati, tanto abito vicino lo sai, anzi puoi approfittarne per salire da me». COSA? Nemmeno Christina facevo così sfacciata.
«Ah sì, per quella collezione di foto che hai ereditato da tuo zio, giusto?». Secondo me la collezione l’ha comprata a qualche asta, altro che zio defunto! Pur di invitare Liam, si inventerebbe qualsiasi cosa!
«Ho comprato anche un ottimo Chardonnay delle langhe» gli infila un braccio nella piega del gomito e Liam la lascia fare, come se fosse la cosa più naturale al mondo. Forse per lui È la cosa più naturale al mondo.
«Allora ci vediamo in questi giorni, ciao Mia» mi fa l’occhiolino.
«Certo, a presto e… stai attento!». Ufficialmente mi riferisco a Tessa, ufficiosamente…
«Ciao barista», Christina mi lancia uno sguardo vittorioso mentre, con nonchalance, si stringe al mio Liam. Okay caro oroscopo, in fondo non è andata così male, sono riuscita a disobbligarmi offrendogli un tè, un tè che ha bevuto quella strega, certo, ma è il gesto che conta, no?

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⏰ Last updated: Jan 30 ⏰

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