Capitolo 7

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 Il mio ex indossava un completo elegante ed era meraviglioso proprio come l'ultima volta che l'avevo visto. I suoi folti capelli castani erano tagliati corti ai lati e dietro, più lunghi sul davanti, i suoi occhi nocciola sempre sorprendenti sotto quelle folte sopracciglia e incorniciati da lunghe ciglia incurvate. I suoi lineamenti cesellati, il naso perfetto e le labbra lisce avevano sempre reso quell'uomo meraviglioso. Non era cambiato per niente. La prima volta che l'avevo visto avevo quasi inghiottito la lingua, sorpreso, quando lo avevo visto attraversare il locale per chiedermi di ballare. Eppure quell'uomo mi aveva sempre assicurato che non appena ero entrato in quel posto, aveva fatto in modo di essere il primo a venire da me. Gli avevo detto che capelli biondi e occhi azzurri non erano niente di speciale. Lui non era mai stato d'accordo.
Ryan si avvicinò a me e, come sempre, dovetti piegare leggermente la testa per guardarlo in faccia.
«Ehi.» Riuscivo a malapena a respirare; parlare era difficoltoso.
«Giovanni.» Esalò il mio nome.
Fissai quegli occhi color nocciola, quasi scuri adesso che stava ricambiando il mio sguardo, e notai quanto fossero belli e come fossero uguali a quelli di Charlie. «Ryan.»
Non si mosse, rimase semplicemente lì, osservandomi mentre io facevo lo stesso. Era stato ridicolo pensare che il mio cuore non avrebbe cominciato a battere forte e che non avrei tremato almeno un po' davanti a lui.
«Ti trovo bene,» mi disse e io vidi la sua mascella contrarsi.
Annuii. «Anche tu mi sembri in forma.»
«Gio,» ripeté e io sentii l'esitazione nella sua voce.
«Come stai?»
«Io... io sto...» La sua voce sfumò prima che anche lui si chinasse davanti a Charlie. «Ehi, tesoro,» gli disse, con la voce rotta, mentre deglutiva. Vidi i suoi occhi addolcirsi come se stesse per piangere.
«Ciao,» rispose Charlie. Sorrise e allungò una mano per afferrare e togliere un filo dalla sua giacca nera. «Te l'ho tolto io, al posto tuo.»
«Grazie.» Ryan dovette schiarirsi la voce prima di prenderlo dalle sue mani. «Sei di grande aiuto.»
Mio figlio annuì, come faceva sempre quando non era sicuro di quello che doveva dire, e si appoggiò a me, con il braccio che mi teneva da dietro le gambe. «Chi sei?»
«Non mi conosci?»
Charlie scosse la testa.
«Non hai mai visto una mia foto?» Ryan mi gettò un'occhiata di sbieco.
«No.»
«Davvero?»
«No, lo giuro.»
«No, no,» mormorò Ryan, sorridendogli. «Ti credo. Sai che hai degli occhi bellissimi?»
«Grazie.» Charlie gli fece un caldo sorriso, spalancando i suoi occhioni per lui. «Sono l'unico nella mia famiglia con gli occhi nocciola.»
«No, non lo sei,» gli assicurò il mio ex, guardando verso di me, con sguardo duro.
«Sì, lo sono,» lo contraddisse mio figlio. «Vorrei che i miei occhi fossero azzurri come quelli di papà, ma Nathan mi dice sempre che io e papà abbiamo dei begli occhi. Dice che non riesce a decidersi.»
«Nathan sembra un tipo intelligente.»
«Arriva oggi; dobbiamo andare a prenderlo alla stazione.»
Ryan annuì, continuando a sorridergli.
Charlie si allungò verso il suo colletto, sistemandolo, toccandolo come non aveva mai toccato nessuno prima di allora. Per me guardarli era snervante. «Mi piace il grigio,» gli disse. «È come la pioggia.»
«Anche a me piace il grigio.»
Charlie gli mise una mano sulla spalla mentre lo guardava in faccia. «I tuoi occhi sono come i miei.»
«Sì.»
«Anche i tuoi capelli sono castani come i miei.»
Ryan si schiarì la voce. «Lo vedo. Quanti anni hai, Charlie?»
«Cinque.»
«Cinque,» ripeté annuendo, alzandosi per guardarmi fisso negli occhi. «Cinque.»
«Sì, cinque,» gli rifece il verso lui. «Lo giuro.»
«Charlie, devo fare due chiacchiere con tuo padre proprio qui, va bene?»
«Va bene,» acconsentì lui e gli sorrise.
Ryan mi afferrò un braccio e mi trascinò qualche metro più in là prima di farmi voltare per guardarlo negli occhi. «Spiegati subito, Gio.»
