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Mi sveglio di soprassalto. Tutto attorno a me è bianco e la vista è offuscata. Strabuzzo gli occhi in preda al panico, fino a mettere a fuoco ciò che mi circonda.

Mi alzo dal lettino su cui sono seduta e raggiungo il corridoio dell'ospedale. Su una sedia trovo mia madre, con le mani che le coprono il viso.

Appena alza lo sguardo su di me, noto i suoi occhi lucidi, colmi di panico e tristezza. Riesco a decifrare tutto, ancora prima che dica una parola. Papà è morto.

Butto il viso sulle sue gambe mentre le lacrime scorrono incessantemente sul mio viso, bagnandole i jeans. Lei intanto, accarezza i miei capelli, singhiozzando.

Nonostante fossero divorziati, hanno sempre mantenuto un bel rapporto ed è per questo che è così combattuta dalla sua morte.

Il mio cuore è così pesante e rotto che nulla potrebbe ripararlo. Non sono riuscita a salutarlo come si deve, non ho potuto dargli un ultimo abbraccio e non ho potuto preparargli il suo ultimo panino preferito.

Lui era la mia ragione di vita, era il mio Sole, il mio spiraglio di luce. La mia vita senza di lui non può esistere. Mio papà era la persona più solare di questo universo e non riesco a immaginare un futuro senza di lui. Non così presto.

Alzo gli occhi su mia mamma, che riesco a malapena a inquadrare per colpa delle lacrime che escono senza sosta.

«Non te ne fare una colpa, Hel. Lui non vorrebbe vederci così, lo sai anche te» cerca di rassicurarmi. Provo a rispondere, ma le parole mi muoiono in bocca, rilasciando solo un singhiozzo. Credo che lei sia l'unica in grado di capirmi, ora come ora.

Sposto lo sguardo sulla destra e l'unica cosa che vedo è una figura vestita di nero, voltarsi e andarsene via dalla struttura.

In macchina le uniche cose che si sentono sono i nostri respiri e la radio che parla delle ultime notizie. Mia mamma sta guidando per trasferire le mie cose da casa di Papà a casa sua.

Rimarrò con lei fino alla fine dei miei giorni, probabilmente. Accosta nel vialetto e iniziamo a portare alcune cose dentro casa. Inizio spostando alcune scatole nella mia nuova stanza.

Mi soffermo un attimo sulla soglia della porta e sospiro profondamente. Osservo la camera vuota, dove è presente solo un lettino con materasso. Appoggio le scatole a terra e torno da mia madre.

«Sono sicura che ci abitueremo presto a questo, Hel. Ti voglio bene» dice mentre mi avvolge tra le sue braccia, rilasciando un po' di tranquillità dentro di me.

«Ti voglio bene anche io mamma» le sussurro dopo un po' all'orecchio. Quando ci stacchiamo, non ci guardiamo negli occhi, forse perchè sappiamo che se lo facessimo, scoppieremmo in un pianto senza fine, o forse perchè siamo imbarazzate.

Non le davo un abbraccio del genere da quando avevo 10 anni, probabilmente. Mi mancava l'affetto materno, ma non mi è mai mancato così tanto l'affetto paterno, adesso che sono qui, senza di lui.

Cerco di mandare via i brutti pensieri, fallendo. Decido comunque di andarmi a sdraiare nel mio nuovo materasso. Il letto si fa morbido sotto di me, lasciandomi sprofondare in un sonno triste e pensieroso.

La sveglia del mio telefono rimbomba nella stanza. Allungo la mano per cercare di spegnerla. Mi alzo e stropiccio un po' gli occhi. È già mattina?

Inizio a prepararmi, prendendo i vestiti dal mio armadio. Mi sistemo un po' davanti allo specchio, senza badare troppo alla mia faccia da zombie. Scendo lungo le scale e raggiungo la cucina, dove trovo mia mamma intenta a preparare le uova strapazzate.

«Buongiorno piccola Hel, come hai dormito?» domanda.

«Devo dire che il materasso è molto comodo. Credo di essere crollata alle 18 ieri sera...» rispondo un po' imbarazzata.

Fear of fate: Paura del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora