Cap 3

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Mimmo non dormiva molto, e le volte in cui ci riusciva era per la troppa stanchezza. Era talmente stanco che non si accorgeva nemmeno di essere crollato. Soprattutto ora che condivideva la cella con Molosso, dormire gli faceva ancora più paura.

Quando stava a Nisida aveva cambiato spesso compagno di cella, di alcuni aveva avuto paura, di altri un po' meno e qualche buona dormita l'aveva fatta. Molosso, però, gliene faceva tanta, anche se non doveva temere nulla perché sapeva che gli serviva e finché avrebbe fatto cosa voleva poteva, per così dire "dormire sonni tranquilli".

Era già passato qualche giorno e ancora non gli aveva chiesto nulla, e questo lo fece un po' preoccupare. Aveva comunque la sua protezione e nessuno avrebbe osato toccarlo con un dito? Forse aveva cambiato idea e aveva trovato qualcun altro a cui chiedere?

Andò a farsi una doccia per schiarirsi le idee e un paio di volte sfoderò frasi come: "Sai cosa ti può succedere se Molosso viene a saperlo?" o anche "Tu lo sai sotto la protezione di chi sto io?" per far capire che era intoccabile, perché il suo compagno di cella era molto temuto e rispettato in quel carcere. Teneva la testa alta mentre lo diceva, perché voleva far vedere che non aveva paura, anche se non era affatto vero.

Andare a scuola era diventato, in pochi giorni, la cosa che Mimmo preferiva in assoluto. Non c'era da fare molto in biblioteca, e poteva leggersi un sacco di libri, tutti legati alle materie di studio, ma cominciò a trovare rifugio nella filosofia, e a quello che potevano insegnargli alcuni filosofi su temi come la vita, l'amicizia, persino l'amore, anche se non aveva mai avuto veri e propri amici e non aveva compreso appieno l'amore.

Nessuno gli dava fastidio e i professori non erano pesanti nei suoi confronti, lo trattavano come uno studente qualsiasi.

"Mimmo, buongiorno" sentì alle sue spalle e chiuse il libro che aveva in mano. "Cosa leggevi di bello?" disse il professor Balestra mentre diede un'occhiata al volume che aveva appena appoggiato sul tavolo.

"Ti piace la filosofia?" gli chiese con un sorrisetto, per poi tornare serio. Mimmo si mise composto e guardò prima il professore e poi il libro.

"Sembra interessante... stavo leggendo di Nietzsche" rispose, quasi come se fosse stato colto con le mani nel sacco e dovesse giustificarsi.

"Ho notato... Hai mai studiato la materia?" Gli chiese ancora e Mimmo si chiese perché tutt'ad un tratto questo professore gli volesse fare tutte queste domande su di lui. Perché gli interessava così tanto? Gli altri professori si limitavano a salutarlo o a chiedergli un libro.

"Poco, ma sì, cioè non ho mai voluto approfondire oltre allo studio, il professore che avevo a Napoli era una testa di..." si interruppe, ricordandosi con chi si trovava in quel momento e strinse le labbra.

"Una testa di cazzo? Beh forse è una cosa che accomuna noi professori di filosofia, ma potresti dare una chance alle mie lezioni" disse Dante, sorridendo di nuovo e brevemente.

Mimmo non aveva afferrato l'ultima parte della frase e il suo sguardo lo diceva chiaramente, "Scusi non ho capito" disse e Dante stavolta scoppiò in una risata dandogli una pacca sulla spalla che lo colse di sorpresa, ma non si allontanò.

"Anzi, perché non vieni adesso, tra poco ho una lezione in quarta", Mimmo avrebbe voluto dirgli che non poteva allontanarsi dalla biblioteca e non era autorizzato a seguire le lezioni con gli altri. Ma, ancora più importante, voleva chiedergli perché lo avesse invitato a seguire una sua lezione.

"Non preoccuparti che con De Angelis e la preside ci parlo io" aggiunse poi, pensando che fosse proprio quello il motivo per cui Mimmo non diceva nulla.

Il filo rossoWhere stories live. Discover now