Capitolo 4

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Quel rantolo mi raggelò il sangue. Mi voltai terrorizzato, sperando che non fosse uscito dalla sua gola. Era a terra, la faccia nella polvere. Mi liberai in fretta di tutti gli ostacoli che c'erano fra noi e corsi da lui. Mi fermai, colpito dalla visione di tutto quel sangue sulla sua camicia, il suo volto era pallido e spossato, indicibilmente stanco e tirato... mi inginocchiai accanto a lui con l'unica speranza che non fosse morto. Gli strinsi il polso con mano tremante e mi accorsi con una vaga sensazione di gioia che il suo cuore batteva ancora. Sorrisi impercettibilmente, solo i deboli mollano presto. Senza pensare a chi e cosa ci stesse attorno, mi tolsi il kimono e lo usai per tamponare la ferita che aveva sull'addome, avvolgendolo attorno al suo corpo magro e flessuoso. Raccolsi la pistola che gli giaceva accanto, consapevole di quanto fosse importante per lui, e lo presi in braccio, correndo lontano da lì senza fargli prendere troppi scossoni. Un rivolo di sangue si fece strada fra le sue labbra. Lo strinsi a me, -Non morirai... te lo giuro, Jigen... non ti lascerò andare.- Raggiunsi l'auto, ma Lupin, ovviamente, non c'era. Strinsi i denti, indeciso sul da farsi. Non potevo lasciarlo solo, volevo stare con lui, la vita non doveva lasciarlo mentre era solo. Però non potevo lasciare solo nemmeno Lupin, anche perché io non so guidare e Jigen... scossi la testa e aprii la portiera. Lo adagiai sui sedili posteriori, tamponando poi la ferita col kimono, ormai imbevuto di sangue. Feci più pressione sulla ferita, -Resisti... non lasciarmi...- Mi maledii per non saper guidare, maledii Lupin che non si muoveva, maledii Fujiko e la sua avidità, maledii quel dannato piano suicida... e maledii quel maledetto proiettile conficcato nel suo addome che avrebbe potuto strapparmelo in qualsiasi momento e maledii la morte che ci avrebbe potuto separare anche ora. Scossi la testa, -Non morirai... non ora, te lo giuro, tiratore.- Le lacrime mi offuscarono la vista, ma le scacciai con un gesto stizzito della testa. Non era il momento di cedere ai sentimenti, un samurai non cede mai ai sentimenti. Lupin arrivò di corsa, sparando ai nostri inseguitori. Saltò in macchina e mise in moto senza dire una parola, allontanandosi a velocità folle da lì. Strinsi Jigen a me, non volevo che scivolasse giù dal sedile. -Sono riuscito a scappare al pelo, ho visto cosa è successo dalla finestra... non sono riuscito a prenderlo. E Jigen... avevi ragione, era un piano suicida.- Scossi la testa, -Non ha importanza chi avesse ragione e chi torto. Ora dobbiamo pensare a lui.- Gli carezzai i capelli e la fronte sudaticcia, con un sorriso nervoso. No, non sarebbe morto, non lo avrei lasciato andare. Lupin svoltò a destra, rallentando, -Qui nei dintorni dovrebbe esserci un medico che lavora per la mafia, non credo che ci farà troppe storie... male che vada sarò molto persuasivo.- Annuii, stringendo Jigen a me. Lupin accelerò sempre di più, l'auto quasi non toccava terra. Neanche lui voleva che morisse... i cinque minuti scarsi che ci separavano dal dottore mi sembrarono infiniti. Parcheggiò vicino ad una villetta senza troppe pretese, sotto il muro di cinta, lontano dall'unico lampione. Mi aiutò a tirarlo fuori, poi raggiunse con pochi passi la porta della casa. Guardai il suo viso bianco come un cencio, la sua camicia divenuta una spugna, il mio kimono imbevuto di sangue. Era sempre più pallido, respirava a fatica, privo di sensi, leggero come un fuscello. Scossi la testa e mi imposi di non guardarlo più e cercai di convincermi che non sarebbe morto, che sarebbe rimasto con me. Raggiunsi Lupin, che suonò il campanello con la pistola in mano. Dopo pochi secondi, la porta venne aperta da una donna dalla pelle olivastra. Ci fissò con aria perplessa, ma il ladro le puntò la pistola in faccia con aria truce, -Il mio amico è stato ferito e lei, signorina, deve aiutarlo.- Lo sguardo della donna cadde immediatamente su Jigen e un'ombra scura calò sul suo viso, offuscandole gli occhi, -Portatelo dentro, svelti!- Rientrò in casa e io la seguii senza perdere tempo, mi fece strada per un lungo corridoio poco illuminato e poi giù per delle scricchiolanti scale di legno. Entrammo in quella che sembrava una cantina, i muri bianchi, la luce giallognola, un tavolo operatorio al centro della stanza, odore di alcol ovunque. La donna si avvicinò al tavolo, -Stendilo qui.- Annuii e obbedii, adagiandolo delicatamente sul tavolo. Gli sfiorai i capelli per infondergli coraggio... e per convincermi che sarebbe andato tutto bene. Lupin entrò come una furia, la pistola ancora spianata, -Non faccia scherzi! Il mio amico deve vivere!- La donna sospirò debolmente, indossando un camice azzurrognolo, -Non ti preoccupare, Lupin Terzo.- Il ladro rimase per un attimo ad occhi sgranati, senza aprir bocca. La dottoressa rise fievolmente, -Non ti devi stupire, Lupin... la tua faccia è nota a tutti.- Si infilò dei guantini di lattice e una mascherina sulla bocca, -Curo i mafiosi, la pistola non serve.- Lentamente, slegò il nodo che avevo fatto al kimono e lo appoggiò su uno sgabello lì vicino. Prese poi delle forbici e le usò per tagliare la camicia. La ferita gli aveva maciullato la pelle, il sangue gli aveva imbrattato l'addome, i muscoli pulsavano e sputavano pus sanguinolento. Chiusi gli occhi, colpito nel profondo dell'animo da quell'orribile visione di dolore che mi tolse il respiro. Lupin mi venne vicino con passi lenti e mi posò una mano sulla spalla, -Vieni, Goemon... usciamo da qui...- Scossi la testa, mi divincolai con rabbia, l'impressione di essere un animale imprigionato in una tagliola, -No... io devo rimanere qui... non lo voglio lasciare solo.-

