Alessandria, 126 a.C.

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Un caldo mattino di mezza estate, un toro sacro scappò dal recinto vicino al fiume; si scatenò per i campi sferrando morsi per acchiappare le mosche e agitando le corna verso qualsiasi cosa si muovesse. Tre uomini che cercarono di catturarlo furono feriti in modo grave; poi il toro si gettò tra i giunchi e irruppe su un sentiero dove stavano giocando alcuni bambini. Quando si dispersero urlando, il toro si fermò, come colto da un dubbio. Ma il sole riflesso sull'acqua e il bianco delle vesti dei bambini lo fecero infuriare. A testa bassa caricò la ragazza più vicina, e l'avrebbe incornata o calpestata a morte se io e Tolomeo non ci fossimo trovati a passeggiare da quelle parti.
Il principe sollevò una mano. Io entrai in azione. Il toro si fermò a metà della carica, come fosse andato a schiantarsi contro un muro. Ciondolando la testa e con gli occhi storti, si ribaltò nella polvere, dove rimase finché alcuni guardiani lo legarono con delle corde e lo ricondussero nel suo campo. Tolomeo attese che i suoi aiutanti calmassero i bambini, quindi riprese la passeggiata, semza più parlare dell'incidente. Tuttavia quando rientrammo a palazzo scoprimmo che le voci si erano sparse, rincorrendosi e moltiplicandosi. Ora del calare della sera tutti in città, dal mendicante al più altezzoso dei sacerdoti di Ra, avevano inteso o frainteso qualcosa.

Com'era mia abitudine, mi ero aggirato fino a tardi tra mercati serali, ascoltando il ritmo della città, l'enfiarsi e lo sgonfiarsi delle notizie portate dalla marea umana. Il mio padrone era seduto a gambe incrociate sul tetto dei suoi appartamenti, di tanto in tanto scribacchiava qualcosa sulla sua striscia di papiro o rabbuiato guardava lontano verso il mare. Atterrai sul poggiolo in forma di pavoncella e lo fissai con un occhietto lucente.
- Nel bazar non si parla d'altro - dissi - Te e il toro.
Intinse lo stilo nell'inchiostro. - Che importa?
- Forse non importa; forse importa eccome. Ma la gente mormora.
- Che cosa mormora?
- Che sei uno stregone che se la fa con i demoni.
Tolomeo rise e finì di tracciare nitidamente un numero. - Così stanno le cose.
La pavoncella tamburellò gli artigli sulla pietra. - Protesto! Il termine 'demone' è grandemente fallace e ingiurioso!
Tolomeo posò lo stilo. - È un errore prendere troppo a cuore le faccende di nomi e di titoli, mio caro Rekhyt. Simili cose non sono mai niente più che mere approssimazioni, una questione di comodità. Il popolo parla così per ignoranza. È quando insiste nell'ingiuria pur comprendendo la tua natura che dovresti cominciare a preoccuparti - Mi sorrise guardandomi con la coda dell'occhio. - Il che è sempre possibile, diciamocelo.
Sollevai un po' le ali, lasciando che il vento di mare mi arruffasse le penne. - Di solito ne esci bene, dai discorsi del popolo. Ma ricordati le mie parole: presto diranno che sei stato tu a far scappare il toro.
Sospirò. - In tutta onestà, della reputazione -nel bene e nel male- non mi importa molto.
- Potrà non importare a te - ribattei tetro - ma a palazzo ci sono coloro per i quali è una questione di vita o di morte.
- Sì, quelli che annegano nel brodo della politica - disse. - E io per loro non sono nulla.
- Sarà così- conclusi. - Sarà così. Che cosa stavi scrivendo?
- La tua descrizione delle mura elementali ai margini del mondo. Perciò levati quel cipiglio dal becco e parlamene ancora.
Insomma, decisi di lasciar perdere. Discutere con Tolomeo non portava mai da nessuna parte.

