Amortentia

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Essere nati mentre tua madre è sotto l'effetto di una pozione può avere dei lati negati. Ok, ha solo lati negativi. Un veloce esempio? Louis non provava sentimenti. Sentimenti belli perlomeno. Provava fastidio, indifferenza, rabbia, ma mai amore o affetto. Neanche con la sua famiglia aveva mai mostrato il più piccolo segno di apprezzamento, nemmeno quando sua madre faceva due lavori per mantenerlo o quando cantava per lui se stava male. E la cosa più brutta era che non gli importava perché non provava neanche empatia. Ogni tanto ci pensava, soprattutto quando era solo e a Hogwarts tutto era silenzioso, e la cosa lo faceva infuriare. Vedeva lo sguardo triste di sua madre, quello riusciva a riconoscerlo, ma non riusciva a mettersi nei suoi panni. Ci aveva provato, lo aveva fatto davvero, ma l'unica cosa che aveva guadagnato era una mano rotta perché dalla rabbia aveva colpito il muro.
Tutto quella che provava era sempre una lieve sfumatura, sempre e solo grigio, come tutte le sue giornate, tranne quando vedeva una persona: Harry. Harry Styles aveva la sua età, aveva i capelli ricci, gli occhi verdi, la bocca troppo grande e delle fossette che gli davano un'aria da bambino, e quando lo vedeva Louis vedeva tutto nero. Lo odiava, ecco tutto. Lo odiava dal primo giorno che lo aveva visto, quando erano ancora in stazione, pronti a prendere il treno. Quel giorno Harry aveva un sorriso enorme e cercava di consolare sua madre, che piangeva disperata perché, da quando aveva capito Louis, quello era il suo secondo bambino che partiva per Hogwarts e lei non era pronta a lasciarlo andare. Louis lo aveva guardato a lungo, fregandosene se la cosa poteva sembrare strana vista da fuori, finché il ragazzino non si era girato verso di lui e gli aveva sorriso, probabilmente riconoscendo un altro ragazzo del primo anno. Lui si era girato subito e aveva trovato sua mare che lo guardava incuriosita. Lei aveva provato ad indagare, ma ormai sapeva meglio di chiunque altro che era inutile provare a farsi dire qualcosa da suo figlio.
Le cose erano peggiorare durante il loro terzo anno, quando si era tenuto il primo ballo - primo per loro almeno. Louis si ricordava ancora tutta la scena nonostante fossero passati tre anni.
Harry si era avvicinato a lui, gli aveva sorriso con tanto di fossette e "ciao" lo aveva salutato.
Louis si era limitato ad alzare un sopracciglio, mentre i suoi amici - o meglio, gli unici che riuscivano a sopportarlo - gli avevano fatto segno di andare, di allontanarsi da lui prima che la bomba scoppiasse.
"Ecco, mi chiedevo se, uhm, ti andava di venire con me al ballo?" aveva chiesto, suonando così innocente e speranzoso che lo stomaco di Louis iniziò a fare male.
Louis ancora una volta era rimasto in silenzio e lo aveva guardato finché il silenzio non era diventato troppo anche per lui, poi era scoppiato a ridere e se ne era andato.
I suoi amici lo aveva seguito poco dopo - li conosceva, probabilmente si erano fermati per consolare velocemente Harry - e gli avevano fatto sapere che il ragazzo era sembrato sul punto di piangere. Tanto meglio, provava una strana soddisfazione nel far soffrire le persone.
Da quel giorno Harry non lo aveva più guardato in faccia. Si spostava quando lo vedeva nel corridoio e in classe cercava sempre di sedersi davanti quando avevano una lezione insieme, perché sapeva che Louis stava sempre in ultima fila.

Anche quel giorno, infatti, Harry era in prima fila durante la loro lezione di pozioni - per fortuna di Louis avevano solo due corsi da seguire insieme: pozioni e cura delle creature magiche.
"Allora, ragazzi, vorrei che voi vi divideste per lavorare in coppia. Anzi, siccome vi conosco e so che ci mettereste un sacco faccio io per ordine alfabetico" disse il loro professore, un uomo tozzo con la barba lunga e ispida e gli occhi troppo piccoli.
Iniziò a chiamare gli alunni per ordine alfabetico e, solo quando stava per raggiungere il suo nome, Louis si rese conto di chi sarebbe stato il suo compagno.
