10. Viscerale

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10.

Tra un instore e un altro, Sarah aveva avuto il tempo di tornare a Roma il 7 giugno, caso volle che fosse anche un giorno libero per Joseph.
E fu proprio lui, giorni addietro, in una semplice videochiamata a chiederle di tornare; aveva una sorpresa per lei.

"Pecche non sali?"-le chiese, steso sul letto di un albergo a Macerata.
"A Roma?"-rispose, stropicciandosi un occhio, stesa anche lei sul letto di un hotel. Lei, però, si trovava a Foggia.
Era il 5 giugno ed in realtà lei non aveva avuto instore quel giorno, era stata a Milano per poi prendere il treno, diretta in Puglia dove l'indomani avrebbe avuto un instore.
"No, a Milano che dici?"-scherzò.-"Certo, a Roma. Il 7, salgo pure io che so libero. Te devo fa vede 'na cosa."-le sorrise.
"Dai, sono stanca, non prenderti gioco di me."-piagnucolò, per poi sbadigliare.
"Lo vedo."-disse, intenerito, sorridendole, gli occhi che brillavano.-"Ma non riesco a sta senza de te."
Sarah sorrise. Si erano visti il giorno prima, perché entrambi si trovavano a Milano, tra giorni liberi e instore che combaciavano.
Eppure sembrava non fosse mai abbastanza.
"Guarda che paroloni."-rise la ragazza, aprendo la finestra dell'hotel mentre il calore si attaccava addosso.
"Nun so paroloni. Me manchi. Non so abituato a sta senza de te."-sospirò.
"Dai, forse faccio questo sacrificio..."-lo stuzzicò, facendo finta di non aver accettato in partenza.-"Solo perché mi devi far vedere una cosa."
"Daje."-rise, stringendo il pugno e portando il braccio verso l'alto, esultando.-"Nun prenotà nessun hotel però. Vuoi dormì da me?"-le propose.
Sarah arrossì.
"Accetto."