Due giorni dopo, mentre eravamo impegnati in una discussione, bussò alla porta un servo del mio padrone. - Perdonatemi, Altezza, ma una donna vi chiede una parola.
- E quale vorrebbe? - Avevo assunto l'aspetto di uno studioso, proprio nel caso di un'interruzione del genere.
Tolomeo mi fece segno di tacere. - Cosa vuole?
- Il campo del marito è minacciato da un'invasione di locuste, signore. Chiede il vostro aiuto.
Il padrone aggrottò le sopracciglia. - Ridicolo! Che posso farci?
- Signore, lei parla di... - Il servo esitò; quella volta si era trovato insieme a noi nei campi. - Dei vostri poteri sul toro.
- Questo è troppo! Stiamo lavorando, qui. Non posso essere disturbato. Mandala via.
- Come desiderate. - Il servo sospirò e si apprestò a chiudere la porta.
Il padrone fece un gesto per trattenerlo. - È davvero molto in pena?
- Moltissimo, sire. È qui dall'alba.
Tolomeo emise un gemito spazientito. - Oh, quante sciocchezze! - Si rivolse a me: - Rekhyt, va' con lui e vedi se puoi fare qualcosa.
Di lì a poco ritornai con l'aria sazia. - Locuste stemirnate.
- Molto bene- Guardò arcigno le sue tavolette. - Ho perso completamente il filo. Stavamo parlando della fluidità dell'Altro Luogo, mi pare...
- Ti rendi conto - dissi sedendomi con delicatezza sulla stuoia di paglia - che l'hai combinata grossa? Così ti sei fatto una reputazione. La reputazione di uno che può risolvere i problemi della gente. Ora non avrai mai più pace. A Salomone è successa la stessa cosa, con la faccenda della saggezza. Non poteva più mettere il naso fuori di casa senza che qualcuno gli gettasse davanti un pargolo.
Il ragazzo scosse la testa. - Io sono uno studioso, un ricercatore, niente di più. Potrò aiutare l'umanità con il frutto dei miei scritti, e non sconfiggendo tori o locuste. Inoltre sei stato tu a fare il lavoro, Rekhyt. Ti spiace levarti quell'elitra dall'angolo della bocca? Grazie. Ora, per incominciare...
La sapeva lunga riguardo a certe cose, Tolomeo. Ma di altre non sapeva nulla. Il giorno dopo trovò altre due donne che aspettavano in piedi fuori dalle sue stanze; una aveva problemi con gli ippopotami sulle sue terre, l'altra aveva con sé un bambino malato. Ancora una volta fui mandato a occuparmene come potevo. Il mattino dopo, una piccola coda di persone si allungava fino in strada. Il padrone si mise le mani nei capelli e lamentò la sua cattiva sorte; ciò nondimeno fui nuovamente inviato, insieme ad Affa e Penrenutet, due dei suoi altri jinn. E le cose andarono avanti così. Gli studi progredivano a passo di lumaca, mentre la sua reputazione tra la gente comune di Alessandria cresceva veloce come una fioritura estiva. Tolomeo sopportava le interruzioni con gentilezza, sebbene ne fosse esasperato. Si accontentò di completare un libro sui meccanismi delle convocazioni, quindi dovette mettere da parte le ricerche.
L'anno invecchiava, e di lì a poco sarebbe sopraggiunta la ciclica inondazione del Nilo. Le acque si ritirarono e la terra scura rilucette rorida e fertile; furono seminati i campi e cominciò una nuova stagione. A volte la fila di supplici alla porta di Tolomeo era lunga, altre un po' meno, ma non spariva mai completamente. Non ci volle molto perché quel rituale quotidiano giungesse all'orecchio dei sacerdoti dei grandi templi, vestiti di nero, e all'orecchio del principe dal cuore colmo d'odio, che intriso di vino sedeva a rimuginare sul trono.

Ptolemaeus And BartimaeusWhere stories live. Discover now