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A mezzogiorno Thomas e Ronald si recarono all'appuntamento dalla Dottoressa Martinez. Lo studio era abbastanza vicino alla Stevenson da poter andare a piedi quindi, mezz'ora prima dell'appuntamento, i due scesero in strada, attraversarono un'orda di yellow cab in attesa di qualche cliente in ritardo, e proseguirono per la quarantreesima.

«Dopo la visita non abbiamo altri appuntamenti, vero?» chiese Ronald mantenendo lo sguardo di fronte a sè.

«Ehm, no. A meno che non voglia anticipare la riunione con il settore marketing che sarebbe domattina alle dieci»

Ronald non rispose. Thomas si sentiva a disagio a camminare quasi spalla contro spalla con il suo capo, che nonostante le giornate passate insieme, continuava a fargli quell'effetto strano, attirandolo con il suo fascino e la sua indifferenza. Fortunatamente, una decina di minuti dopo erano già arrivati. Lo studio della Dottoressa Martinez si trovava in un palazzo alto solo cinque piani con la facciata interamente bianca e gli infissi neri in contrasto, dall'aspetto antico grazie alle finestre a ghigliottina e la piccola scalinata in marmo che portava all'ingresso costituito da un grande portone ad arco in legno scuro, Thomas pensò che questo era il fascino di New York. Attraversare la strada e ritrovarsi davanti a un piccolo angolo di antichità dopo essere uscito da un grattacielo di ottanta piani interamente fatto di vetro. Era sempre stato affascinato dall'architettura. Il potere che i materiali davano all'uomo, rendendoli capaci di costruire luoghi che si innalzavano fino al cielo, aveva attirato il biondino sin dalla giovane età. Ma con il tempo, Thomas, aveva capito che i numeri gli davano più soddisfazione e la sua manualità, in quanto a disegno, era peggiore di quella di un bambino di tre anni, per cui dovette arrendersi all'evidenza e prendere la strada che l'ha portato dov'è oggi.

Arrivati al terzo piano, dopo un breve tragitto in ascensore fatto di silenzi e cellulari in mano, i due arrivarono allo studio accolti dalla dottoressa stessa che, con un gran sorriso, si presentò ai due facendo poi cenno di seguirla. Romy Martinez era la classica donna ispanica: non più di un metro e sessanta, con la pelle olivastra, lunghi capelli scuri con delicate onde che le ricadono sulla schiena, viso pieno e occhi scuri, aveva tutte le curve al posto giusto e una fierezza in completo contrasto con il suo aspetto così fragile.

«Il signor Taw mi ha chiamata ieri per prendere appuntamento per lei Signor Stevenson. Mi dia i suoi occhiali, così vediamo se le emicranie derivano proprio dalle lenti»

Dopo aver analizzato le lenti e proseguito con la visita oculistica, la dottoressa Martinez diede conferma ai dubbi di Thomas: Ronald aveva perso qualche diottria e gli occhiali che portava non erano più adatti, tanto da procurargli continue emicranie per via della pressione all'occhio, il destro in particolare, che era aumentata a dismisura.

«Il suo compagno è stato molto in gamba a capire il problema e prenotare questa visita» la dottoressa sorrise.

Thomas ebbe un fremito e sgranò gli occhi. Ma Ronald non chiarì la reale posizione della "coppia", anzi si rimise in piedi, fece un piccolo sorriso e disse «gli offrirò il pranzo».

Il biondino non disse nulla, prese il cellulare e fece finta di rispondere a una mail.

«Adesso prenda questo e vada in un'ottica oggi stesso per rifare le lenti. Se vuole in fondo alla strada ce n'è una molto affidabile che potrebbe farglieli avere domattina. Sono molto efficienti».

**

Quando i due scesero nuovamente in strada, Thomas notò che il suo capo aveva serie difficoltà di movimento. Non aveva pensato che, non portando più gli occhiali ormai completamente inutili, avrebbe avuto problemi nel mantenersi stabile. A quanto pare Ronald era più ciecato di quanto pensasse!

