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Terzo giorno prima delle None di marzo (5 marzo)

Livia e Diotima trascorsero quei giorni recuperando il tempo perduto. Si aggiornarono sulle rispettive vite, parlarono del passato e del presente, dei vecchi tempi e delle vecchie avventure. Cercarono di ricordare il loro primo incontro, ma entrambe concordarono nel pensare di conoscersi da sempre.

Marco Gallio, il padre di Diotima, e Marco Livio Druso Claudiano, il padre di Livia, erano migliori amici. Condividevano tutto, dalle idee politiche alle opinioni più frivole sul cibo e sulle donne. Entrambi avevano avuto solamente una figlia femmina, e le due bambine erano cresciute come sorelle. Si erano sposate nello stesso periodo, con due cesariani e, poi, antoniani. Quando il padre di Livia si era suicidato, dopo la sconfitta di Filippi, Marco Gallio aveva abbracciato la sedicenne e le aveva promesso che si sarebbe preso cura di lei e della sua famiglia per sempre. Lo doveva al suo amico e, in fondo, l'aveva sempre considerata un po' anche figlia sua. Aveva consolato la vedova Alfidia, promettendole protezione perpetua, e Livia aveva quasi sperato che il posto lasciato libero da suo padre sarebbe stato colmato da Marco Gallio. Lui era vedovo da sempre, da quando la madre di Diotima era morta dandola alla luce. E Alfidia era una donna debole, che avrebbe avuto bisogno di una forte presenza maschile accanto. Ma Marco Gallio era stato di parola: si era occupato di loro a distanza e non aveva mai pretesto di essere qualcosa di più che un buon amico.

Livia aveva sofferto molto, quando aveva saputo della sua morte. Era avvenuta mentre lei e Ottaviano stavano iniziando la loro relazione, con tutte le cautele del caso, dal momento che erano entrambi sposati con altri. Anche nella morte, Marco Gallio tenne fede alla propria promessa: per estendere la sua ala protettiva sulla prole di Livia, aveva deciso di adottare Tiberio per via testamentaria, in modo da mettergli a disposizione il suo ingente patrimonio. Denaro, proprietà e investimenti che non erano finiti nella dote di Diotima. Livia aveva versato lacrime amare, quando aveva letto le sue ultime volontà. Diotima l'aveva abbracciata, per niente risentita dal fatto che suo padre non le avesse lasciato tutti i suoi averi. Lei era sistemata, era sposata e aveva una figlia in salute. Non necessitava di denaro. Invece la situazione di Livia era ancora incerta: sposata a un antoniano ma amante di Ottaviano, decisa a divorziare dal primo per sposare il secondo, senza sapere se avrebbe potuto tenere Tiberio con sé o se avrebbe dovuto lasciarlo al padre. In entrambi i casi, quella fortuna insperata garantiva al bambino un avvenire sicuro.

E poi Livia aveva divorziato dal marito e si era trasferita a Roma con Ottaviano, mentre Diotima aveva seguito il marito antoniano. La loro separazione era stata crudele e gli undici anni trascorsi l'una lontana dall'altra ancora di più. Avevano cercato di tenersi in contatto, ma il fatto che i loro uomini appartenessero a fazioni diverse aveva ostacolato la loro amicizia. Si sentivano entrambe in colpa nei confronti dei mariti, e così le missive si erano diradate fino a cessare.

Poi c'era stata la battaglia di Azio: Ottaviano aveva vinto e il marito di Diotima era morto. Era stato sufficiente a far riprendere in mano il pennino e l'inchiostro alla vedova, che aveva scritto alla vecchia amica raccontandole le sue disgrazie. Livia le aveva risposto offrendole tutto il suo supporto, ma un anno dopo Diotima le aveva comunicato una bella notizia: si era risposata. Suo marito si chiamava Aulo Calidio: era stato cesariano, antoniano e infine era passato dalla parte di Ottaviano, giusto in tempo per la vittoria finale.

E così, le cose si erano sistemate per entrambe. Erano ancora vive, malgrado i grossi pericoli corsi accanto ai loro primi mariti; erano in salute, e così i loro figli; avevano una bella casa e schiavi a loro disposizione. I tempi bui sembravano ormai un lontano ricordo.

Mentre le madri recuperavano gli anni perduti, i figli stringevano amicizia. Druso e Nevia erano sempre insieme; giocavano con gli astragali, a nascondino e con la palla ripiena di sabbia, si rincorrevano e strillavano, riempiendo la casa di gioia e allegria. Mangiavano vicini, rubandosi il cibo a vicenda, e trascorrevano ore intere sulla spiaggia, a giocare sulla sabbia e a realizzare complesse opere di architettura che poi le onde spumeggianti portavano via.

La maledizione di IsideWhere stories live. Discover now