13. Il circo del coniglio bianco

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“Come sai di quel posto?” mi disse corrugando la fronte.

“Ora sono io a dover dare risposte?” dissi sarcastico “come ha fatto a rimanere in vita tutti questi secoli? Quale siero, quale incantesimo ha usato?”
“Oh ragazzo, non sono così vecchia!”
“Allora si spieghi”
“Hai idea di quello che hai detto? Capisci quanto siano lontane le Origini? Presumo che gli abitanti avessero anche sembianze diverse dalle nostre attuali”
“Lo capisco, tuttavia non sarei stupito se lei avesse trasportato la sua anima di corpo in corpo nel tempo”

Lei tacque e sorrise.

Lentamente disse “Capisco adesso che sei un ragazzo difficile da stupire e la tua inventiva è macabra…ma essenziale per grandi menti.”

“Lo stupore è una scelta” mi tornò alla mente ciò che mi aveva detto.

“Bene, bene…” si alzò e il suo bastone strisciò sul pavimento fino a raggiungere la teca con le pozioni. “ahimè mi dispiace deluderti ma la soluzione è molto più banale di quella che immagini. Athara era la mia prima antenata, la radice del mio albero genealogico. Ci teniamo in contatto…tutti noi che siamo venuti dopo. Generazione dopo generazione sono stati tramandati i segreti del nostro mestiere, in me vivono tutti i miei antenati.
La mia mente si posò sul vecchio foglio ingiallito da cui Ernest aveva tratto l’incantesimo messo in atto al mio tempo.

“C’è un incantesimo che vorrei mostrarti”
Mi scrutò in attesa.
“Ecco, bhe…non so dove sia. Potrei averlo perso ovunque” forse quando ero caduto all’Origine, quando scappavo con Pexit da Fidati e Severi, nel bosco spettrale o sulla neve, nella fuga dall'enorme animale volante.
“Allora non vedo come posso aiutarti”

“Magari posso provare a replicare il disegno” dissi scrivendo con il dito sul tavolo

“Fermo ragazzo, così non serve a niente. Usa questo.”

Mi aveva preso una tavoletta di legno piena zeppa di polvere dove ciò che avrei disegnato si sarebbe visto facilmente.
Si risedette davanti a me ed osservò.
Provai a replicare i rami, le fiammelle delle candele, a scrivere qualcuno dei simboli strani che ricordavo come lettere sparse del rituale. Ciò che disegnavo in maniera goffa e strana assumeva sulla tavoletta una forma precisa e la polvere si rigenerava immediatamente dove pensavo di voler cancellare.

“Dove hai visto questo incantesimo?”
“Al mio tempo. L’ha eseguito il Mangiatempo.” dissi mettendo alla prova fin dove arrivasse la sua conoscenza. Non parve sorprendetsi più di tanto ma, in quella piccola bottega, lo stupore era sottovalutato.

“Dunque il Mangiatempo è venuto nella tua era temporale. Perché?”

“Non è venuto, lui è sempre stato lì. E’ nato nel mio tempo, è cresciuto con la mia infanzia”

Mi guardava con serietà come se un enorme peso gravasse sull’importanza delle mie parole.
“Come puoi essere certo che un tuo contemporaneo sia il Mangiatempo?”
“Beh perché…” raccolsi gli elementi che conoscevo di questa intricata storia “Ernest ha fatto questo rituale, ha cercato di uccidere una mia amica e ho molte ragioni per credere che il suo atteggiamento nasconda sospetti.

“Vedi ragazzo, la struttura di questo incantesimo indica la preparazione di una protezione. Non riesco a dirti molto altro con questi pochi elementi ma sappi che quando hai a che fare con le “entità superiori” tutti possono essere pedine, tutti possono essere chi non dicono di essere. Ciò che sta accadendo rende facile pensare che come tu sia qui, in un “tempo” sbagliato, anche altri siano evasi dalla propria decade o dal proprio millennio di nascita. “

Dovevo fare le domande giuste per avere risposte giuste.

“Perché Ernest ha fatto un incantesimo per la distribuzione di una protezione?”
“Questo va oltre anche a ciò che io posso vedere. Devi trovare l’incantesimo. E’ magia oscura, è pericoloso disperderla in un punto dentro l’immensità del tempo.”

AI CONFINI DEL TEMPODonde viven las historias. Descúbrelo ahora