Harry Styles si avvicinò a lui appena il professore ebbe chiamato i loro nomi e Louis dovette costringersi a non roteare gli occhi alla vista delle guance arrossate del ragazzo.
"Sai cosa bisogna fare?" chiese con il suo solito tono di superiorità.
"Sì." Harry si morse il labbro inferiore e iniziò a prendere gli ingredienti per una pozione di cui Louis non sapeva neanche il nome. Appena ebbe trovato tutto quello di cui aveva bisogno si mise all'opera, mentre Louis si limitò a guardarlo mentre lavorava. "P-potresti, ehm, mi serve un aculeo di porcospino."
"E lo dici a me perché?"
"Tomlinson, il fatto che il signor Styles sia troppo gentile per dirle di darsi da fare non vuol dire che sia esonerato dal lavorare. Forza" intervenne il professore, guardando preoccupato Harry, che sembrava più pallido del solito.
"Bene." Si alzò di malavoglia e andò a cercare degli aculei, che trovò quasi subito. "Quanti ne servono?" chiese poi a Harry, che sobbalzò nel sentire la sua voce così vicina.
"Uno. Ma non metterlo ade-"
Troppo tardi. Louis aveva già gettato un aculeo nel calderone, e la loro pozione sembrava ormai impazzita. Dal giallo canarino che aveva fatto Harry si trasformò in un marrone scuro con tanto di bolle e, in poco più di due secondi, tutto il liquido esplose contro la faccia di Harry.
"Ops" fu tutto quello che riuscì a dire Louis, mentre Harry urlava, più per lo spavento che per il male.
"Tomlinson, in infermeria. Subito" ordinò il professore.
"Forza, andiamo." Uscì dalla classe senza neanche aspettare Harry, che stava ormai singhiozzando. "E ora cosa ti prende? Smettila di lagnarti" sbottò a metà strada.
"Vado da solo." Si asciugò la guancia, dalla quale ancora scendeva del liquido marrone.
"Non posso lasciarti andare da solo. Cammina e basta." Accelerò il passo e sbuffò infastidito appena si accorse che Harry stava andando ancora più piano di prima. "Allora? Non è la mia faccia che rischia di sciogliersi. Non che sia una gran perdita, anzi, sarei felice di non vedere più la tua faccia."
A quel punto Harry iniziò a correre. Passò velocemente accanto a lui, attento a non toccarlo, e corse fino all'infermeria.
Quando anche Louis la raggiunse - ehi, non provava sentimenti ma sua madre gli aveva insegnato a mantenere la parola data - la faccia di Harry era stata completamente pulita e il ragazzo non stava più piangendo, nonostante i suoi occhi fossero ancora rossi.
"Sei fortunato che non avevi ancora aggiunto l'ultimo ingrediente, a quest'ora la tua faccia sarebbe più grande di una mongolfiera" stava dicendo l'infermiera. "Oh, Tomlinson" disse appena si accorse della sua presenza. "Che piacere averla con noi. A quest'ora il suo compagno di laboratorio sarebbe già potuto essere morto."
"E secondo lei a me interesserebbe?" Andò a sedersi sulla sedia accanto al letto di Harry, che si stava torturando le mani. "Smettila, mi innervosisce."
"Puoi anche andartene" rispose, guardandolo per la prima volta negli occhi dopo tre anni. Erano più verdi di come li ricordava Louis, con giusto un pizzico di azzurro qua e là.
"No, non può. Io devo andare a cercare degli ingredienti nella serra per assicurarmi che tutti i possibili effetti collaterali non si presentino e non voglio lasciarti da solo, Harry" disse l'infermiera. Da quanto aveva sentito in giro Harry aveva una stana passione per il curare la gente e gli animali e passavo molto tempo in infermeria.
"Non voglio perdere il pranzo" protestò Louis.
"Davvero, preferisco stare da solo" provò a dire Harry.
"Ah, ragazzi" borbottò l'infermiera mentre usciva dalla stanza, senza dare una risposta a nessuno dei due.
Louis sbuffò, infastidito dal fatto di dover passare del tempo con la persona che odiava di più al mondo, e si alzò per andare a distendersi su uno dei molto letti bianchi che occupavano la stanza. "L'anno prossimo ci sarà il ballo, hai già iniziato a chiedere in giro se qualche disperato verrà con te?" chiese dopo un po', giusto perché si annoiava.
