5 | But just because it burns doesn't mean your gonna die

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Isobel

5 anni prima...

La luce che emanava il fuoco davanti a me mi colorava le iridi di giallo. Guardavo il fienile bruciare e cadere a pezzi, avevo l'impressione di andare a fuoco pure io. Pensavo fossi in un sogno, sembrava surreale, quel momento era finto.

Ero sola, o meglio, mi sentivo sola, perché al mio fianco c'era una delle persone a cui tenevo di più al mondo, ma la sua presenza era invisibile, impercettibile. Come me, anche lui era immobile a fissare quel edificio bruciare. Il giallo colorava anche i suoi occhi verdi, mentre mille lacrime gli scendevano sul viso.

Perché stava piangendo? Lo stava facendo anche prima, quando l'avevo sorpreso accovacciato sotto il salice piangente.

Avevo capito che fosse per suo padre, lo voleva obbligare a fare qualcosa che non voleva fare, non mi disse cosa però, se lo tenne per se.

Nel giro di pochi minuti uscirono in giardino anche papà e tutta la famiglia Walker. Non mi girai neanche per guardarli rimasi fissa a fissare quel disastro cercando di capire come fosse successo. 

«Isobel, tu stai bene?» mi chiese mio papà venendo verso di me. Annuii.

Oggi era il suo quarantacinquesimo compleanno e la famiglia Walker ci aveva gentilmente invitata a casa sua.

Casa Walker mi aveva sempre incuriosito, ma allo stesso tempo, ero sempre stata intimorita dalla sua grandezza. Si trovava su una collina in mezzo alla foresta. La sua struttura era vecchia, ma comunque ben stabile.

Mi ero persa, per questo mi trovavo in giardino, se non fosse stato per il signor Walker sarei ancora in giro per la casa a cercare una via d'uscita. Forse sarebbe stato meglio non essere qui.

Erano tutti preoccupati e non capivo perché.

«Dov'è la mamma?» domandò Abilene a mio padre.

Quella domanda suonò incomprensibile, ma era il pezzo che mancava del puzzle che mi ero creata in testa.

La mamma.

Respira Isobel. Respira. Mi continuavo a ripetere.

Non poteva essere vero.

Mi girai di scatto e vidi papà piangere. I miei occhi erano spalancati e dentro di me pregavo, pregavo che lei uscisse dalla porta finestra della casa e che stesse bene come tutti noi.

«La mamma!» Lo pensai, ma a quanto pare lo dissi anche ad alta voce, perché mi fissarono tutti.

I miei occhi si puntarono su quelli di papà, e la consapevolezza mi travolse. Mi crollò addosso il mondo, tutto intero. Una voragine si aprì nel mio petto.

Non parlavo ero zitta a fissare il fienile. Le gambe mi cedettero e mi ritrovai a terra, mentre un enorme baccano riempiva quei minuti di silenzio.

Mia sorella stava piangendo, a dirotto, papà e il signor Walker stavano chiamando la polizia e i vigili del fuoco, la signora Walker era accanto a Abilene, la stringeva per evitare che si buttasse tra le fiamme. Terence invece stava fermo a piangere, non mi degnò neanche di uno sguardo quando mi misi a piangere disperata.

Non mi considerò. Ero sola.

La mamma era là dentro, perché era lì dentro? Perché era andata lì? Forse perché mi ero persa. Dovevo stare a tavola come aveva detto. Era colpa mia.

𝑩𝒐𝒓𝒏 𝒕𝒐 𝒅𝒊𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora