C'è Dell'ordine Anche Nel Disordine

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"Nel cuore del menzognero e nella mente del bonario esiste una corda che li unisce.
Non si dice che una persona bugiarda possa essere buona, e viceversa? Forse, non siamo che all'apparenza delle brave persone e all'interno degli ottimi mendaci."

«Toc-Toc.» Si udì battere alla porta.
La bella fanciulla era in casa, tutta sola e impaurita. I genitori non volevano che aprisse la porta in loro assenza... ma quel tocco si faceva sempre più intenso e ammaliante tanto quanto il desiderio di aprire quella struttura di legno.
Finì col tradire sé stessa: rispose chiedendo chi fosse.
«Chi vuoi che io sia: l'ingannatore o l'onesto?»
Allora non capì.
Aprì di getto ma non trovò nessuno a eccezione di una rosa ai suoi piedi: fresca, rosso sangue e spinosa.
Il cuore parve esplodere nel petto, e i muscoli non l'aiutarono a reggersi in piedi. Si resse allo stipite della bussola per non collassare mentre raccoglieva quello splendore ai suoi piedi.
Era un'impresa ardua, le spine le logoravano ogni singolo lembo di pelle. Si osservò le mani tumefatte e in emostasi mentre la vista si offuscava rapidamente; la fanciulla non sapeva che quella era una punizione per aver trasgredito alla regola dei genitori.
Fu così, piano piano, che sprofondò in un sonno profondo dal quale non si sarebbe più risvegliata.

Osservo Papà richiudere il suo quaderno delle favole. Mi ha raccontato che da bambino; suo nonno Jordan Moore, gliele leggeva ogni notte, da allora lo porta sempre con sé, come un vero e proprio oggetto prezioso.
Tuttavia arriccio la fronte confusa.
Perché tra tutte ha scelto di raccontarmi proprio questa?
«Questa storia non mi piace», metto il broncio, delusa dal fatto che ne volevo ascoltare un'altra. «Non l'ho nemmeno capita, la prossima volta raccontami quella della fanciulla con i capelli lunghi e biondi.» Tossicchio.
La gola pizzica ancora e i brividi mi freddano.
Papà scoppia a ridere.
La sua risata contagia anche qualcun altro: la mamma ci osserva appoggiata al muro con la solita divisa azzurra. È la prima volta che la vedo rientrare a quest'ora, di solito è sempre impegnata a lavoro. Getto da qualche parte sul letto il mio adorato Randy, un panda un po' sgualcito ma ugualmente rassettato dalla signora Clark, e corro ad abbracciarla. Lei si china ad accarezzarmi i capelli, sollevandomi con facilità quasi fossi una piuma.
«Tesoro è ora di andare a dormire.» Mi sistema coprendomi con le lenzuola che profumano di ibisco.
Mi passa il mio piccolo peluche e lo sistemo con cautela per non rovinarlo.
I due mi lasciano un bacio su entrambe le guance febbrili.
«Quando sarò grande me la spiegherete?» Chiedo tra uno sbadiglio e l'altro stremata dal sonno.
I miei genitori si scambiano un'occhiata e annuiscono con poca convinzione. Poi mi lasciano lì, con Randy e le piccole stelline sul soffitto che illuminano fievolmente di giallo la stanza rosa confetto.

Il cinguettio degli uccelli arrivava alle orecchie come un suono delicato, mi stiracchiai e a fatica mi imposi di alzarmi. Strisciai verso la finestra spalancandola: l'aria era decisamente più calda, e i raggi del sole avevano cancellato i segni della tempesta del giorno prima. Erano trascorsi mesi e, nonostante ciò, ancora non riuscivo ad abituarmi al clima. In Georgia il tempo era per la maggior parte delle volte cupo e freddo, persino i grattaceli che osservavo dalla mia vecchia stanza sembravano tristi.
Il lieve venticello fece ondeggiare melodicamente i capelli mentre puntavo lo sguardo su una farfalla di un blu acceso con sfumature bianche e marroni, intenta ad appoggiarsi sul passamano. Nella maggior parte delle culture si diceva che le farfalle dal manto blu, rare e uniche nella loro bellezza, rappresentavano un segno di amore e accettazione; o meglio potevano persino simboleggiare il passare del tempo, il cambiamento e il senso della vita.
Ma alla fine non potevano che essere delle stupide credenze.
Rammaricata chiusi l'ampia vetrata; avrei preferito che quella folata non mi avesse soltanto farfugliato il cuoio capelluto, ma che fosse stata in grado di cancellare anche i tratti del suo viso provato dal palmo della mia mano. Dopo un profondo respiro mi diressi in bagno, lo specchio rifletteva la figura di una ragazza con le palpebre infossate e inespressive.
Mi spogliai del pigiama, la vista mi cadde sui segni oramai violacei che colorarono la carnagione chiara. Un forte senso di rabbia ribolliva nelle vene, così presi coraggio e mi infilai sotto al getto d'acqua calda con la speranza che lavasse via ogni ricordo dalla mia mente. Mi sentivo privata della mia anima, ma dovevo munirmi di tutta la grinta necessaria per affrontare una noiosa giornata di scuola.
Maledizione: c'era la prova con il professor Iago! Dovevo sbrigarmi o non sarei arrivata in tempo.
Indossai frettolosamente un paio di jeans scuri e una felpa bianca un po' larga. Legai i capelli umidicci in una coda alta e truccai appena il viso. Afferrai la cartella, scesi al piano di sotto da dove proveniva un forte odore di pancake e sciroppo d'acero.

Nel sogno di una lacrima ( storia modificata!) Où les histoires vivent. Découvrez maintenant