"Sei uno stronzo. Cosa c'è di divertente nel far male alla gente?"
"Dal momento che non provo nessun sentimento positivo ma solo quelli neutri e negativi, fare del male a qualcuno mi appaga."
"Tu sei malato."
"Sì, beh, dillo a mio padre." Si girò a pancia in giù e chiuse gli occhi.
"Harry?"
Louis aprì solo un occhio e vide Niall Horan entrare nell'infermeria con i suoi soliti capelli biondi spettinati e gli occhi azzurri spalancati. Lo conosceva come il miglior amico di Harry, nonché cercatore per la loro squadra di Quidditch, quella di Tassorosso.
"Ehi, cosa ci fai qui?" Harry si mise a sedere e sorrise al suo amico, che guardò per un attimo Louis prima di decidere che era meglio ignorarlo.
"Il professore vuole parlare con voi due appena avrete finito qui. Ha detto che se non risolverete voi i vostri problemi lo farà lui."
"Non abbiamo alcun problema" sbottò Louis, proprio mentre "è lui il problema" diceva Harry.
"Ecco, appunto." Niall sorrise, divertito, e Louis desiderò potergli tirare un pugno in faccia.
"Ha detto che passerà il resto del pomeriggio in classe per correggere dei compiti, quindi lo troverete lì."
"Ok, grazie." Harry allungò le braccia verso di lui e Niall corse subito ad abbracciarlo. "Puoi rimanere qui?"
"Lo farei, ma c'è il budino per dessert oggi."
"Traditore" disse, anche se in realtà stava sorridendo.
"Ti voglio bene." Gli stampò un sonoro bacio in fronte e corse fuori dalla stanza.
"Aw, Styles, hai trovato il fidanzatino?" Ok, voleva evitare di parlare Harry a meno che non fosse necessario, ma qualcosa più forte di lui lo spinse a farlo.
"Cosa vuoi saperne tu? Non sai neanche cos'è l'amore."
"E questo dovrebbe farmi stare male? Sveglia, io non provo nulla."
"Hai detto che non provi i sentimenti belli."
"Sento la rabbia e l'odio, soprattutto. I sentimenti che ha provato mia madre quando è svanito l'effetto della pozione." Si mise di nuovo a sedere, incapace di trovare una posizione comoda in quel letto vecchio e consumato.
"E basta? Gelosia, invidia, tristezza?"
"Mai provati fino ad ora. Quando si suppone che una persona pianga io mi arrabbio e basta." Alzò le spalle, indifferente, e per un attimo si chiese cosa stesse facendo, perché stesse parlando con Harry. Decise poi di non ascoltare la vocina nella sua testa che gli diceva di smetterla.
"Non vuoi bene alla tua famiglia?" chiese, suonando sempre più sconvolto.
"Non credo che riuscirei a distinguere il bene dalla gratitudine per non avermi abbandonato. Sono riconoscente a mia madre per avermi cresciuto, ma non solo legato a lei. Non sto male quando la vedo piangere perché non le ho mai detto che le voglio bene, provo solo un po' di fastidio perché vorrei farlo ma non posso."
"Certo che puoi farlo."
"Ma non sarei sincero."
"E il fatto che tu provi fastidio non è già qualcosa? Se non provassi nulla non ti importerebbe."
"Mia mamma provava qualcosa per mio padre prima che lui le desse la pozione d'amore, credo che questo abbia influito un po' sulla mia capacità di provare i sentimenti."
"E non c'è nulla che tu possa fare?"
"No." Ed era sicuro della sua risposta. Il secondo anno, per fargli uno scherzo il primo di aprile, i suoi amici gli avevano fatto bere una pozione d'amore e tutto quello che era successo era stato intensificare la sua rabbia, tanto che aveva quasi lanciato uno del primo anno giù per le scale.
"Mi dispiace."
"A me no. Mi sono risparmiato un sacco di anni di sofferenze. Prendi te per esempio, sei la persona più emotiva di questa scuola, una volta ti ho visto piangere per un lombrico."
"Non si meritava di morire" farfugliò, imbarazzato.
"Come credi."
