2• Eravamo una cosa sola

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*Vorrei chiedere a chiunque leggerà questo capitolo di non prendere ciò che succederà tra le ragazze come qualcosa di malizioso. Non è assolutamente qualcosa di sessuale, è qualcosa di molto intimo, più di un rapporto, e pensarlo in modo malizioso rovinerebbe ciò che sto cercando di trasmettere. So che per qualcuno può essere difficile non pensare male, ma, per come ho pensato il rapporto che le due stanno sviluppando, è come se si stessero baciando in un modo un po' diverso, scoprendosi.*

Non era una bella sensazione. Me la portavo dietro ormai da giorni. No, io non volevo fare la suora. Non l' ho mai voluta fare. Perché avrei dovuto stare tutta la vita in un convento senza poter fare niente se non pregare? Ma non potevo dirlo a nessuno. Mi avrebbero ripudiata e io un posto dove stare non lo avrei trovato. E poi volevo bene ai miei genitori. A quel punto mi ritrovai a pensare a quanto sarebbe stato bello nascere nel corpo di mio fratello. Lui adesso può fare ciò che più gli piace. Sta anche progettando di sposare una bellissima ragazza. Quanto lo avrei voluto fare io. Eppure io mi sarei dovuta sposare con lo spirito del signore. E se al posto suo avessi sposato Chiara? Ormai era da giorni che ci incontravamo la sera per parlare un po', e avevo capito che il suo fisico non rispecchiava affatto il suo carattere. E poi avevo visto quanto in realtà fosse bella, nonostante la pancia che usciva dai suoi jeans. Avrei voluto chiederle di toccarla, per sapere come fosse, ma sarebbe sembrato un po' strano. Avevo sempre toccato solo il mio corpo, i miei fianchi magri erano stati l'unica parte che avevo sfiorato. Si sentivano le ossa. Avrei voluto sfiorare quella pelle e capire se fosse morbida come mi aspettavo oppure dura come la mia.
Eravamo nuovamente sul gradino. Come tutte le sere quella che parlava di più era lei. Io mi limitavo a rispondere a ciò che mi diceva. Ad un certo punto mi cadde l'occhio sulla parte scoperta della sua pancia. Lei era in una posizione scomposta, le gambe divaricate e la schiena poggiata sul retro del gradino, i gomiti poggiati sopra. Stava parlando, ma i miei pensieri erano altrove.
"Ei, perché mi fissi?"
"Non ti sto fissando."
"Invece sì. Stai guardando verso la mia pancia. C'è qualcosa che non va?"
Io arrossì. Il pensiero di carezzare quel lembo di pelle mi allettava, ma non potevo dirglielo. E poi, dovevo rimanere casta. Non toccare nessuno. Quantomeno una donna.
"Ti da fastidio? Ti urta?"
Chiese, cominciando ad alterarsi.
"No, no, tutto il contrario. Sarei curiosa di sapere come è. Bhe, sai, i miei fianchi, la mia vita, sono molto diversi dai tuoi. Vorrei sapere come sarebbe..."
"Toccarli?" Mi precedette.
Arrossì e un brivido mi attraversò. Me lo avrebbe fatto fare?
"Ti darebbe fastidio?"
Chiesi con voce davvero bassa e lo sguardo rivolto al pavimento.
"Assolutamente no. Ma se proprio vuoi sapere come sono dovremmo andare a casa. Non mi sembra il caso di denudarmi qui."
Fece una breve e piccola risata che imitai con lo stesso tono.
"Ti va domani di venire a casa mia? Non ci sono i miei genitori, così se vuoi possiamo vedere un film. Qualunque film. Lo puoi scegliere tu. Puoi anche restare a dormire se vuoi."
"Dovrei mentire ai miei genitori e non posso."
" Non devi mentirgli. Gli dici che sei a casa della vicina e che ti ha chiesto di rimanere a casa sua per dormire. Non c'è niente di sbagliato. Nemmeno per chi diventerà una suora."

Il giorno dopo suonai alla porta dell' appartamento di Chiara. Mi venne ad aprire e immediatamente vidi il suo splendido sorriso. Avevo convinto mia madre a lasciarmi andare a casa della ragazza solo promettendole di pregare la sera e la mattina e di ringraziare il signore per il cibo che ci ha donato. Ovviamente lo avrei fatto.
Non avevo voglia di vedere un film, ne esistevano pochissimi che rispecchiavano i miei gusti. Preferì parlare con lei. Parlammo del mio e del suo futuro. Non le piaceva studiare. Odiava studiare, non le riusciva. Sperava di finire la scuola il prima possibile per poi andare a lavorare. Non voleva deludere i suoi genitori e finirla prima del dovuto.
Rimanemmo a fissarci per un po', finché con le sue mani non incastrò i miei polsi e, sempre fissandomi negli occhi, mi costrinse ad alzarmi.
"Dai, andiamo a fare quello per cui ti ho invitata qui."
"Cioè?"
"Non volevi sapere come fosse il mio corpo?"
Arrossì mentre lei rispose con un sorriso. Mi trascinò nella sua stanza. Era completamente diversa dalla mia. I mobili non avevano un senso logico, tutti diversi e molti vestiti si trovavano ammucchiati per terra. La scrivania piena di cartacce e evidenziatori dai colori molto sgargianti. Il letto sfatto.
Continuava a stringere il mio polso, poi fece scìvolare la sua mano nella mia. Incrociò le dita. Dopo poco le separò e si allontanò un po' da me. Si girò di spalle e si tolse la maglietta, per poi fare lo stesso con i suoi pantaloni. Si avvicinò nuovamente a me e mi prese la mano. Mentre mi fissava la avvicinò alla sua pancia e potrei sentire quanto era morbida e liscia. Non avevo mai provato una sensazione del genere. Afferrò anche l' altra mano e se la portò sui fianchi. La fece scorrere lentamente e sentì qualche solco, piacevole al tatto.
"Sono le smagliature."
Mi sussurrò.
Fece salire le mani verso l'alto, fino a sfiorare le sue braccia. La mia pelle scorreva liscia e lenta sulla sua.
Le nostre mani si incontrarono nuovamente ed incrociamo le dita. Mi condusse al letto e si sedette, facendo sedere me sul pavimento. Passò le mie dita sulle sue cosce e piano piano a scendere. Una sensazione meravigliosa. Eravamo un' unica cosa in quel momento.
Si alzò improvvisamente e mi tirò a se per abbracciarmi. Potevo sentirla accanto a me. Quanto la volevo. La volevo nella mia vita. Mi faceva vivere. Mi faceva battere il cuore. E anche se non avrei mai potuto amarla, le sarei stata accanto. Mi faceva stare bene, le sue carezze, in quell' istante, mi facevano stare bene. I suoi occhi, le sue labbra posate sulla mia tempia, mi facevano stare bene.

La vita di una farfalla (Bozza) Where stories live. Discover now