13 ~Accordo~

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Appena Alastor uscì dalla mia stanza corsi in bagno, mi levai i vestiti e mi immersi subito nella vasca da bagno. Iniziai a insaponarmi sbrigativa, cercando di togliere la sensazione delle sue mani sul mio corpo.

Delle lacrime iniziarono a scorrermi lungo le guance, cadendo e mischiandosi con l'acqua limpida sulle mie gambe. Rimasi almeno una decina di minuti seduta sul fondo della doccia, spargendomi sapone addosso per ripulirmi.

Più mi lavavo e più quella sensazione si ingrandiva, riuscì solo poco dopo ad asciugarmi, vestirmi e tornare in camera. Mi buttai a peso morto sul letto e iniziai a fissare vari punti della stanza.

Mi soffermai sul vestito beige che pendeva dall'anta dell'armadio. Sei orribile, Malìa. Quel vestito non fa per te. Scrollai la testa, cercando di zittire la mia coscienza, ma dei pensieri si fecero strada nella mia mente.

Perché non ho reagito? Perché non l'ho fatto fuori, impedendogli di toccarmi con quelle luride mani? Perché succede tutto a me?

I miei occhi pizzicavano, le mie guance iniziarono a bagnarsi per via delle mie calde lacrime. Cercai di trattenere i singhiozzi quando sentì dei passi al di fuori della mia camera. <Malìa, sei ancora viva?> la voce di Husker dietro la porta risuonò dentro di essa.

Mi asciugai di corsa le lacrime, poi aprì la porta, mostrandogli un sorriso a 32 denti. <Charlie mi ha mandato a chiamarti> annuì, iniziando ad andare al piano di sotto. <Comunque, se hai bisogno, hai un barista che ti offre alcolici quando stai giù di morale> cercò di rassicurarmi.

Sorrisi, pensando a come stava provando ad aiutarmi. Arrivammo in salotto, la stanza era silenziosa. Sui divanetti erano seduti gli altri componenti dell'Hotel insieme a Lucifero, che stavano aspettando noi. Non appena quest'ultimo mi guardò abbassai lo sguardo.

<Bene, ora che siamo tutti possiamo parlare> disse Charlie, guardando il padre, <Ho bisogno di parlare con il paradiso> Lucifero si strozzò con la sua stessa saliva. <C-Che cosa, tesoro? > richiese, sperando di aver sentito male.

<Devo parlare con il paradiso> replicolò la bionda. Si accese una discussione tra i due, così decisi di andare in bagno, affinché non mi venga un attacco d'ansia. Avevo sempre odiato i litigi, da quel che ne sapevo, o da quel che vedevo, essi non finivano mai bene.

Mi guardai allo specchio, sistemandomi i capelli. Mi sciacquai la faccia e, dopo aver fatto un lungo sospiro, tornai in salone. Vidi Charlie e Lucifero volteggiare, cantare e abbracciarsi, quella scene mi provocò un vuoto nel petto, io non ho mai vissuto nulla di questo.

Senza farmi notare, mi diressi verso la porta principale ed uscì. Appena fuori, sentì una pressione sul polso, mi girai e vidi Alastor dietro di me. Era buio, ma i suoi grandi occhi rossi si vedevano da chilometri.

<Mia cara, non è un po' tardi? L'ultima volta che sei uscita da sola con il buio ti sei ritrovata con un pugnale nello stomaco> <Lo ricordo bene, Alastor, solo che ad aver usato quel pugnale sei stato tu> gli risposi, con sguardo deluso.

Mi liberai dalla sua presa, lo guardai per un'ultima volta e poi tornai a seguire i miei passi, lasciandolo pietrificato. Lo sentì borbottare qualcosa, ma non riuscì a capire nulla, lo vidi abbassare il capo, triste.

Forse lo aveva fatto per un motivo valido, magari non voleva uccidermi, è stato solo costretto, forse sono stata solo troppo avventata nel prendermela con lui. No, lui ti ha ucciso, non è degno del tuo perdono.

Non capivo più nulla, non sapevo cosa fosse vero e cosa no. Non sapevo se dare ascolto alla mia coscienza o al mio istinto. Continuai a camminare, senza una meta. Più i demoni mi guardavano e più urlavano dalla paura.

My Dear // Alastor x ReaderWhere stories live. Discover now