Adesso, sul treno, Sarah guardava il paesaggio scorrere sotto i suoi occhi, le cuffie nelle orecchie mentre ascoltava Vampire di Olivia Rodrigo: doveva allenarsi per il concerto a cui sarebbe andata due giorno dopo.
Allenarsi, poi, già sapeva tutte le canzoni a memoria.
Il treno Italo proveniente da Bari centrale, in direzione Torino Porta Nuova, è in arrivo al binario 5 nella stazione di Roma Termini.
Sarah si alzò dal suo posto, prendendo il bagaglio dalla cappelliera.
Quel cambio di rotta l'aveva costretta a viaggiare da sola, invece che in van col suo team; gli aveva promesso sarebbe stata puntuale l'indomani. Fortunatamente, erano stati tanto gentili da prendersi carico di tutti gli altri bagagli che si stava portando in giro per l'Italia.
Scese dal treno, mettendosi gli occhiali sul capo e beandosi del sole cocente sulla pelle.
Si incamminò verso la fine del binario, quando lo vide tra la folla.
Si erano dati appuntamento a casa sua, eppure ora era lì, un mazzo di rose in una mano e nell'altra un pacco di cioccolatini.
Sorrise e, senza neanche rendersene conto, iniziò a correre, mentre le ruote della valigia sbattevano sul cemento.
Lasciò andare la valigia, stringendogli le braccia al collo mentre Joseph le sorrideva.
"Ma che ci fai qua!"-esclamò, in punta di piedi.
"Dovevo aspettà che venivi fino a casa? Ncia facevo."-le sussurrò tra i capelli.
Joseph quasi si pentì di averle preso fiori e cioccolata: aveva le mani piene e non riusciva a stringerla come avrebbe voluto.
"Questi so per te."-disse poi, porgendoglieli.
"Sono bellissimi Jo."-mormorò, prendendo i fiori tra le mani.-"Ma non hai paura che ci vedano?"
"Saré, sinceramente? Me so cagato er cazzo. Te volevo comprà i fiori, e l'ho fatto. Me so scocciato de mentì alle interviste, se ci vedono bene, se non ci vedono bene uguale."
Sarah aveva sempre avuto un po' paura. Paura che gli altri si mettessero vergogna di lei, che volessero nasconderla, e il suo cuore pesava sempre un po' di più ogni volta che Joseph diceva "siamo solo amici" in un'intervista.
Sapeva che si sentissero da neanche due settimane, e sapeva benissimo non fosse il caso di dare la notizia in pasto ai giornali, eppure la bambina che era in lei, quella che aveva paura di essere messa da parte o di essere la seconda scelta, piangeva.
E Joseph lo sapeva, e quindi ogni volta le inviava un messaggio, ogni volta spuntavano dei girasoli nella sua stanza d'hotel, ogni volta la svegliava una dolce colazione con cornetto e succo di frutta e ogni volta le arrivava una vaschetta di gelato dopo cena.
Perché, nonostante la distanza che spesso li separava, Joseph riusciva ad esserci sempre.
C'era la mattina appena sveglia quando mangiava il cornetto e apriva le notifiche del suo cellulare, trovando sempre il suo "buongiorno"; e Sarah sapeva che si svegliava di proposito prima di lei, solo per farle trovare il suo messaggio appena sveglia.
Joseph c'era quando la sera era stanca e lui le teneva compagnia in videochiamata mentre si addormentava, perché aveva paura di dormire in hotel da sola.
Ora però la guardava, mentre centinaia di persone gli camminavano intorno, il treno partiva dai binari stridendo e attutendo le voci dei passeggeri, il rumore delle valigie sull'asfalto, il pianto di un bambino appena sveglio, e leggeva nei suoi occhi tutta la voglia che aveva di viverla.
Viverla per davvero.
"Mi sembra che tutti ci guardino."-sussurrò.
"Ti guardano perché sei la più bella."-le sorrise, poi si abbassò e le prese la valigia, incamminandosi verso l'uscita della stazione.
Sarah masticava un cioccolatino.
Quante volte glielo aveva detto, che lei era la più bella. Sarah ci credeva ogni giorno di più, solo perché a dirglielo era lui.
Lui glielo diceva tutti i giorni, più volte al giorno, e lei si guardava allo specchio e notava tutti quei piccoli dettagli meravigliosi che non le erano mai saltati agli occhi, impegnata a guardare solo quelli negativi: le pagliuzze rossastre negli occhi, il piccolo neo sul mento, le ciglia lunghe.
E lei si sentiva bella per davvero, quella bellezza che ti fa voltare il capo mentre cammini per strada o che ti incanti a guardare, per poi indicarla alla tua amica e sussurrare ma hai visto quanto è bella quella. Si sentiva bella soprattutto quando lui la stringeva, perdendosi nei suoi occhi e Sarah notava il lieve accenno di un sorriso, un piccolo lembo alzato, gli occhi che brillavano.
Salirono in macchina e Sarah posò i fiori sulle gambe, dopo averli annusati.
"Odorano quasi quanto te."-le disse Holden, sedendosi anche lui e mettendosi la cintura.
Sarah rise, poi disse:"Aoh, ma mi annusi sempre?"
"Aoh, ma da quando ti esce la cadenza romana?"-esclamò.
"Pe davero?"-scherzò, e ne fuoriuscì lo scherno di un accento romano.
"Nah, me rimangio tutto!"
Sarah gli diede sul buffetto sul braccio e lui colse la palla al balzo per attirarla a sé, baciandola.
Sarah gli cinse le braccia dietro al collo e gli sorrise sulle labbra.
"Tu puzzi invece."-disse schifata, arricciando il naso, a dividerli solo un respiro.
"Ma mo te corco proprio."-le soffiò sulle labbra, per poi mettere le mani sul volante.-"Sei pronta pa' sorpresa?"
"Sorpresa? Ma non era questa?"-disse a bocca aperta, mentre Joseph accendeva il motore.
"Seh vabbè, pare che non me conosci."-rise, e partì.

Atelofobia; an holdarah fanfiction.Where stories live. Discover now