-Goemon, ascoltami...-

-No! Io devo rimanere qui! Non posso lasciarlo solo! Io... non devo lasciarlo solo!- Avevo urlato, me ne resi conto con sgomento. La mia calma era stata disintegrata da quel proiettile conficcato nell'addome di Jigen. La donna si voltò verso di me con il bisturi in mano, -E' in buone mani, esci di qui... ti chiamerò appena avrò finito, ma dovete andarvene.-

-No... lei non capisce! Io non posso lasciarlo, io...-

-Sei sconvolto, lo capisco, ma qui non puoi fare niente. Esci, ora.- Il suo tono perentorio mi colpì come un pugno, mi fece male. Un brivido mi travolse, mi accorsi che aveva ragione, che io non potevo fare niente per lui, che ero totalmente inutile, impotente davanti a quella ferita. Non mi mossi, incapace di fare qualsiasi movimento. Mi passò il kimono insanguinato con le mani inguantate, -Questo penso sia tu. Riprendilo, ormai non serve più.- Annuii e lo presi con mani tremanti, mi lasciai strascinare fuori da Lupin. Lanciai un ultimo sguardo a Jigen, steso su quel lettino in ferro, con il bisturi freddo a solcargli la pelle infranta. Il ladro mi spinse avanti, chiudendosi la porta alle spalle, poi mi spinse su per le scale e in un salottino lì vicino. Mi lasciai cadere sul divano e fissai il kimono che ancora stringevo tra le mani. Sfiorai il suo sangue raggrumato, le lacrime mi bruciarono gli occhi senza liberarsi e piovere sulle mie guance. Presi la pistola che mi ero messo nei pantaloni e l'avvolsi nel kimono, incapace di indossarlo. Lupin mi si sedette accanto. Rimanemmo in silenzio a lungo, le parole si affollarono nella mia gola senza però uscire. Lupin sospirò, -Mi dispiace... è colpa mia.- Le mie mani si strinsero di più attorno al kimono e alla pistola, le nocche mi diventarono bianche, -E' anche colpa mia. L'ho lasciato solo, in quel parco.- Di nuovo fu silenzio. -Neanch'io voglio che muoia, Goemon.- Annuii, stringendo le labbra,

