Capitolo 5: Noi li bruceremo

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      ➢  𝗘𝗟𝗜𝗔 𝗙𝗘𝗥𝗥𝗘𝗥𝗔 💀
         & RICCARDO , EMANUELE FERRERA
         11 settembre 2019

E poi arrivò il gelo. Silenzioso e inaspettato quella notte era giunto fra le lande del Veneto, raggiungendo le graziose e colorate strade di Verona, giungendo sino all'hotel Veronesi La Torre. Quel leggiadro soffio di vento era appena accennato all'aria aperta, ma raggiunse le profondità del garage privato con una violenza inaudita, tale da scompigliare le tre capigliature che sbucavano fra le colonne che sostenevano il soffitto sui loro capi. Erano i fratelli Ferrera, Elia e Riccardo, seguiti dall'immancabile figura del cugino partenopeo, Emanuele Esposito. Apparivano esausti, forse a causa di quel gala, che altro non si era rivelato che un gran fiasco composto da persone ipocrite e meschine, persino loro tre lo erano; o forse erano stanchi di subire le ingiustizie di una vita prepotente, all'insegna della violenza e del tradimento. Ecco perché stavano per compiere quel gesto folle, un passo forse più lungo della gamba, che avrebbe potuto farli cadere nelle profondità di quel crepaccio che stavano per aprire.Dinnanzi i loro duri sguardi vi era la vettura di Giuliano Genovesi. Quel cognome per i Ferrera e gli Esposito non era altro che sinonimo di " tradimento ". I Genovesi, che tanto si erano preoccupati di crescere e accudire fra le sicure braccia dei rispettivi clan, avevano voltato loro le spalle alla prima occasione nel vano tentativo di creare un impero più grande di quello in cui erano nati. Né i Ferrera né Emanuele avrebbero mai permesso una cosa del genere. Eppure i Genovesi crescevano, stringevano alleanze, andavano fermati. Quell'onta doveva essere lavata via dal loro personale paradiso terrestre corrotto.  Riccardo Ferrera fece un passo in avanti, tra le mani stringeva una tanica di benzina quasi più grande di lui. Volse lo sguardo a Emanuele. Era stato lui a contattarlo, dopo aver ideato il piano con Elia, dicendogli di presentarsi nel parcheggio con quella tanica. Annuì in risposta alla tacita domanda di Riccardo e poi volse lo sguardo ad Elia. Osservò con cura la mandibola contratta, saggiando quel medesimo odio che egli provava nei confronti dei Genovesi. Una parte di sé aveva sempre sperato che lui restasse fuori da tutto ciò, ma era chiaro che era coinvolto quanto il cugino e il fratello. Estese a lui la domanda.  « Facciamolo cazzo. » tagliò a corto. Riccardo si fece avanti e gettò la prima doccia di benzina sulla portiera del guidatore, poi toccò al parabrezza, il lato passeggero, quelli posteriori e il cofano; concluso il giro tornò al fianco di Emanuele, il quale sostava proprio fra i due figure. Sciolse il bottone sull'addome per aprire la giacca e infilò la mancina nel taschino interno, dal quale estrasse un accendino a zip.  « Questi figli di puttana ci hanno traditi senza rispetto, senza ritegno, senza alcun onore. Ci hanno scottati, questo non possiamo negarlo, ma noi ... noi li bruceremo. Li bruceremo tutti. » una scintilla seguì il tintinnio metallico, la miccia prese fuoco, illuminando il volto fiacco e inespressivo di Emanuele. « Li cancelleremo con il fuoco. » detto ciò, scagliò l'accendino contro la vettura. Le fiamme divamparono in un esplosione dorata. Emanuele si parò il viso con un braccio e istintivamente porse un braccio verso Riccardo e si protese in avanti, verso Elia. Li avrebbe protetti, sempre. Osservarono le fiamme corrodere la vettura per svariati minuti, poi Elia adagiò una mano sulla spalla di Emanuele e suggerì di andare via. Quando sgattaiolarono oltre la porta di servizio, udirono le prime voci giungere dall'esterno, poi la folla.Il fuoco non può essere spento con il fuoco. Dunque avrebbero bruciato ogni cosa.

Morte Nihil Certius EstWhere stories live. Discover now