tanti auguri a me

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4 dicembre


Nic


Manuel era confuso nel leggere quel nomignolo sul display del telefono di Simone, che in quel momento era sotto la doccia a togliersi tutto il sudore versato in quegli allenamenti di rugby che si facevano sempre più intensivi in vista della partita.

Non ricordava di averlo mai sentito nominare nessun Nicolas, Nicolò o Nicola negli ultimi mesi e il pensiero che potesse essere il nome dell'ennesimo pene dotato che aveva visto provarci spudoratamente con lui lo innervosiva, soprattutto quando l'unica cosa che aveva intenzione di fare era passare una serata tranquilla con lui e i suoi amici e festeggiare, per modo di dire, il suo compleanno bevendosi una birra tutti insieme.

Non appena Simone uscì dal bagno, lo avvisò della chiamata e lui annuì, dicendo che non era nulla di urgente e lo avrebbe potuto anche richiamare l'indomani.

Manuel non sapeva perché, ma il fatto che chiunque avesse lasciato quelle tre chiamate perse non fosse prioritario alla loro serata insieme, lo fece sorridere.
Sapeva ormai, di non poter ambire a nulla di più di quello da quando era arrivato Daniele, ma sentirsi ancora speciale ai suoi occhi gli poteva bastare per il momento.

Manuel gli aveva chiesto di mettersi la camicia bianca quella sera, anche se sarebbero andati a bere una semplice birra, solo per vedere quella porzione di petto che Simone lasciava sempre scoperta dato che non abbottonava mai le ultime tre asole.

Lui, al contrario, si era cambiato almeno cinque volte prima di puntare tutto sulla stessa camicia che indossava il corvino, ma di un blu scuro che gli donava particolarmente.

I due si lanciavano sguardi fugaci mentre si sistemavano i capelli allo specchio, convinti di non essersi fatti cogliere in flagrante dall'altro.
Tuttavia, entrambi abbandonarono il bagno con la consapevolezza che l'altro lo stesse spudoratamente mangiando con gli occhi. Si convinsero, però, che fosse tutto frutto della loro mente malsana, di quell'immaginazione che spesso aveva toccato picchi di surrealismo puro.

"Prendo il tuo regalo e poi possiamo andare"

Simone fece un passo indietro, rientrando in camera mentre il festeggiato lo guardava recuperare un pacchetto rosso rettangolare dal cassetto della scrivania che poteva giurare di aver già visto prima, ma non ricordava dove.

"Simò" non dovevi era come avrebbe voluto continuare la frase, ma il minore scosse la testa, portando una mano avanti per metterlo a tacere e disse "È 'na cazzata, giuro" scendendo poi di corsa le scale e recuperando i loro caschi.

I due salutarono Dante e Virginia e si misero in sella alla Vespa bianca.

Manuel teneva le sue mani salde sui fianchi del minore che, durante il tragitto, continuava a dirgli di aggrapparsi ché ci saranno parecchie buche e lui non se lo fece ripetere ancora per molto, cingendogli completamente il basso busto con le braccia.

Più imboccavano nuove vie, più Manuel non capiva dove fossero diretti. È vero, aveva lasciato che fosse Simone a scegliere il locale, ma non era mai stato nel quartiere Tor di Quinto prima d'allora e non aveva idea di che tipo di locali potessero esserci.

Erano passati almeno venti minuti, forse di più, quando finalmente Simone accostò in un parcheggio e lo fece scendere.
Recuperò il regalo e insieme ad esso un foulard che a giudicare dallo stile sembrava essere di Laura.

"Ordini superiori" si giustificò il minore prima di bendarlo e stringendo il foulard così forte da farlo quasi imprecare.

"Te te sei bevuto 'r cervello, come cazzo cammino mo?" chiese invocando tutti i santi nella sua testa e inciampando pur essendo fermo.

pagine mancantiWhere stories live. Discover now