-Lo so.- Ancora silenzio, ormai diventato nostro compagno. Iniziai ad avere freddo, perciò srotolai la pistola dal kimono e lo indossai, posandomi la Smith & Wesson sulle ginocchia. Lupin la guardò con un sorriso, -Hai recuperato anche la pistola vedo...-

-Ci tiene molto.-

-Goemon... tu lo ami?- Mi girai a guardarlo con aria sorpresa, fulminato da quella domanda inaspettata. Non dissi nulla, le mie corde vocali sembravano indolenzite. Annuì, con un sorriso timido, -Lo prenderò per un sì...- Mi posò una mano sulla spalla, stringendomi la scapola con forza, -Ce la farà. Non è un tipo che molla tanto facilmente, vedrai.- Annuii, tentando un vago sorriso e stringendo la pistola. Calò il silenzio e nessuno dei due lo ruppe. Lupin si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro per la sala, io rimasi seduto, le gambe atrofizzate e fredde. Balzai in piedi solo quando vidi la dottoressa raggiungerci, ormai era l'alba. Si fermò a pochi passi da noi, -Ho estratto il proiettile. Era conficcato nel polmone destro, se a qualcuno interessa. Ho spostato il vostro amico in una delle stanze che ho qui, per ora non si può muovere...- Un sorriso si fece strada sulle mie labbra. La fissai con gioia e gratitudine, -Grazie... grazie... devo andare da lui, ora... dov'è la stanza?- La donna scosse la testa e mi posò una mano sul braccio, -Non è fuori pericolo. E' in coma, ora.- Il mio sorriso scomparve, lasciando il posto alla tristezza più cupa, -In... in coma?-

-Sì, ma non è un coma irreversibile. Potrebbe svegliarsi anche tra due ore, per quel che ne so, oppure fra tre giorni o un mese... ha perso tanto sangue e...-

-Posso andare da lui? Devo stargli vicino.- La dottoressa mi sorrise e si fece da parte,

-Va' giù dalle scale e gira a sinistra, è nella prima stanza che trovi.- Annuii e corsi verso le scale, la pistola stretta in un pugno e la gola in fiamme e piena di parole e urla che non sarebbero mai uscite, gli occhi ricolmi di lacrime che non sarebbero mai scese sulle mie guance. Entrai nella stanza sbattendo la porta, forse speravo che si svegliasse sentendo il rumore della porta. Lupin non era venuto con me, probabilmente aveva capito che per ora volevo rimanere solo con lui. Jigen era steso sull'unico letto della stanza, il viso bianco come il cuscino che gli reggeva la testa circondata dai capelli neri e sudati, una fasciatura gli ricopriva tutto il petto, un ago era conficcato nel suo braccio muscoloso e magro. Recuperai la poltroncina che c'era vicino alla finestrella e la spostai vicino al letto. Su un tavolino lì vicino c'erano appoggiati i suoi vestiti, il suo cappello spiccava sopra tutto, posai lì la pistola. Mi sedetti in poltrona, gli scostai una ciocca dagli occhi come se gli desse fastidio e gli presi la mano, senza più muovermi da lì... ma poi accadde. Dopo pochi minuti, iniziò ad agitarsi. Per un breve attimo pensai che si stesse svegliando e la gioia mi invase... ma poi capii che non si stava svegliando, capii che il suo cuore si stava fermando. Mi alzai e corsi alla porta. La spalancai, facendola sbattere contro il muro, e chiamai la dottoressa con un urlo disperato. La donna mi raggiunse subito con una valigetta bianca, seguita a ruota da Lupin, il suo viso deformato dalla preoccupazione...

Fantasma...Where stories live. Discover now