"Eccomi." L'infermiera tornò da loro con due boccette contenenti un liquido verdastro. "Una questa sera prima di andare a letto e una domani mattina." Mise le boccette in mano a Harry, che sorrise e la ringraziò.
"Muoviti, dobbiamo andare." Louis si alzò e, senza salutare la donna, uscì dall'infermiera e iniziò a camminare verso la classe di pozioni. Sentì i passi di Harry rimbombare dietro di lui e rallentò di poco per dargli la possibilità di raggiungerlo.
"Provi attrazione fisica?"
"Sì, ma a non sono molti i ragazzi disposti a fare sesso e basta, vogliono tutti che ci sia un legame profondo. Scommetto che tu sei uno di quelli. Sei ancora vergine?"
"Non ti riguarda." Arrossì fino alla punta delle orecchie e abbassò lo sguardo.
"Lo prendo come un sì." Svoltò bruscamente a destra, andando a sbattere contro Harry, che stava proseguendo lungo il corridoio. "Attento, non ho intenzione di tornare in infermeria con te." Lo stabilizzò con una mano sul suo gomito, poi lo lasciò andare e riprese a camminare velocemente.
"C'è qualcosa che ti piace?"
"Dio, perché fai così tante domande? Sì, ci sono cose che mi piacciono. Mi piace giocare a Quidditch, ma questo non vuol dire che io mi senta libero e spensierato e tutte quelle cazzate lì quando volo. È solo un passatempo, un modo per sfogare la rabbia."
"E quando non siamo a scuola?"
"Gioco a calcio. Mia madre si è trasferita nel mondo babbano dopo la mia nascita" disse, e lo sapeva che stava per raggiungere il suo limite massimo. Odiava quando gli facevano delle domande, e la combinazione domande-Harry era davvero troppo per lui. "Ora taci, non voglio poi sentirti parlare."
Accelerò il passo e, questa volta, non si assicurò che Harry lo stesse seguendo.
Raggiunsero l'aula in silenzio e il professore li accolse con un sorriso che non prometteva nulla di buono.
"Sedetevi." Con un veloce colpo di bacchetta fece spostare due sedie davanti la sua cattedra. "Parlando con i vostri amici ho scoperto che non c'è un buon rapporto fra di voi e visto l'incidente di poco fa ritengo opportuno che voi trascorriate più tempo insieme per provare a sistemare la cosa."
"Mi scusi" disse Louis, non riuscendo a far sembrare il suo tono di voce gentile "ma non credo che succederà. Lo sa bene che non posso farmi piacere nessuno, tantomeno una persona che ho sempre odiato." Ignorò Harry che iniziò a muoversi nella sedia accanto a lui, evidentemente a disagio.
"Lo so, ma sono convinto che tu possa imparare ad essere quantomeno gentile con lui, visto che non ti ha mai fatto nulla."
"Non ho intenzione di collaborare" lo informò Louis, alzandosi dalla sedia.
"Bene, posso continuare a togliere punti alla casa di Serpeverde ogni qualvolta vi troverete primi o secondi."
"Bene." Tornò a sedersi e incrociò le braccia al petto. "Di quanto parliamo?"
"Beh, siamo quasi a novembre... direi fino a febbraio come minimo."
"Sta scherzando?" sbottò. "Non se ne parla" disse, gesticolando come faceva sempre quando era particolarmente arrabbiato. Il suo tono non cambiava molto quando aveva un piccolo cambiamento di umore, ma il suo corpo reagiva e solitamente si ritrovava a sventolare le mani per aria.
"Neanch'io voglio farlo ma non abbiamo scelta" intervenne Harry, chiaramente ferito dal fatto che Louis trovasse passere del tempo con lui così ripugnante "quindi calmati e taci."
Louis lo fulminò con lo sguardo, ma si zittì e spostò la sua attenzione sul professore.
"Molto bene. Tutti i mercoledì dalle otto alle nove vi voglio qui. Non pretendo che riordiniate tutta la classe, anche perché l'ultima lezione è con quelli del primo anno, ma datevi da fare."
"Va bene." Harry si alzò dalla sedia. "Posso andare, professore? Devo fare dei compiti per domani."
"Certamente. Puoi andare anche tu."
I due ragazzi uscirono insieme, per poi dividersi fuori dalla porta e andare ognuno verso la propria sala comune.
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