«Cosa? Perché?» chiesi, divincolando il braccio che poi lui lasciò andare.
«Perché?!» Era senza parole.
«Sì, perché?»
«È mio.» La sua voce era dura, venata di rabbia.
Scossi la testa. «No, Ryan, non lo è.»
«Okay, vediamo di chiarire. È mio figlio.»
«Ma certo.»
«Ma certo,» ripeté, e sapevo che stava per esplodere. «Mi stai prendendo in giro? Te ne stai davvero qui in piedi davanti a me a dire 'ma certo?' L'avrei mai saputo?»
«Non credo, no.»
«No?» Ryan era allibito e riuscivo a capire quanto fosse sopraffatto mentre vedevo il suo viso impallidire.
«No, a meno che non ti avessi visto,» gli confessai con onestà. «Ryan, ho fatto tutto quello che potevo per mettermi in contatto con te dopo che ci siamo lasciati.»
«Lo sapevi, quel giorno in cui...» sussurrò, con il volto cinereo e con la voce che sfumava, non finendo la frase. «Laura aveva acconsentito. Era già incinta?»
«Sì, volevo dirtelo quella sera, ma...»
Ryan si guardò intorno e vide due sedie vicino alla porta del bar. Lo seguii per qualche altro metro mentre si lasciava cadere sulla sedia. La faccia che era rivolta verso di me era difficile da leggere perché c'erano molte cose che attraversavano i suoi lineamenti pronunciati: dolore, shock, rabbia, paura, e soprattutto senso di perdita. Sembrava che gli avessero appena detto che qualcuno era morto. «Devo dirti una cosa.»
Annuii, mentre il mio ex faceva dei respiri profondi.
«Rick mi ha minacciato. Diceva che se non ti avessi lasciato, avrebbe ucciso me e la mia famiglia e che non dovevi sapere niente di tutto questo.»
«Cosa?» aggrottai la fronte e scossi la testa, visibilmente confuso.
«Lo giuro. Era geloso e voleva fare di tutto per allontanarci. Quella sera era ha colto l'occasione al volo.» rispose con tono amareggiato.
«Ma quindi non amava te.»
«No, amava te. E a quanto pare ha deciso di prendersela con me. Mi ha cambiato il numero di cellulare- così che nessuno mi potesse rintracciare- e ci siamo trasferiti a New York. Ero stato praticamente sequestrato e non potevo contattarti in nessun modo. I miei genitori erano preoccupati per il fatto che fossi sparito e per questo hanno denunciato la mia scomparsa. In qualche modo mi hanno ritrovato. Quella sera in cui sei rientrato, mi stava baciando contro la mia volontà ed è stato lui ad averti mandato i documenti per il divorzio. Io non avrei mai voluto separarmi da te.»
Lasciai andare un sospiro. «Dov'è Rick adesso?» chiesi, lentamente.
«A scontare la sua pena in una cella lontano da qui.»
«Mi dispiace che tu non abbia saputo di Charlie,» mi scusai con lui, «E il tuo nome è sul suo certificato di nascita.»
«Davvero?» Ryan era senza parole.
«Certo che è vero,» gli dissi sommessamente. «È figlio tuo, Ryan.»
«Mio.»
Era perso nei suoi pensieri e approfittai di quel momento per tornare da mio figlio. Gli presi la mano. «Allora, è stato bello rivedere tutti, ma siamo in ritardo per il parco giochi promesso da zia Helen.»
«No,» gridò Ryan all'improvviso, correndo verso di noi. Guardò da me e Charlie e poi tornò a concentrarsi su di me. «Ho bisogno di tutti i tuoi recapiti: numeri di telefono, il tuo indirizzo, la tua email... e tutto quello che c'è.»
«Perché?» chiesi scettico.
«Perché?» Ryan lo domandò come se fosse la domanda più stupida che avesse mai sentito.
«Oh.» Mi colpì perché era ovvio. Mio figlio aveva appena ricevuto il più caldo dei benvenuti e io non me ne ero neanche accorto. «I tuoi genitori. Mi dispiace, non ci avevo neanche pensato.»
«I miei genitori,» ripeté. «No. Voglio parlare con...»
«Nate!» gridò Charlie eccitato, liberando la sua manina dalla mia e interrompendo il tutto. Ci girammo tutti e proprio lì al bar, c'era Nathan, l'uomo che voleva passare dai nostri appuntamenti casuali a un impegno più serio. Voleva essere il mio partner. E se ne stava lì in piedi, immobile, in attesa, guardando tutti, con gli occhi incollati a Charlie e Ryan. 

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