Capitolo 6

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Poche ore più tardi ricevetti una telefonata da Beatrice. "Allora, bellezza, perché non mi hai mai parlato di Massimo?" chiese incuriosita. "Perché non c'era niente da sapere, te l' ho già detto stamattina-risposi- e poi perché l' ho conosciuto solo ieri; non pretenderai che ti presenti tutte le persone nuove che incontro, giusto?". "No, non tutte: solo quelle belle come il tuo compagno di teatro!" "Sì, devo ammetterlo: non è niente male..." "Già: che scuola fa? Voglio dire, ho capito che viene al nostro liceo ma, quale in particolare?" era troppo interessata per i miei gusti: Massimo doveva essere off limits. "Non è che ci stai prendendo gusto, vero? Tu hai il tuo amore impossibile, concentrati su quello. Comunque, fa lo scientifico." "Uh! La leonessa sta affilando gli artigli: sto toccando un punto dolente?" chiese con tono ironico. "Affatto, il problema è che ha già conosciuto altre due pollastre pronte a saltargli addosso: non credo abbia bisogno di una terza". Sentii la sua risata all'altro capo del telefono. "Va bene, terrò le mani a posto! Ma dimmi, non è che sei già cotta, vero?" "Ecco: bella domanda. In realtà non lo so nemmeno io, penso sia un po' troppo presto perché mi piaccia... Quasi non lo conosco" risposi. "Però mi sembrava che parlaste fitto fitto in pullman! E poi è tanto carino..." disse con aria sognante. "Ma lasciamo perdere, abbiamo cose più importanti a cui pensare! Vieni stasera in centro? Claudio suona in piazza verso le dieci, potremmo passare a salutarlo e berci qualcosa": la proposta mi allettava. Anche se il metal non era esattamente il mio genere non mi sarebbe dispiaciuto vedere il cugino di Beatrice: era stato un mio grande amico ed io e sua cugina eravamo le fan più sfegatate della sua band. E poi avevo voglia di uscire e distrarmi un po'. "Certo, perché no? Serata casual o devo sistemarmi per bene?" "Mah... Io direi che possiamo tirarci a lucido per una volta, che dici?" "D'accordissimo! Tacchi?" "Tacchi". Dopo la conferma delle scarpe da indossare chiudemmo la telefonata concordando di incontrarci sotto casa mia alle nove e mezza: mio padre aveva acconsentito ad accompagnarci senza troppi problemi. Provai a concentrarmi sui compiti che avrei dovuto svolgere per il lunedì successivo ma non ne ebbi né la forza né tanto meno la voglia: sapendo che il giorno dopo, magari anche con un bel dopo sbronza, avrei dovuto affrontare una versione chilometrica e una ventina di esercizi di algebra, mi sdraiai sul divano in attesa dell'ora di prepararmi.

Verso le sette e un quarto aprii l'armadio in cerca di qualcosa da mettere: Beatrice voleva che fossimo sofisticate? E sofisticata sarei stata. Superato qualche minuto di indecisione, feci la mia scelta definitiva: optai per un vestito nero, lungo fino a metà coscia, con le maniche a tre quarti; quella sera le temperature non erano proibitive quindi aggiunsi un paio di calze leggere tinta carne e tirai fuori dalla loro scatola i sandali borchiati. Sapevo che dopo qualche ora su quei tacco 15 i miei piedi avrebbero cominciato a protestare ma mi ripromisi di non farci troppo caso ed, eventualmente, soffrire in silenzio. Dopo una cena abbastanza veloce corsi a farmi una doccia: quando uscii dalla vasca tentai di asciugare i capelli il più in fretta possibile e, concluso quel processo, li legai in una coda di cavallo. Poi passai al trucco: restai abbastanza sul naturale, senza esagerare con ombretti scuri o rossetti dai colori sgargianti; stesi un filo di eyeliner sulle palpebre, applicai il mascara, misi un tocco di blush color pesca sulle guance ed aggiunsi un gloss senza brillantini sulle labbra. Alle nove e venti ero pronta: contemplai la mia figura nello specchio del corridoio e sorrisi soddisfatta. Probabilmente non era il look perfetto per un concerto metal ma sapevo che io e Beatrice ci saremmo divertite parecchio a scrutare le espressioni stupite e sorprese degli adepti del genere all'evento. Bea arrivò qualche minuto dopo: sotto al cappotto indossava un adorabile monospalla blu notte con delle decolté nere: ad incorniciarle il volto c'erano due stupendi orecchini color smeraldo. Finalmente salimmo in auto ed entrambe tentammo di ignorare le occhiatacce che mio padre ci aveva lanciato appena ci aveva viste: avevo tentato mille volte di introdurlo al mondo della moda ma lui si rifiutava categoricamente di entrarci. Peggio per lui.

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