Prese l'iniziativa di porgergli il braccio. Se c'era una cosa che aveva capito dell'affascinante uomo con cui condivideva la maggior parte delle sue giornate, era che fosse decisamente orgoglioso e mai avrebbe ammesso di non riuscire a mettere un piede davanti all'altro senza cadere a terra.

Ronald sbuffò, accettò il "passaggio" e, nonostante i brividi che Thomas sentì al contatto con l'uomo, riuscirono a proseguire senza intoppi.

«Ti ringrazio» disse Ronald, e Thomas sapeva che non si riferiva soltanto all'aiuto, ma anche a tutto il resto. Sorrise.

«Mi sa che è il caso che andiamo subito all'ottica»

«Sono d'accordo».

«Benvenuti da Look Good!» gracchiò una commessa iperattiva alla vista dei due.

«Ti prego pensaci tu, non ho la forza di fare conversazione con un essere del genere» borbottò Ronald al biondino, preso più che altro dalla voce bassa e roca che gli parlava con confidenza, procurandogli un brivido su tutta la schiena. Si schiarì la voce, spiegò alla raggiante moretta che erano venuti per fare una nuova montatura e lasciò il foglio di prescrizione dirigendosi poi, sempre sottobraccio al suo capo, a una lunga parete piena di montature all'ultima moda.

«Scegline una, io non vedo nulla» disse Ronald palesemente irritato.

«D-devo sceglierla io?»

«Dai non abbiamo tutto il giorno. Dovresti conoscere più o meno i miei gusti»

«d'accordo» rispose sottovoce il giovane, dando un'occhiata alle varie montature. Alcune erano troppo, altre troppo poco. Amava il contrasto scuro in pendant con i capelli di Ronald, e ne trovò un paio che potevano stargli bene.

«le va di provarne alcune?» domandò incerto.

«Tre al massimo, mi sta scoppiando la testa» rispose tenendosi, come al solito, la radice del naso tra pollice e indice.

Thomas prese le tre montature che lo convincevano di più e si avvicinò al suo capo con la bocca semichiusa, il respiro leggero, cercando di concentrarsi sulla parte superiore del viso del bellissimo uomo che aveva davanti.

«No, decisamente no» disse sottovoce dando un'occhiata alla prima.

«meno due» rispose Ronald facendo sorridere leggermente Thomas che prese la seconda montatura, quella che lo convinse di più, e la poggiò leggermente sul viso del suo capo.

«Perfetta» disse poi, dando inconsciamente voce ai suoi pensieri.

«Ci siamo allora» rispose Ronald.

«Sì, ci siamo» e si guardarono per qualche secondo dritto negli occhi.

«Oh ma lei è un gran figo!» urlò la commessa.

Effettivamente non aveva tutti i torti, pensò Thomas, guardando il bellissimo viso di Ronald, adesso ancora più interessante grazie alla montatura quadrata, leggermente tartarugata, di un colore che andava tra il nero e il marrone.

«Quando posso ritirarli?» domandò seccato Ronald.

«Ehm, con consegna express domattina alle nove saranno già pronti!»

«Non posso averli stasera?»

«No, mi dispiace, ma se vuole, con un piccolo acconto, posso darle un occhiale di cortesia, non è all'ultima moda, ma va bene fino a domani»

«d'accordo mi dia quest'occhiale di cortesia» sbuffò Ronald.

Un quarto d'ora dopo i due erano nuovamente in strada e Ronald, nonostante indossasse degli occhiali in plastica, completamente trasparenti, non aveva perso il suo fascino.

«Almeno stasera non dovremo camminare a braccetto»

«Stasera?» domandò Thomas confuso.

«Hai uno smoking?»

«Non capisco...»

«Stasera vieni alla cena di beneficienza al MoMa con me. E' un'occasione per imparare i segreti del mestiere, indossa uno smoking e sii pronto per le nove»

"Che cazzo...?!" pensò Thomas sgranando gli occhi.


Nota autrice:

Innanzitutto grazie per le visualizzazioni e i commenti! Sono strafelice! Perdonate il capitolo piuttosto breve ma oggi sono impegnatissima e volevo comunque aggiornare! Stasera (o molto più probabilmente stanotte) metterò il quinto!


Glasses LoveWhere stories live. Discover now