10.1 An anguished Shakespeare

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Dale

Heidi fu così gentile da riportarmi a casa, ma a mia zia non dissi nulla dell'accaduto.

Quasi mi spaventava l'idea di non dirle nulla.

Era la prima volta che tenevo qualcosa per me. Proprio, come un qualsiasi ragazzo della mia età.

Però, non potevo fare altrimenti.

Non volevo farla preoccupare per nulla.

Ero stato uno sciocco a bere, senza prima pensare che il mio corpo non fosse abituato a quel mix di tanto chiasso e tanto alcol.

In più, non avevo pensato al fatto che quella ragazza potesse trovarsi nei paraggi.

❤️❤️❤️

Per i due giorni successivi, feci finta di non stare bene e le dissi che avrei preferito rimanere a casa.

Scusa palesemente falsa quella del mal di testa e lo stomaco sottosopra, però funzionò.

Stavo evitando tutti.

Flore, giustamente, mi chiese come mi sentissi. Mi permise di restare a casa in tranquillità e avrei
ripreso ad andare appena mi fossi sentito meglio.

Non persi le lezioni, perché Fern mi mandava i compiti e le foto degli appunti.

Menomale che c'era lui.

❤️❤️❤️

Mentre assaporavo un buon caffè, lessi una nuova pagina dei sonetti. Non potevo farne a meno, per me era come sentire ogni volta qualcosa di diverso.

Emozioni completamente diverse, da quelle che provai di terrore e pura debolezza in quel bagno.

La cosa più brutta era sentirmi impotente, uno sciocco e quasi odiavo quella sensazione.

Arrivai al sonetto n. 30 e con gli occhi che scorrevano sulla pagina, ne lessi le parole ad alta voce:

"[...]I summon up remembrance of things past,
I sigh the lack of many a thing I sought,
And with old woes new wail my dear time's waste:
Then can I drown an eye, unused to flow,
For precious friends hid in death's dateless night,
And weep afresh love's long since cancell'd woe,
And moan the expense of many a vanish'd sight:
Then can I grieve at grievances foregone,
And heavily from woe to woe tell o'er[...] ."

Nel frattempo il sapore amaro del caffè, mi fece andare di traverso l'ultimo sorso. Probabilmente, avrei dovuto metterci una punta di zucchero per addolcirlo.

Qui il poeta si rammaricava delle perdite subite in gioventù e quasi mi venne spontaneo mettere a paragone quelle frasi con la mia vita.

Quelle quartine erano impregnate di sofferenze patite, di qualcosa di concreto che io non avevo mai nemmeno sfiorato. Nemmeno con la morte di mia madre, ero troppo piccolo per ricordarmela.

Una lacrima inumidì l'occhio, ma non volevo essere così privo di pudica compostezza. Ma la lacrima cadde ugualmente e rigò la mia guancia, arrivando alla bocca. Sapore di caffè ora mischiato al salato impastò le labbra e andò a compensare la mia frustrazione quasi nauseante.

Il giorno dopo non avevo la minima voglia di andare a scuola, ma dovevo se non volevo far preoccupare zia Flore.

Con la mano asciugai la guancia rigata e controllai che la pagina di libro non si fosse rovinata.
Feci strisciare la sedia su cui ero seduto e lo stridere di quei tacchetti fu paragonabile a un gatto che rigava la lavagna.

Blue ThornsWhere stories live. Discover now